Non aveva una storia, non sapeva chi fossero i suoi genitori, era cresciuto e invecchiato tra gli orfanotrofi e la strada. Non aveva una casa, dormiva dove capitava, poteva essere una panchina o uno spazio verde sotto un albero. Ultimamente aveva trovato posto in quello che una volta era il cortile di un santuario, ormai sconsacrato. C'era un porticato decrepito col tetto pieno di buchi, ricovero di gatti randagi e tanta erba che cresceva ovunque, così alta che in certi punti faticavi a camminare. In mezzo alle sterpaglie si ergeva ancora la statua della Madonna con le braccia protese in avanti e le mani prive di tre dita. Era ridotta piuttosto male ricoperta da escrementi, ragnatele e altre cose strane. Se ne stava lì, dimenticata e triste. In fondo a questa giungla, la chiesetta pericolante. La prima notte non chiuse occhio, non tanto per il luogo che aveva un aspetto inquietante, quanto perché, da vecchio, irriducibile comunista si sentiva a disagio. Nutriva però una strana simpatia sia per i preti perché, diceva, che avevano studiato, sia per la Signora, come la chiamava, non riuscendo a capire come una donna avesse accettato la maternità in quel modo particolare e bizzarro, per poi vedere morire, appeso ad una croce, l'unico figlio. Le vicende della vita ne avevano fatto un vagabondo, perdendo pure la memoria dei giorni passati. Solo il nome ricordava, scritto in stampatello maiuscolo e con la calligrafia bislacca, su un cartoncino custodito all'interno del lercio zainetto: ARTURO. Dentro c'era anche una bottiglia d'acqua, che riempiva alla fontanella della stazione, fazzolettini di carta, 50 euro in monete da 50 e 20 centesimi e una vecchia foto ingiallita di Stalin. Ogni mattina, di buon mattino, raggiungeva la stazione per darsi un tentativo di pulizia nei bagni pubblici, poi si sedeva sul marciapiede della ferrovia per guardare incantato i treni che partivano. "Chissà dove vanno, diceva, come se parlasse con un amico seduto accanto, chissà quanti problemi hanno i passeggeri! Corri di qua, corri di là, tutti indaffarati, per cosa poi? Io almeno problemi non ne ho, mangio qualcosina dai fraticelli, ho un posto dove dormire, direi che posso considerarmi fortunato".
Lo conoscevano tutti, l'Arturo e ogni volta che pronunciava il proprio nome, ne controllava l'esattezza sul cartoncino. Si era inventato un utile passatempo quando ritornava, guardingo, nel suo santuario, anche per farsi perdonare le imprecazioni che ogni tanto tirava verso il cielo: ripulire la statua di Maria Santissima. Quando arrivava al viso della Madonna, usava una particolare delicatezza quasi per paura di farle male. "Scusami Signora ma sei proprio malmessa, una come te deve sempre essere bella, che figura ci fai? Comunque io non ti capisco, perdonami, ma devo proprio dirtelo, come hai potuto permettere che tuo figlio, fra l'altro l'unico, morisse in quel modo? Non potevi metterne al mondo altri? Anche tuo marito, come si chiama...Giuseppe, proprio un tipo strano, buono buono, zitto zitto. Io credo che ti sia spiaciuto non aver dato a Gesù dei fratelli". Lavorava e parlava. "Oh, qui abbiamo finito, guarda gli occhi come sono diventati, sembrano nuovi, finalmente si vedono bene. Ma come, non sorridi nemmeno adesso che hai gli occhi belli? Sei arrabbiata per com'è andata a finire non è vero? In croce come un delinquente qualunque... Mah!". Ovviamente non otteneva risposta e Arturo, contento, pensava che chi tace acconsente. E così in questo modo trascorreva le proprie giornate, in stazione, un pasto frugale alla mensa dei frati e la sera l'appuntamento con la Signora. Quando cominciava ad avere sonno, salutava la Madonna e si ritirava sotto il porticato fatiscente, coprendosi con una coperta sulla quale si accovacciano felici anche tutti i gatti che finalmente avevano una compagnia. Passavano i giorni e l'Arturo non si vedeva più. "Per caso l'avete visto?" domandava il capostazione ai colleghi, ma tutti rispondevano che no, l'Arturo era un po' che non si faceva vedere. Fu per caso una mattina che il parroco del quartiere, entrando per vedere i lavori da fare all'ex santuario, ora che il vescovo aveva finalmente deciso di mettere mano al portafoglio, stufo dei continui reclami dei fedeli, notò qualcosa di sorprendente quasi miracoloso che lo fece impallidire, inginocchiarsi e farsi il segno della croce. La statua della Vergine era tutta pulita e lucida e sulle sue braccia giaceva il corpo senza vita di Arturo, un figlio che trova sua madre, una madre che abbraccia il figlio ritrovato.