L’aula di disegno era vuota…L’aula di disegno era vuota…L’aula di disegno era vuota…..Continuava a scrivere L’aula di disegno era vuota.
Non ne poteva più, ma era solo esasperata non aveva paura. Certo, diciamola tutta, le prime volte un po’ si era spaventata perché non è la cosa più normale del mondo che prendi un pezzo di carta qualsiasi per scrivere che so, la lista della spesa e invece di pane uova latte pomodori, ti ritrovi a scrivere frasi assurde che mai e poi mai ti sogneresti di scrivere. Pensieri di chi, di cosa? Insomma perché appena puntava su un foglio una penna o una matita, quelle schizzavano per i fatti loro come in un cartone animato?
La usavano, sì usavano, ecco la parola giusta, lei era semplicemente usata come mezzo per vergare il foglio di insulse cose senza capo nè coda…..
- Hai uno Spirito Guida – le aveva detto una del palazzo che si faceva fare le carte dalla manicure del parrucchiere.
…..Cazz’è uno Spirito Guida? Un fantasma con la patente? Lei non era mai stata tipo da credere a certe cose. Allora era diventata matta? Ma matta solo se si metteva a scrivere, perché per tutto il resto le sue giornate continuavano a passare lisce e noiose come un tapis roulant. Tanto noiose che….bè sì, insomma, alla fine andava a cercare apposta una penna e un pezzo di carta e si abbandonava a quella roba che così era diventata un trastullo e un giorno si era accorta che non tutte erano solo frasi immaginarie, perché quando aveva scritto che in tal posto c’era una scatola di latta verde….oh, quella scatola di latta c’era davvero!
Verde che più verde non si può e proprio dove aveva scritto che doveva essere, cioè nella sacca dei panni di quello che incontrava sempre alla lavanderia a gettoni sotto casa. Gran comodità, troppo piccolo il suo bagno per ficcarci una lavatrice e poi le piaceva starsene lì ad aspettare i risciacqui vari con un bel libro.
Lui invece stava sempre al telefono a dire scemenze a una che non gliela dava. Chissà perché poi. Mica brutto il ragazzino. Anche dolce. Così giovane e così indipendente. Chiaro che viveva da solo, però difficile lo stesso immaginare che non avesse uno straccio di madre a cui scaricare la roba da lavare.
Arrivava già parlando e continuava anche rovesciando la sacca coi panni sporchi che poi smistava per bianco e colorato in due lavatrici. Ecco perché lei si era accorta della scatola. Perché il giorno dopo che l’aveva scritto, quello appena arrivato aveva rovesciato come sempre la sacca e sbam….era venuta giù anche la scatoletta…..E lui aveva fatto una faccia strana. Ma proprio strana strana e poi aveva rinfilato in fretta e furia panni sporchi e scatoletta nella sacca e se n’era andato via subito, senza far bucato. Ma per la prima volta, prima di uscire, si era girato a guardarla, ma no guardarla e basta, proprio bucarla con gli occhi lucidi, così lucidi che o era febbre o stava per piangere. Poi aveva infilato la porta e stop, mai più visto.
La sfilza di "l’aula di disegno era vuota" era cominciata il giorno dopo e ancora, dopo mesi, non finiva, che palle!
Le aveva tolto tutto il gusto.
Spirito guida del cazzo se ci sei batti un colpo e spiegati!
Si era messa a dire così, appallottolando l’ultimo foglio e gettandolo a mo’ di canestro nel cestino. Nessuna risposta ovviamente. Si era fatta la camomilla serale e buonanotte.
……Era proprio vuota….Sì, l’aula di disegno….. Vuota come un cimitero di notte.
Ci si era svegliata dentro un sogno.
Ci camminava proprio dentro quel sogno di aula da disegno vuota, con tutti i tavoli in fila, un po’ reclinati.
La scatola di latta verde era sul ripiano di matite dell’ultimo e il disegno a carboncino rimasto lì sopra era un po’ incompleto…..ma abbastanza finito da riconoscere il tizio della lavanderia.
Identico, meglio di una foto.
Nella scatola aperta c’era un braccialino. Vedendolo lei si era svegliata singhiozzando.
Non aveva mai conosciuto suo padre. Neanche una foto a segnare quel passaggio e per tanto tempo era cresciuta con l’idea che fosse il solito stronzo che tromba e scappa. Invece la stronza era stata sua madre. Confessione in una lettera prima di morire. Erano compagni di classe, ma lei non lo voleva, lui insisteva insisteva, lei si era tolta lo sfizio una volta e poi l’aveva mandato a quel paese.
Lui c’era andato.
Per sempre.
A 18 anni capita di morire per amore.
Chissà se solo per questo poi sua madre non aveva abortito.....
Chissà, forse per farlo rivivere…..
Chissà, forse per immaginare di tornare in un’aula di disegno vuota a far l’amore con lui che…..chissà, forse aveva nascosto un braccialino nella scatola di latta verde dei carboncini…..
Il braccialino che sua madre non si era più tolta neanche un giorno della sua vita. Senza chissà. Questa era l’unica certezza.
Lei si asciugò le lacrime, si alzò, andò a cercare l’ultimo foglio appallottolato nel cestino, lo spianò e sotto l’ultima riga delle infinite L’AULA DI DISEGNO ERA VUOTA scrisse finalmente con mano ferma e sicura solo quello che veramente voleva scrivere.
NON PIU’. SONO QUI PAPA’.