Hotel Excelsior di Roma. Un evento speciale di grande risonanza. Sono presenti nel grande salone delle feste tutte le più alte autorità in campo politico, dello spettacolo dell’aristocrazia e dell’alta borghesia cittadina. Una serata di beneficenza per una raccolta fondi da destinare ad una delle tante organizzazioni umanitarie sparse per il pianeta. Nella sala spiccano le donne fasciate in abiti impossibili, donne mature, vere matrone cariche di cellulite e cerone con al seguito, le loro figlie che non sono da meno. Ce ne sono di ogni tipo, da quelle ossute e compunte, capelli tirati indietro e pelle pallida. Sedute sui divani con aria di sufficienza, come se per loro stare lì fosse una loro gentile concessione. Altre, grasse oltre il limite che già stando ferme a chiacchierare animatamente, sudano, con conseguenze nefaste per i loro vestiti. Al centro della sala poche coppie di anziani ballano, seguendo la musica di un complesso messo sul lato opposto al buffet. La serata non decolla, c’è un‘aria di stanchezza fra gli invitati, gente abituata a fare di queste serate il loro passatempo preferito. A certi livelli farsi vedere e presenziare avvenimenti del genere è obbligatorio. Ad un certo punto della serata arriva lui. Appena mette piede nella sala si nota un certo risveglio da parte della matrone che cominciano a darsi di gomito. Indirizzano i loro sguardi verso il nuovo entrato. Un giovane dall’aspetto fascinoso, lo smoking che indossa gli sta a perfezione, mette in evidenza spalle larghe, muscolose. Su un giro vita piatto e sodo. Il viso leggermente abbronzato, la mascella squadrata volitiva, i capelli neri corvino lucidi e appena mossi. Procede con un passo lento e misurato, i suoi occhi scuri con riverberi d’acciaio scrutano l’ambiente come una pantera che cerca la sua preda. Le madri, ancor prima delle figlie, lo divorano con gli occhi e non sono poche quelle a cui sfugge un sospiro. Lui passa lentamente guardando e facendosi guardare. Ha in mano un flute di champagne. Finalmente arriva dall’altra parte della sala dove incrocia lo sguardo di un esemplare femminile che attira il suo interesse. In quel grigiore assoluto lei splende di colore e vitalità. Una ragazza alta, formosa, inguainata in un lungo abito verde smeraldo che le sta come un guanto. Non è vistoso, ma attira per ciò che copre. Una leggera scollatura evidenzia un solco fra due splendide rotondità color avorio. Ha un viso da bambola, due gote pronunciate e due meravigliosi occhi verdi. I capelli sono tirati su mettendo in evidenza un collo eburneo con degli incavi che inducono a pensieri lascivi.
I due si guardano, sono attratti uno dall’altra. Lui fa la prima mossa, si avvicina e le parla.
- buonasera signora, vuole essere così cortese da concedermi il prossimo ballo?
Lei lo guarda per un attimo poi con un sorriso risponde:
- signorina prego, sì, credo di poter accettare il suo invito, se intanto vuole essere così gentile da prendere ancora dello champagne
- lo consideri già fatto, signorina, mi perdoni, e che trovo strano che una bella donna come lei non abbia trovato ancora un uomo degno di accompagnarla.
- È gentile a dirlo signore, ma è così.
Lui si allontana per prendere due flute, mentre lei resta pensierosa, un dubbio le attraversa la mente. Lui ritorna e lei si fa trovare pronta per un ballo. Bevono, poi si buttano in pista. Il valzer non è proprio un ballo adatto, ma si adeguano e portano a termine i loro volteggi. Lui la invita fuori al terrazzo per bere in pace.
In precedenza aveva fatto preparare, dietro lauta mancia, un tavolino in un angolo del terrazzo, dal quale si ammirava lo splendido panorama di Roma.
- venga, mi sono preso il permesso di far preparare un tavolino apposta per noi per restare più tranquilli.
- grazie, vedo che non perde tempo lei, mi sa che è un gran rubacuori. Comunque, preferisco restare qui all’aperto almeno si respira, là dentro era diventato impossibile con tutte quelle cariatidi. Senti che ponentino!
I due si siedono e lei come prima cosa si toglie le scarpe, lui ride, comprende le difficoltà femminili. Restano in silenzio per un po’, lei ha la mano sul tavolino, lui si abbassa a sfiorarla con la sua e lei non si ritrae. Le mani restano unite, poi lei da un’occhiata al piccolo orologio che indossa e sbotta.
- senti che ne dici se la finiamo co sta pagliacciata, per me è durata pure troppo, se dovemo andà, andiamo e togliamoci sto pensiero.
. cosa dice, non la riconosco più, signorina… a proposito ancora non mi ha detto come si chiama, non posso chiamarla sempre signorina, avrà un nome
- certo, io me chiamo Anna Tiburzi, pe ‘ll’amici Annarella, in arte Magda. E tu, come te chiami, bel moro.
- vuol dire, forse, che lei è una….come dire, una escort?
- Si bello, dillo pure, tanto nun m’offendo, so na mignotta e allora? Che te credevi? Ma dico io, tu pe farti na scopata stai tanto a fa er damerino! quanto ti è costato sto tavolo qua fori, li potevi sparagnà me li devi a me, era mejo!
- Viè qua moro, fatte dà n’occhiata un po’ meglio, me sa che pure tu, sei un gran paraculo,
- Cosa dice, Magda!
- E falla finita, no! mi sembravi na faccia conosciuta, quando ti ho visto mi sembravi una faccia conosciuta, ora che te vedo meglio mi sa che sei, Giggi er divo, ti sei tagliato i baffetti, perciò mi sono confusa. Tu guarda proprio te dovevo incontrà, la serata la posso dì sprecata, tutto sto lavoro per niente, che te possino!
- A bella, credi che per me non nu è lo stesso, un sacco de soldi spesi a voto.
- Se vede che attiriamo, ma lo dovemo fa con l’antri, no fra de noi. Ora però, mi sa che è mejo c’alziamo i tacchi, prima che questi ci vengono a chiedere la donazione obbligatoria pe la loro causa, che poi manco l’ho capita qual è.
- Hai ragione, damose! La serata la potemo finì da sora Titta co na bella matriciana, però famo a mezzo, eh?