Giovedì 5 gennaio 2017 – ore 15.20
Ci siamo!
L’aeroporto di Christchurch è sotto di noi, dopo 43 ore e 25 minuti, dopo tre scali, finalmente siamo in Nuova Zelanda.
Mentre atterriamo vedo la spiaggia, per fortuna ci siamo seduti sulla parte sinistra dell’aereo, atterriamo quasi sulla sabbia, il tempo è splendido, l’estate ha preso il posto del nostro inverno. Quando siamo partiti due giorni fa un gelo polare aveva preso d’assedio Roma, a Fiumicino la temperatura era di due gradi sotto lo zero, ora il pilota ci ha informati che 28 gradi ci aspettano fra pochi minuti.
Un phon acceso ci augura un buon soggiorno, il secondo ad augurarcelo è il tassinaro che ci porta al nostro hotel, si dirige a Bealey avenue, al numero 61, in 10 minuti arriviamo all’Amross Court Motor Lodge, un accogliente sito poco fuori città immerso nel verde.
Ancora il jet-lag non ci ha abbandonati, le 12 ore di differenza si fanno sentire. Esattamente 12.742 chilometri sotto di noi, i nostri gatti stanno dormendo… forse no, la notte non si fermano mai.
Ecco lo scopo del nostro viaggio, cercare la spiaggetta che è esattamente sotto casa nostra dall’altra parte del mondo.
Da quando l’ho vista, grazie a Google Earth, ce ne siamo innamorati, una sabbia bianca con vista sulle gigantesche onde dell’oceano Pacifico.
Ora, grazie ad un mese di pausa lavorativa, è arrivato il nostro momento.
Non è stato facile, visti d’entrata, 3.200 euro a testa per il volo A/R, quasi due giorni di viaggio con tre scali… ah, già l’avevo detto… e allora? Ho un’età e tutto il diritto di ripetermi!
Martedì 3 gennaio - ore 7.55
Siamo arrivati con il nostro trenino da Monterotondo circa un’ora fa, il tempo di ritirare i biglietti alla British Airways e si vola verso Londra, poco meno di tre ore in business class, ma grazie al fuso orario arriviamo un’ora prima, alle 9.45.
Abbiamo quasi 12 ore di buco prima della partenza dell’aereo per Dubai, ne approfittiamo per fare un giretto per Londra, un passaggio alla mia Mecca… nel mio caso le strisce pedonali ad Abbey Road, poi a quella di Alida, British Museum? National Gallery? Si, sarebbero quelli, ma abbiamo poco tempo, si accontenta di una visita a Notting Hill, Portobello Road, la Porta Portese d’oltremanica.
Non ci sono i: “Me vojo rovinà!” “Oggi regalo tutto, sbrigateve prima che ce ripenso!” “Daje regà (a me!) accattate ‘sti ginze!”, però i colori, gli odori, i suoni sono fantasmagorici, voci italiane ci circondano nel nostro peregrinare, ma le ragazze in minigonna sono le stesse degli anni ’60? Si tratta di immagini olografiche, visto che le loro cosce nude non hanno la pelle d’oca che ci si aspetterebbe a questa temperatura! All’ora giusta un Kebbabbaro ci accoglie al suo interno, consentendoci di arrivare all’ora di cena con un macigno nello stomaco.
Il buio arriva molto presto, iniziamo il ritorno all’aeroporto Heathrow, dove alle 21.15 il nostro aereo della Qantas decollerà verso l’oriente.
Mercoledì 4 gennaio ore 8.10
Un caldo accecante ci mette KO… ho sentito mormorare “ha preso la laurea in italiano alle scuole serali”, va bene, precisiamo, un caldo soffocante ed una luce accecante ci riducono ai minimi termini, un nostro connazionale diretto a Sidney ci dice: “non vi lamentate, stiamo andando verso l’estate!”
Alida conosce benissimo i miei sorrisi di circostanza e mi porta via.
Quattro ore in più di fuso orario, le sette ore del volo sono diventate undici, per me è ancora notte.
In attesa che rifocillino l’aereo, ci fanno accomodare in una sala riservata nel fantascientifico aeroporto, si ripartirà meno di due ore dopo, alle 9.55.
Spero che dopo il decollo ci diano una ricca colazione, per ora mi fa schifo tutto, è troppo presto, a Roma sono le quattro di mattina!!!
Accontentato! Il tempo di oltrepassare il golfo di Oman e di ritrovarci a sorvolare il Pakistan ed una ricca colazione occidentale si mette tra me ed il passeggero davanti.
Controllo i messaggi su Facebook, la nostra partenza ha scatenato gli entusiasmi dei nostri amici, sul post: “stiamo andando dall’altra parte del mondo” ci sono tre “mi piace” ed un commento “mai abbastanza lontano!”
A cui rispondo: “più di così è impossibile, rimanendo sulla Terra!”
Giovedì 5 gennaio 2014 – ore 06.55
14 ore di volo che diventano 21, grazie ai fusi orari. Sidney!!
Sto calcolando le ore di differenza, ma Alida mi blocca con uno scappellotto: “se fai un altro calcolo, farò in modo che tu possa dare i numeri tutta la vita!”
Mi ha convinto, abbiamo tre ore e venti di sosta.
Facciamo colazione al “Circular Quay” da cui si gode una vista stupenda della baia di Sidney e della famosissima “Opera House. Due ore purtroppo passano in un attimo! Torniamo all’aeroporto 20 minuti prima del decollo, 10 e 15: partenza per l’ultima tappa, fra tre ore e cinque minuti (più due ore di fuso orario) arriveremo a Christchurch!
Venerdì 6 gennaio
Lo squillo del telefono interno mi entra nel cervello senza chiedere permesso, la vocetta al suo interno m’informa che l’auto noleggiata è arrivata. La bocca risponde prima di aver ripristinato il collegamento col cervello:”stiamo arrivando per la colazione”. Due ectoplasmi si affacciano nella sala breakfast all’aperto. Il sole ci odia!
Il tizio che ci porta all’auto c’informa che con il Tom-Tom non avrò problemi, in ogni caso se prendiamo la 73° road, West Melton, e ci dirigiamo verso l’altra parte della costa, incroceremo la 6° road che ci porterà a destinazione.
Prima di partire metto musica australiana che mi ero preparato per l’evenienza… lo so, stiamo in Nuova Zelanda, ma di qui non conosco nessuno!!
Inizio con “Love is in the air”, il bellissimo brano di John Paul Young.
Siamo circondati dal verde e dall’azzurro, foreste, fiumi, laghi, paesaggi non molto diversi dai nostri, ma un po’ alieni, ogni tanto qualche kiwi zampetta allegramente ai lati delle strade mentre i Bee Gees imperversano con la loro antologia.
A Darfield la strada da ovest cambia direzione, si va verso il nord!
Riserve naturali continue, l’aria è pulitissima… ma non si arriva mai!
Finalmente vediamo il mare della Tasmania, la statale 6 ci accoglie, continuiamo il nostro viaggio verso il nord! Altre ore di viaggio e finalmente ci siamo, parcheggiamo in una piazzola, ci togliamo le scarpe e scendiamo verso la spiaggia.
La sabbia è finissima, l’odore salmastro ci induce a chiudere gli occhi ed a respirare a pieni polmoni, controlliamo latitudine e longitudine, il punto è esattamente questo: se guardiamo sotto i nostri piedi, dall’altra parte del mondo c’è casa nostra!
Il viaggio è finito.
Ci tuffiamo nella nostra seconda casa.