DON BIAGIO
Una domenica mattina, alla messa delle dieci, quella più affollata, il parroco si presentò ai fedeli, in compagnia di un altro prete. Prima della funzione si rivolse ai presenti:
- Fratelli miei carissimi, come vedete al mio fianco c’è un nuovo fratello, lui prenderà il mio posto. L'età e la salute mi impediscono di continuare la mia missione. Vi lascio con un dolore nel cuore, siamo stati tanti anni insieme e so che siete dei buoni cristiani, continuate ad esserlo anche con il nuovo parroco. Accoglietelo con amore come avete fatto con me tanto tempo fa, è una brava persona e saprà conquistare i vostri cuori. Uniamoci nella preghiera, questa, è la mia ultima messa con voi.
Terminata la messa, già si facevano commenti sul nuovo prete. Le donne anziane erano contrariate, pensavano che forse non avrebbero fatto in tempo ad affezionarsi anche a questo nuovo, il suo aspetto non dava loro molto affidamento. Le giovani sorridevano nel commentare la sua figura, sembrava un oste di campagna. Aveva un viso rotondo e paffutello, pochi capelli in testa, due gote rubiconde e un largo sorriso. La tonaca gli andava stretta. Dopo alcuni giorni don Biagio, il nuovo parroco, si trovò da solo a gestire una comunità, completamente diversa da quella che aveva lasciato. La canonica era inagibile a causa di alcuni lavori in corso. Don Biagio fu ospitato presso una famiglia, formata da una anziana signora con una figlia zitella, amante della musica. Tutte le sere gli propinavano brodini e verdure lesse e, dopo cena, doveva sopportare l’immancabile concerto al pianoforte della ragazza. Era stufo di quella opprimente convivenza. Si chiedeva, perchè, c’era la convinzione che i preti dovessero mangiare come degli ammalati. Il confronto con la parrocchia appena lasciata era improponibile. I contadini, nella sua parrocchia, venivano tutti i giorni a portargli ceste di frutta, verdure, conigli, polli e, naturalmente, il vino. Quello non mancava mai, inoltre, le donne del paese facevano a gara, per tenergli pulita la casa. Le cose sarebbero andate avanti fino alla fine dei suoi giorni, se non saltava fuori la storia con l’Agnese. Doveva riconoscere che quello era stato un grave errore. Non era stato attento ed ora, ne stava pagando le conseguenze. La curia aveva soffocato lo scandalo, ma non poteva evitare l'esonero. Avevano scelto, come sua destinazione, questa dove si trovava adesso. Speravano che, a Napoli sarebbe stato difficile, il ripetersi di una situazione simile.
Don Biagio si stava ambientando. I lavori alla canonica proseguivano e lui, una volta entrato nella nuova casa, voleva riempirla d'ogni ben di Dio. Doveva solo risolvere la questione del vino. Per entrare nelle grazie della gente, che ancora lo guardava con diffidenza, s’intratteneva spesso, con gli uomini, parlando degli argomenti che preferivano, dallo sport alla politica, anche a discorsi sulle donne.
Cominciò col dedicarsi ai ragazzi. Organizzò iniziative per i più piccoli. Un giorno alla settimana, proiezione di film, tre volte musica e canti. Sapeva che le mamme si sarebbero fatte vedere, magari solo per controllare i figli. Alla fine, le famiglie, avrebbero orbitato nell’ambito della chiesa. Era determinato a far bene. Il vescovo doveva ricredersi e, in effetti, da quando era arrivato, i risultati erano incoraggianti. Le messe diventavano sempre più affollate e i suoi sermoni, apprezzati. Qualche maligno attribuiva questo successo, al divertimento che lui stesso procurava con quella sua parlata romagnola tanto divertente. Affrontando argomenti scabrosi, il suo viso diventava paonazzo e il ciuffo di capelli rimasto diventava ribelle, costringendolo a strane acrobazie per domarlo. Era uno spettacolo vederlo.
I rapporti con la comunità miglioravano, e per la sua felicità, aveva fatto amicizia con un fattore. Aveva scoperto che quel vino superava di gran lunga quello al quale era abituato. Trovato il fornitore ora non gli mancava più niente. Aveva anche trovato una ragazza che gli teneva la casa in ordine. La ragazza era tanto devota, un po’ trasandata, ma piacevole a vedersi. Lui era sempre presente, quando lei lavorava, per cogliere qualche visione interessante. Lei, non badava certo a coprirsi più del dovuto. L’Agnese era un’altra cosa, ma quella era una storia da dimenticare. Restava ancora un problema da risolvere. C’era un gruppo di ragazzi che stazionava perennemente sul sagrato della chiesa e, per quanti sforzi facesse, non riusciva ad istaurare nessun dialogo con loro. Tenevano sempre occupato il piazzale e spesso si divertivano a prenderlo in giro.
“ don Biagino, don Biagino ‘e na botte chin’e vino!” Lui più cercava di cacciarli e quelli più insistevano nei loro lazzi e sberleffi. Un giorno, stranamente non c’era traccia dei ragazzi, davanti la chiesa, fu sorpreso, ma continuò nelle sue occupazioni. Era intento a potare alcuni rami nel giardino, quando uno degli scugnizzi si avvicinò con un sorriso. Era il ragazzo che era il capo di quei teppisti.
- Don Biagì, perdonate il disturbo, sono venuto, anche a nome degli altri, perché vi dobbiamo parlare – sembrava un piccolo camorrista-
- Di cosa possiamo parlare io e te, voi siete solo dei monelli e date solo fastidio.
- Lasciate perdere, queste sono sciocchezze. In questi giorni abbiamo saputo una notizia, assai importante, un segreto che vi portate dietro, se volete che non diciamo niente a nessuno ci dobbiamo mettere d’accordo, voi mi capite?
- No! Non credo di aver capito.
- Ah! Fate finta di non capire? State sbagliando sapete, così non va bene. Io credo, invece, che sapete bene di cosa parlo, diciamo che, non siete stato assegnato qui per premio, ma che vi hanno cacciato, la causa si chiama Agnese, non è vero?
- Com’è possibile, come avete fatto?
- Avete visto! Sapete di che stiamo parlando, ma di questo non vi dovete preoccupare, noi siamo gente seria, sappiamo mantenere i segreti, basta che ci mettiamo d’accordo, cose da poco. Noi siamo ragazzi senza famiglia, quasi abbandonati, non lavoriamo, però qualche piccola esigenza la teniamo anche noi, ci servirebbe qualche spicciolo, un po’ di sigarette, capite? Altrimenti dovremmo andare a rubare e voi, questo non lo volete vero?
- Diciamo che voi ci date un biglietto da cinquanta euro a settimana e, ogni tanto, un pacchetto di sigarette, così stiamo tutti tranquilli, voi ed anche noi. In cambio vi posso promettere che non veniamo più a fare casini fuori la chiesa. Una buona proposta non vi pare? Nel caso foste costretto ad andare via un’altra volta, un posto così in una città come Napoli, dove lo trovate! Qua siete fra amici.
Poi rivolgendosi agli altri che erano rimasti distanti : ragazzi, ringraziate don Biagino, il nostro migliore amico!
-