Aisha rimase per un attimo sorpresa da quanto aveva detto Adele, poi sorrise e prese la mano dell’anziana Adele mormorando.
«Hai ragione signora Adele, il sorriso dei bambini è la cosa più gradita per Allah. È giusto, la nascita del vostro profeta non è importante per noi come Maometto, ma portiamo lo stesso grande rispetto. Non ho capito come posso dare un aiuto, non conosco le usanze vostre. »
«Niente di particolare vorrei preparare qualche gioco, qualche regalo da far trovare nelle calze la mattina di Natale. Piccole cose, nessuno di noi ha disponibilità di denaro, ma possiamo far felici i nostri bambini con dei regali. Io farò dei cappellini fatti con l’uncinetto, tu sai cos’è.
«Sì, ho capito, io so lavorare a maglia, anche io faccio le cose per i miei figli, però occorre la lana e, io non ho adesso. Mio marito è un bravo falegname, posso chiedere a lui se può fare qualche piccolo giocattolo. Lui lavora per una fabbrica di legname, se gli danno qualche pezzo di legno, lui può fare!
«Meraviglioso, proprio quello che ci serviva. Per la lana non ti preoccupare la troveremo, grazie di essere disponibile e saluta e ringrazia anche tuo marito per la sua disponibilità. Allora io vado, ti lascio alle tue faccende.»
«No signora, tu non puoi andare via se prima non prendi un tè con me, l’ospite è sacro e deve essere contento di essere stato in casa di buon musulmano.»
Presero il tè insieme come due vecchie amiche, dopo Adele ritornò a casa contenta di come stavano andando le cose. Passò altri giorni ad andare in giro e una volta contattati tutti si dedicò al suo uncinetto. Arrivò la Vigilia di Natale. C’era una strana aria dentro a quell’enorme palazzo. La confusione c’era tutti i giorni ma quella mattina era stranamente aumentata. Specialmente le donne erano in fermento e i bambini particolarmente rumorosi. Verso le undici di mattina arrivò scoppiettando uno di quei furgoncini a tre ruote, un Ape che trasportava sul cassone dietro un albero, un abete mezzo spelacchiato.
Nonna Adele lo vide dal balcone e si precipitò in strada ad accoglierlo. Ad aspettarla c’era Massimo il figlio di Maria che aveva degli amici al mercato dei fiori e si era fatto dare quell’albero perché era invendibile, malridotto com’era.
«Bravo hai proprio bene, lo sapevo che potevi fare qualcosa, ci voleva proprio un albero in questo palazzo. Non è bellissimo ma per noi può andar bene.»
Chiamò raccolta i ragazzi che facevano chiasso in cortile e li mise subito al lavoro.
«Forza bambini datemi una mano a mettere su quest’albero, ci serve un bidone con della terra per poterlo mettere in piedi, chi si occupa di questo?»
«Ci pensiamo noi, - risposero in coro due più grandicelli e smaliziati, sappiamo dove trovare tutto, partirono a razzo verso la parte del terreno incolto.»
«Bravi – urlò dietro Adele – adesso dobbiamo pensare a come possiamo addobbarlo, chi ha qualcosa che possa andar bene?»
«Nonna Adele, vanno bene delle caramelle, a casa ne ho tutte colorate.»
«Benissimo, daranno un tocco di colore, qualcun altro ha cose luccicanti?»
«Non lo so devo andare a vedere, disse uno di loro.
«Noi andiamo a chiedere in giro, ci vediamo più tardi.»
«Ok ragazzi, andate pure.»
Ora che i ragazzi si erano tutti allontanati Adele rimase in attesa di quelli che dovevano portare il bidone e la terra per mettere l’albero a dimora. Infatti, dopo poco tempo li vide arrivare che si trascinavano dietro un grosso bidone, di quelli del carburante e un altro ragazzo che si era aggiunto a loro portava un sacco pieno di terra. Lavorando tutti insieme riuscirono a mettere su l’albero. Lo misero dentro al cortile, e anche se aveva dei rami senza più foglie verdi faceva la sua figura. Una volta riempito di cose i rami secchi non si sarebbero nemmeno visti.
Ci fu una lunga pausa aspettando i ragazzi che erano andati in giro a trovare cose. La nonna Adele ne approfittò per andare a casa e prendere dall’armadio una scatola che aveva conservato gelosamente per tanti anni. Erano delle palle di vetro adatte per l’albero di Natal; lei da quando i figli erano andati via non l’aveva più fatto, ritenne che avessero riposato abbastanza, era ora di tirarle fuori. Portò giù la scatola e cominciò a mettere quelle palline sull’albero man mano che le metteva sembrava che quell’albero stesse rifiorendo a una nuova vita. I colori accesi delle palle sotto la luce del sole scintillavano, creavano giochi di luce che ravvivarono il grigio di quelle mura spente. Arrivarono tutti i bambini che si fermarono stupiti davanti a quei colori. Gli addobbi che avevano trovato si unirono alle palle e alla fine il risultato fu davvero eccellente. Su quei rami c’era di tutto, oltre alle palle, tante caramelle e cioccolatini, pezzi di carta stagnola sagomata, anche delle candeline che un bambino aveva preso dalle sue, usate per il compleanno. Spiccavano per la loro fragilità alcuni foglietti di carta piegati a metà, erano i desideri di alcuni bambini che nella speranza di vederli realizzati si erano rivolti a Babbo Natale. Ognuno aveva portato qualcosa spinto dal desiderio di partecipare a un qualcosa che da troppo tempo non avevano vissuto.
La Vigilia di Natale nonna Adele, con il supporto di Aisha e di altre due mamme, andò a bussare a ogni appartamento per consegnare una calza che conteneva a seconda dei casi, un bavaglino lavorato all’uncinetto, un berrettino di lana, delle scarpette lavorate a mano, molti giochini in legno fatte dal marito di Aisha. Inoltre, non mancavano dolcetti e caramelle. Quando ebbero finito andarono tutte a prendere il tè a casa di Aisha, chiacchierando come vecchie amiche. L’occasione del Natale aveva fatto riunire diverse solitudini, dovute a pregiudizi e cattiva informazione. Quel giorno nel palazzo ci fu una grande confusione. Venivano anche da altri caseggiati per vedere l’albero che svettava carico di addobbi al centro del cortile.
Il giorno di Natale nonna Adele insistette perché tutti venissero ad assistere alla messa nella vicina chiesa. L’unica che rimase a casa fu Aisha, ma fu scusata e capita. Al ritorno si ritrovarono tutti in cortile per un abbraccio collettivo. Lo spirito del Natale era presente fra quelle persone che la vita aveva cercato di emarginare. Avevano ricevuto il più bel dono che potessero desiderare quello dell’amicizia.