Quello che temeva era accaduto. Non ci poteva fare niente. Aveva fatto male, molto male, a sbilanciarsi in quel modo. Doveva essere abituato agli sfottò dei suoi colleghi che lo prendevano sempre in giro per colpa della sua mania. Quel maledetto martedì, invece, non aveva resistito e si era lasciato coinvolgere in qualcosa che non avrebbe fatto mai e poi mai. Aveva acconsentito a pronosticare un terno. Lo aveva inventato di sana pianta, con numeri chiaramente fasulli, fuori del suo sistema. Era convinto che la cosa non potesse avere nessun seguito. Era impossibile che quei tre numeri potessero uscire in qualche modo. La sera alle otto era davanti al televisore come di consueto per seguire le estrazioni in diretta. L’annunciatore aveva appena finito di leggere le estrazioni e lui era rimasto lì, con lo sguardo fisso al televisore annichilito dallo stupore. I numeri, che proprio lui aveva dato ai colleghi per toglierseli di torno, erano usciti tutti e tre, uno dopo l’altro. Un evento ritenuto da lui impossibile. Si erano materializzati proprio davanti ai suoi occhi allibiti. I suoi colleghi avevano vinto una bella somma e quest’evento imprevisto lo preoccupava molto, anche se, in cuor suo, era contento per loro. Sapeva che la cosa non sarebbe finita lì. Già prima lo prendevano in giro, ora, di sicuro, non avrebbe avuto vita facile. In una città come Napoli, il gioco del lotto non è un vizio, ma una necessità, una speranza, un’illusione concreta, qualcosa che dà la forza di tirare avanti. Trovare qualcuno che dà i numeri, e molto spesso li fornisce giusti, equivale a trovare un tesoro, una gallina dalle uova d’oro. Chi conosce la città, il popolo e le sue superstizioni, sa bene che esistono strani personaggi in giro per le strade, che vantando proprietà divinatorie. Esercitano una strana professione, se così si può chiamare, l’Assistito. A sentirli parlare, con aria di sufficienza e sussiego, questi tizi affermano di possedere capacità, che permettono d’interpretare i messaggi delle anime defunte, con le quali loro sono in contatto continuo, naturalmente dietro adeguato compenso, sono ben lieti di mettere a disposizione il loro potere divinatorio. La gente del popolo, pur nutrendo seri dubbi su queste persone, causa la loro sopravvivenza, si aggrappa a tutto anche a queste improbabili soluzioni. La speranza non deve mai morire. Tutti i giorni c’è sempre qualcuno che si rivolge a queste persone per farsi spiegare il significato di sogni. Per ottenere qualcosa è disposto a raccontare, senza imbarazzo, i segreti più intimi della propria vita. Fra tutte le persone che, gli “assistiti”, così si chiamano questi individui, accontentano, c’è sempre qualcuno cui le cose vanno bene. Questo accresce il potere e la suggestione del loro diciamo, lavoro. La riconoscenza del fortunato vincitore non tarda a farsi tangibile. Don Vincenzo era ragioniere aggiunto al comune di Napoli. Cinquantadue anni, piuttosto scialbo, felicemente sposato con quattro figli a carico. Fino a quel giorno, un sabato per l’esattezza, aveva vissuto sempre in modo tranquillo e monotono. Un’esistenza sacrificata, della quale, però, lui non si era mai lamentato. Si accontentava del suo stato di modesto impiegato. Come un buon padre di famiglia aveva ridotto le sue spese al minimo. Non fumava, non prendeva alcolici, non comprava giornali o altro. Con il suo modesto stipendio tirava avanti con la sua famiglia senza concedersi distrazioni. Come tutti, però, anche lui aveva un punto debole. Era un fanatico sostenitore del gioco del lotto. Non era certo un grosso giocatore. Lui preferiva considerarsi un esperto, un tecnico del gioco del lotto. Uno studioso che, da anni, andava elaborando un sistema per avere il maggior numero possibile di possibilità, per centrare il suo obiettivo al primo colpo. Un colpo grosso. L’investimento per questo sistema, purtroppo, non rientrava nelle sue possibilità economiche. Per il momento si limitava a elaborare tutti i dati, nell’attesa del momento propizio. Tentava di tanto in tanto delle piccole giocate, ma avevano sempre avuto esito negativo. Il suo carattere mite e arrendevole era motivo di scherno da parte dei colleghi, specie quelli più giovani. Lo prendevano in giro proprio per questa sua fissazione sul gioco del lotto. Aveva spento la radio. Andò con la mente a, quel martedì della passata settimana, quando chissà come aveva ceduto ai tormenti dei colleghi; per farli smettere aveva gridato:
«Signori, per favore, smettetela una buona volta! Insomma! Non si può lavorare in queste condizioni. Non credo di darvi fastidio con le mie manie, cosa pretendete, ognuno si diverte come vuole. Voi amate il calcio e non vi perdete una partita, eppure non mi create disagio, per non parlare del caffè, i giornali e tante altre belle cose. Io mi diverto con i numeri. »
«Lo sappiamo don Vincenzo, proprio per questo, noi stiamo insistendo. Ci volete dare tre numeri sicuri, che vi costa, voi li sapete, perché non ce li date! Siete così egoista, perché non ci aiutate, tanto voi nemmeno li giocate.
«Non li gioco perché ancora non sono sicuri, devo studiare altre probabilità, sto elaborando un sistema e per questo ci vuole tempo! »
«Vedete, lo state dicendo voi stesso che avete un sistema, questo non ci interessa, noi vogliamo solo tre numeri, ci giochiamo mille lire in quattro, se vinciamo, ci dividiamo un milione a testa e il resto lo diamo a voi. Che ne dite! Potete guadagnare, senza impegno, una bella cifra che certamente vi farà comodo. Forza, non vi fate pregare, andiamo, don Vincenzo, cosa vi costa, siamo ancora in tempo per giocare.»
«Va bene! Va bene, ho capito! Basta che dopo la finite, non ce la faccio più a sentirvi. Scrivetevi questi numeri e non ne parliamo più. Scrivete: 73 – 75 – 79 – terno secco sulla ruota di Napoli. Siete contenti? Resta inteso che io non voglio niente, sono affari vostri, io non c’entro. Ora però, torniamo al lavoro, abbiamo perso troppo tempo in chiacchiere.»