Stavano seduti sul tronco al limitare dell’area illuminata dal fuoco, la schiena rivolta alle fiamme.
Renato si stiracchiò e aprì la lattina di birra.
L’altro uomo non si mosse.
Indossava una camicia grigia a maniche corte e jeans neri. In corrispondenza del collo non si vedeva la striscia bianca del clergyman, ma non si poteva mai dire.
Era un raduno scout, quello, e i sacerdoti non mancavano. Magari era il parroco (era troppo vecchio per essere meno che parroco) di qualche chiesa nelle vicinanze, venuto a dare una mano.
Renato si domandò se offrirgli un sorso e decise di no. Non che ai sacerdoti cattolici fosse proibito bere birra, ma...
Ingollò un lungo sorso e cacciò indietro un rutto.
Alle loro spalle, una chitarra iniziò a suonare. Un paio di voci presero a cantare. Gli altri battevano le mani.
Un po’ di pace.
Ma non sarebbe durata a lungo.
Avevano dodici, tredici, anni, quelli: presto, avrebbero ricominciato a far cagnara e non sarebbe bastato un paio di adulti (Serena e Marco, nella fattispecie) a tenerli a bada. Se glie lo avessero permesso, la festa sarebbe andata avanti tutta la notte ed era giusto così perché…
«La scuola è finita» disse il prete, se tale era.
Il canto dietro di loro crebbe di volume. Non era intonato, il ritmo andava e veniva, le voci si accavallavano, non si capiva che canto fosse, ma, accidenti, era bello, pensò Renato.
«Giugno è sempre stato il mio mese preferito» disse Camicia Grigia. «Un mese carico di promesse. Hai dieci, dodici anni; davanti a te, tre mesi, dico tre mesi, in cui puoi fare tutto quello che ti pare. Perché non dovrebbe essere meraviglioso? E lo è. Magari non proprio tutto, e non durerà per sempre, ma il più delle volte lo è. Non crede anche lei?».
Renato non rispose. La prima lucciola della sera era apparsa tra l’erba. Girava di qua e di là, apparendo e scomparendo tra gli steli, apparentemente a casaccio, come un innamorato arrivato in anticipo a un appuntamento.
«Non lo sanno» disse Camicia Grigia «ma, per molti di loro questa probabilmente è “La” sera. Quella prima delle vacanze. O del primo bacio» accennò alla lattina che Renato teneva in mano «o della prima birra. Ti dicono che c’è sempre una prima volta. Quello che non ti dicono è che c’è una sola prima volta. In futuro, molte altre sere saranno paragonate a questa. E perderanno il confronto».
Il rutto che Renato aveva ricacciato indietro risaltò fuori e lui provò a trasformarlo in un grugnito d’assenso.
Camicia Grigia aveva appena espresso l'idea che gli si andava formando nella testa, neanche gli avesse letto nel pensiero.
«Quando avevo la loro età andavo in campagna dai nonni» disse Renato «La porta di casa aveva la serratura che si apriva in senso antiorario. Le vacanze più belle della mia vita. Quando penso alla macchina del tempo, penso a un marchingegno che si aziona girando la chiave al contrario».
La lucciola non era più sola. Si era radunato uno sciame intero. Svolazzavano da tutte le parti come automobilisti intrappolati in un ingorgo da cui non riuscivano a fuggire. O una stella sbriciolata nell’erba.
«La lüsiröla» disse Camicia Grigia. Aveva la “u” e la “o” strette che i Galli avevano lasciato, tra gli altri, a Francesi e lombardi. Poi: «Lo ha fatto anche lei?».
Correre dietro alle lucciole? Pensò Renato. Senz’altro. In quelle estati di tanti anni fa. Quelle a cui vorrei tornare, se esistesse la macchina del tempo.
«Ma quando le afferrava smettevano di lampeggiare. E se per caso stringeva troppo le schiacciava. Doveva aprire la mano, aspettare che volassero via e attendere. A quel punto ricominciavano» disse Camicia Grigia,
Il canto si era affievolito. Un mormorio, come se il tramonto, oltre alla luce del sole, avesse smorzato anche i suoni.
«Non dovrebbe pensare troppo al passato» concluse Camicia Grigia.
Renato bevve un altro sorso, svuotando la lattina. Se anche avesse deciso di offrire un sorso allo sconosciuto, sarebbe stato impossibile. Come viaggiare nel tempo. «Ho smesso di correre dietro alle lucciole» rispose. Avvertiva un lieve fastidio nei confronti di quell'estraneo. Come se l’uomo, che magari era davvero un prete, lo stesse sottoponendo a una confessione non richiesta. O fosse capace di leggergli nel pensiero.
Poco male. Conosceva il silenzio alle sue spalle. Non era che una pausa. I ragazzi stavano decidendo che cosa fare. Presto si sarebbero scatenati di nuovo e Serena e Marco avrebbero avuto bisogno di lui. Quanto a Camicia Grigia, sarebbe potuto restare sul tronco.
«Perché non riusciva ad afferrarle» insistette quello. «Erano lì a portata di mano, ma per vederle splendere le doveva lasciare dov’erano».
Forse Camicia Grigia era davvero un prete, pensò Renato, e stava per rifilargli una specie di parabola di contrabbando.
«Un po’ come il Gatto di Schrödinger, che è allo stesso tempo vivo o morto e il cui stato viene definito dalle decisioni dell’osservatore. O come il Principio di Indeterminazione di cui parla Heisenberg a proposito dei quanti, le componenti ultime della materia… ancora non capiamo come le leggi della quantistica possano coesistere con quelle della fisica classica. Neppure Einstein c’è riuscito».
«È un professore di fisica?» chiese Renato e subito se ne pentì. Camicia Grigia avrebbe potuto rispondergli che era un prete.
«Eppure le lucciole, in questo momento, sono davanti a lei e non ha bisogno di afferrarle, né le importa di non poterlo fare» disse invece l’altro.
Un grido si levò dietro di loro. I ragazzi si erano scatenati.
«E lei è felice» finì Camicia Grigia.
Renato udì la voce di Serena sovrastare il chiasso e chiamare il suo nome.
Si alzò senza rispondere alla domanda di Camicia Grigia, che, dopotutto, non era una domanda.
Avrebbe detto ai ragazzi che, a due passi da loro, c’era uno sciame di lucciole.
Se avessero voluto rincorrerle, li avrebbe lasciati fare.
La festa non durò per tutta la notte, ma quasi. Era la notte prima delle vacanze e, in futuro, molte e molte notti sarebbero state paragonate ad essa. Quando terminò, le lucciole ancora svolazzavano tra l’erba, ma i ragazzi avevano perso interesse da un pezzo.
Il mattino successivo, un mattino di giugno carico di promesse come possono esserlo solo certi inizi d’estate, Renato e gli altri andarono a raccogliere i pochi rifiuti sfuggiti alla minuziosa caccia della sera precedente.
Renato ne approfittò per chiedere in giro se sapevano chi fosse un tale con una camicia grigia, fatto così e cosà e che forse era un prete e forse no, ma nessuno seppe dargli una risposta certa.
E, dopotutto, non importava.