Cinque. Come le dita di una mano. Il numero dei respiri, prima di questo salto.
Eppure cinque battiti sembrano pochi, ma sembrano forti come un tuono. Se ripenso a quella canzone, cinque note che si ripetono in continuazione. Certe canzoni non finiscono mica, te le porti dentro ad ogni battito.
Mi ricordo quel giorno, una mattina uggiosa e grigia. Ti ho portato dei fiori, ma tu non puoi ricordartelo. E se ti avessero chiesto chi fossi, tu non avresti potuto rispondere. Il mio nome? Non te l’ho mai detto, ma tu eri contenta lo stesso.
Mi è stato chiesto a cosa serve parlarti, ho risposto che serve a me.
Sono egoista, ho bisogno di ricordi e di immagini e li sto cercando attraverso di te. Una parte del mio futuro dipende dalle tue risposte.
Eppure la strada che mi porta da te è grigia come la pioggia di questi ultimi giorni.
C’era una panchina una volta, sotto quella quercia e ci sedevamo spesso lì, solo che ora tu non puoi saperlo. Ho provato a stringerti la mano, ma non ti sei mossa.
Sono poggiata a questo
vetro e ti guardo, cinque dita contro un vetro freddo.
Primo battito. Io e te sedute sulla panchina.
Secondo battito. Briciole lanciate ai colombi.
Terzo battito. Stai chiudendo gli occhi.
Quarto battito. Ti stringo forte.
Quinto battito. Resta solo il mio.
Chiudo gli occhi e conto … prima o poi tornerai , al cinque torneremo insieme.