Non aveva voglia di studiare quel giorno. I raggi di sole colpivano la sua finestra, entravano nella sua stanza portando con sé tutto il profumo di un giorno di maggio. Sua madre non c’era, ma sapeva di averlo lasciato a fare i compiti prima e poi magari fuori a giocare con i compagni. Ma lui non ne voleva proprio sapere. Aprì la finestra per lasciar entrare l’aria calda e il profumo del mare. Quel mare poco distante da casa sua, e che vedeva dalla finestra. Chiuse il libro e i quaderni. Rimase seduto per un tempo imprecisato a fissare, davanti a se, la finestra aperta e tutta la meraviglia fuori. Ogni tanto inspirava profondamente fino a riempire i polmoni perché pensava che, così facendo, il mare si avvicinasse sempre di più a lui, come risucchiato da una forza invisibile. Sentiva il sale nelle narici, le alghe tra i capelli, i pesci nuotargli attorno e l’ammaliante canto delle sirene, la forza delle onde.. Assorto, in contemplazione, non sentì subito il fischio che veniva da fuori, pur conoscendolo bene. Poi all’improvviso tornò in sé e realizzò all’istante che il suo miglior amico lo stava chiamando, fischiando sotto la sua finestra. Corse subito ad affacciarsi, come se non aspettava altro. “Ciao – gli disse – come mai da queste parti, non fai i compiti?”  “ Non ho voglia di studiare e tu?” rispose l’amico. Cercò di nascondere la gioia che gli saliva dentro, e distogliendo lo sguardo, per timore di essere scoperto, rispose, mentendo, che stava studiando un po’ e che poteva comunque rimandare. “Andiamo sulla spiaggia, non c’è nessuno a quest’ora, vediamo chi di noi due è più fortunato a trovare una stella marina, ti va?” Eccome se gli andava! Qualche istante dopo erano già a caccia di stelle, anche se non se ne vedevano proprio. Indossavano entrambi maglietta e pantaloncini corti. Faceva caldo, ma un caldo giusto, non eccessivo essendo maggio. Trovarono un grande tronco d’albero posato a riva da qualche passata mareggiata. Fecero una sosta sedendoci sopra. Il suo compagno, in silenzio, fissava l’orizzonte mentre lui, alle sue spalle, gli guardava i capelli, folti e neri, appena mossi da una lieve brezza, e la nuca e poi il collo, le spalle larghe e robuste. Lui invece, in confronto, era più magro, ma anche più fragile. Frequentavano la stessa scuola e allo stesso anno, l’ultimo della scuola dell’obbligo. “Non vedi qualcosa laggiù?” – disse il suo amico voltandosi e puntando con il braccio dritto verso l’orizzonte. “Non mi pare.. no, non vedo nulla” – gli rispose. “Quella macchia scura, posata sull’acqua, là, guarda bene” – L’unica macchia scura che vedeva era quella davanti a se.. “Non vedo nulla. O quasi non so… forse è una nuvola” – gli disse senza esserne troppo convinto. “Perché non ci tuffiamo e andiamo a vedere?” – aggiunse il suo amico con aria quasi di sfida e un sorriso meravigliato. Come poteva dirgli di no? Sentiva per lui grande affetto. Si conoscevano fin da piccoli abitando a pochi metri di distanza, e da sempre il suo miglior amico. “Okay, se vuoi, tuffiamoci” – rispose. Si tolsero maglietta e pantaloncini rimanendo in mutande. Tutti e due, seppur uno di fronte all’altro, guardavano in direzioni diverse, evitavano di incrociarsi negli occhi, provando un po’ d’imbarazzo. Poi il suo amico si tolse anche le mutande, coprendosi con le mani i genitali e ridendo con gioia. “Non abbiamo il costume da bagno” – gli disse continuando a ridere. “Ti tuffi in mutande?” – aggiunse. Si sentiva sprofondare nella sabbia. Il suo cuore batteva forte. Aveva davanti a se il suo miglior amico nudo, allegro, coraggioso, pronto a tuffarsi, mentre lui non reggeva lo sguardo e non aveva il coraggio di togliersi le mutande. Ma alla fine, come sempre, cedette al suo amico e con grande imbarazzo si denudò del tutto e si tuffò in fretta e per primo in acqua, arrossendo dalla vergogna, seguito subito dopo dal compagno. Cominciarono a nuotare prendendo via via il largo. Ogni tanto si girava per vedere la riva sempre più lontana, mentre l’amico tirava dritto, deciso e senza paura come un siluro. Nuotavano bene fin da piccoli e il mare era sempre stato per loro un immenso luogo dove giocare. Ma cominciava a stancarsi. Sentiva la fatica alle braccia, alle gambe, e guardandosi alle spalle vide che adesso era la riva l’orizzonte, tanto si erano allontanati. “Hei! Hei!” urlò all’amico, che si trovava a pochi metri davanti a lui. “Sono stanco, facciamo una pausa” – Si fermarono, rimanendo a galla ansimando profondamente. “Sei già stanco” – disse l’amico. “Beh, nuotiamo da quasi un’ora, non so se te ne sei accorto, e poi ho dolore alle gambe, non vorrei mi venisse un crampo.” – “Rilassati, sta tranquillo, siamo quasi arrivati” – gli rispose l’amico. “Arrivati dove?” – “Non vedi niente? Com’è possibile?! Là, guarda! Eppure è grande e grossa, cazzo! Te lo avevo detto che si vedeva qualcosa prima, sulla spiaggia, altro che nuvola!” – Sembrava incredibile... (prima parte)

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