Seduti nella Sala Anfiteatro tutti osservavano il re Sten, in piedi al centro della sala, con una mano poggiata sul leggio. La sua voce, forte e chiara, riempì lo spazio :”Grazie a tutti
voi per essere giunti puntuali a questo incontro. Mi riempie di gioia il vedervi così numerosi ed attenti. Molti sono i punti che vorrei discutere con voi quest’oggi, perché i problemi sono tanti … Ma in realtà c’è una voce che gira ultimamente nel mio regno e che mi inquieta non poco. In realtà non sono solo voci,dato che ho anche visto con i miei occhi alcune stranezze. Ai confini della mia terra sono stati ritrovati resti di strani falò. Essi sono strani, poiché lasciano macchie rossastre sulla neve,come se l’avessero dipinta .
Un’ odore acre si sente in quelle zone macchiate . Il popolo parla di magia malvagia, dato che stanno sparendo alcune persone senza lasciare traccia ed altre si ammalano,perdendo l’uso della vista.E si stanno ammalando sempre più bambini, diventando ciechi. Ho bisogno di voi, di tutti voi. Ho bisogno delle vostre conoscenze in campo medico e magico. Devo capire se questa malattia è collegata a questi strani falò, se c’è una magia cattiva
dietro tutto ciò. Aiutatemi, perché noi uomini da soli non riusciamo a difenderci. A Novaria e Ceppoverde la popolazione è stata già decimata! Ora lascerò la parola ai loro ambasciatori, vi parleranno con più precisione di me, dato che si stanno occupando delle indagini da sei mesi. “.
I due uomini parlarono a lungo e dettagliatamente della loro situazione, le loro piccole città vivevano in un clima di paura . Morti, sparizioni, strani segni sulla neve, odore di morte nei luoghi segnati dal rosso, malattia. Tra gli uomini i maghi erano pochi e con conoscenze limitate rispetto agli elfi e alle ninfe. I maghi umani riuscivano a ritardare gli effetti degenerativi della malattia, ma non riuscivano a curarla. Né avevano scoperto la vera origine delle macchie indelebili sulla neve.
Alle parole del re e degli ambasciatori seguì un silenzio carico di nervosismo. Febe era accanto alla madre e ne percepì l‘angoscia, sapeva della malattia, ma non pensava fosse tanto grave! Brividi di freddo le corsero lungo la schiena, ora capiva perché i genitori avessero tanta fretta di farle contrarre un’unione, avevano paura che ci fosse qualcosa di grave dietro tutto quello che stava sentendo. Non volevano che rimanesse da sola. Che stupida che era stata a pensare che i suoi volessero relegarla solo in un ruolo secondario.
Chissà dov’era Nereo, con lo sguardo lo cercò a lungo e lo trovò in un angolo della grande sala circolare, insieme agli altri ragazzi che studiavano, per entrare nella Guardia Reale . Il suo sguardo era teso. Febe lo guardò e si sentì meglio. Sentiva il desiderio di confrontarsi con lui. Anche se oggi sembrava diverso, con la sua armatura argentata, sembrava quasi adulto.
Seguirono lunghe discussioni, i vari ambasciatori si scontrarono, ognuno esponeva la propria opinione. Le ore passavano lente. La sera arrivò senza nessuna conclusione apparente, tutti si studiavano a vicenda.
Solo a tarda sera Febe riuscì a stare un po’ con i suoi. Si sedettero e Sten parlò per primo : “Vorrei che tu non portassi questo peso con noi, ma la vita ci ha posto questa nuova difficoltà.” Guardò la moglie e poi continuò : “Temiamo che sia qualcosa di molto grave, ma non ne siamo sicuri.”
Chiusi in camera avevano riposto i loro ruoli e tornavano ad essere solo sé stessi. Erano sinceri adesso. Si guardarono negli occhi e Febe colse l’ansia della madre e la stanchezza del padre. Già i non detti erano pesanti da sopportare e difficili da esprimere. Per la prima volta non li vide come genitori, ma li percepì come persone. E’ strano come i figli vedano i genitori,li vedono privi del loro stesso cuore, è come se fossero immuni da emozioni, per poi scoprire che spesso percepiscono le stesse sensazioni dei figli.
Febe li strinse con calore, lei c’era ed era con loro.
Passarono tre giorni carichi di ansia, c’era chi voleva indagare e chi si tirava indietro. E fuori le nuvole camminavano piano. Febe era attenta e studiava tutti gli ambasciatori. Il nano Todo parlava in modo autoritario,era prudente e temprato dalle numerose battaglie tra i clan dei nani. L’elfa Leda, dai lunghi e lucenti capelli color del miele, era propensa per un’indagine accurata sulle macchie sanguigne. Il satiro Erino appoggiava re Sten. Febe pensò che tutti quei peli sul viso rotondo e le piccole corna gli davano un’aria buffa! Guardò Nereo e lui le sorrise. Forse anche lui pensava lo stesso. La ninfa Neia, era la più spaventata, sembrava volesse fuggire via e si rifiutava di appoggiare qualsiasi tipo di ricerca. Erano poche le ninfe rimaste, forse un centinaio in tutto o poco più e tendevano a non prendere parte a nessun tipo di azione, anche lontanamente pericolosa. Il centauro Bashir , imponente e dai capelli d’argento, parlò di segni funesti tra le stelle, di periodi di morte vicini alle loro terre, loro erano con Sten, volevano indagare. E fu la volta di Onurb dagli occhi celesti, la creatura di Roccavecchia. Se ci fosse stata una spedizione per indagare, lui sarebbe stato presente, la sua gente questa volta avrebbe preso parte. Tra le Montagne Giganti erano presenti le stesse macchie rossastre sulla terra e quei punti gli alberi morivano. Onurb percepiva incantesimi neri dietro tutto ciò. La magia lasciava tracce nei posti che toccava e lui voleva capire chi o cosa ci fosse dietro quel marchio.
Il quarto giorno portò ad una conclusione, alcuni sarebbero rimasti alla corte di Sten ed avrebbero indagato.
E fu così che il nano Todo, l’elfa Leda, il satiro Erino e, il centauro Bashir e Onurb rimasero in quei luoghi dove i ghiacci non si sciolgono mai e dove il vento, a volte, spira forte e dove è facile che la neve diventi la tua migliore amica.
E Onurb pensava di essere in un luogo così strano e troppo freddo per lui, ma il freddo da un po’ era dentro le sue ossa, era difficile conviverci, non si era ancora abituato. Erano pochi giorni che viveva in quel palazzo bianco, ma la sua vita era arrivata ad un punto in cui i giorni,le ore o i minuti non avevano alcun senso. Tutto scorreva opaco senza di lei. Bastava chiudere gli occhi e lei poteva tornare sorridente e felice. C’erano un’infinità di cose da vivere ancora, ma la sua unica speranza era aggrapparsi ai minuti come fossero aghi, in cui tutto era sangue e dolore. Era strana questavita, che prima ti mostrava un cielo a cui puntare e poi tentava di toglierti le ali. “I sogni sono i posti dove torni bambino”, ecco lei glielo diceva sempre, ma ora dov’era la sua infanzia? E perché lei non c’era più ? Via dissolta tra le onde del mare blu,come i suoi occhi.