Voltandosi immerse la mano sinistra nell’acqua nell’ acqua e una luminescenza violacea la circondò. Onurb era concentrato e Leda gli si era avvicinata, percependo un’aria strana vicino la sorgente.
Sten, Todo ed Erino erano intenti controllare le selle dei cavalli e non prestavano attenzione a loro.
Quel tamburellare si faceva più vicino e la luminescenza di Onurb si fece più intensa, l’uomo strinse il pugno sinistro e sussurrò una parola. A Febe improvvisamente venne la pelle d’oca e si voltò di scatto verso Onurb. Un brivido gelido era corso lungo la schiena di tutti. Ma perché? Onurb era di nuovo in piedi
e si avvicinò a Sten, porgendogli qualcosa . La testa di uno strano pesce,dagli occhi rossi e dalle squame nerastre.
“Puzza di morte di Sire, a pochi metri da noi c’erano due di questi bei pesciolini. Non sono naturali Re, sono creati dalla magia, una volta individuata la preda riescono ad uscire dall’acqua e a mordere. Sono anfibi più che altro. Li ho già incontrati una volta e se li lasci uscire fuori sono difficili da uccidere”. Onurb mostrò a tutti il corpo decapitato del pesce e l’altro morto,che galleggiavano sulla superficie del laghetto.
“Come hai fatto?A capire che c’erano e ad ucciderli.”,chiese Febe.
“Esperienza principessa,unita a quella che voi chiamate magia”.
Febe lo osservò meglio, i suoi occhi erano freddi ed azzurri, ma forse non era così scontroso come sembrava,in fondo li aveva appena aiutati.
Sten disse : “Onurb pensi che qualcuno ci stia seguendo? O che qui ci sia qualcosa che si vuole nascondere?”
“Non credo che qui ci sia qualcosa d’importante Sire,però sono convinto che la nostra passeggiata non sia passata inosservata”.
Sten si incupì. Anche lui sospettava che qualcuno li stesse osservando. “Andiamo via da qui, il più in fretta possibile.”
Così presero il tunnel che li avrebbe dovuti portare all’esterno.
Febe e Nereo erano quelli a cui la tensione si legava di più, erano i più inesperti, e si tenevano vicini a Sten. Bashir e Leda guidavano il gruppo, Todo era appena dopo di loro e li aiutava ad orientarsi,essendo l’unico che si intendesse
davvero di tunnel sotterranei, ed Onurb era dietro ai ragazzi. Percorsero gli ultimi chilometri della galleria più in fretta che poterono. Uscirono che il sole era già tramontato da un po’. Tutt’intorno a loro era una steppa di erba alta almeno un metro, grigia sotto la luce della luna e delle stelle.
Erino li guidò verso il lato sinistro della montagna da cui erano appena usciti,conosceva quella zona piuttosto bene,e consigliò di mantenersi vicino la montagna,almeno di notte.
Accesero un fuocherello e si prepararono per il riposo.
Mentre tutti riposavano, Sten rifletteva. Si era offerto di fare il primo turno di guardia. Osservava Febe,rannicchiata sotto le coperte accanto a Nereo. Non era mai uscita da Lumia ed ora eccola lì a cercare una risposta alle domande che gettavano un’ombra sul loro regno. Avrebbe lottato con lui e questo lo spaventava a morte. Ma sapeva che lei doveva prepararsi a regnare, sarebbe stata Regina di Lumia. La tenacia non le mancava, ma la vedeva ancora così fragile, un piccolo bocciolo. Però la presenza di quella strana creatura, quell’incrocio di razze che era Onurb, lo rassicurava. Si fidava di lui, più di tutti gli altri. E sapeva che lo avrebbe aiutato. Ancora. Come molti anni prima,quando lui era un ragazzino dell’età di Febe. E Onurb sempre uguale,sempre alto e poderoso,non una ruga a solcargli il viso,sempre col suo cipiglio duro e freddo. Si erano incontrati ai confini di Roccavecchia, Sten era in viaggio per esplorare la zona circostante il suo piccolo regno e lui era comparso, silenziosamente, alle sue spalle. Gli disse che doveva andare via, che nessuno poteva entrare a Roccavecchia, soprattutto un umano. “Gli umani non escono vivi da Roccavecchia”, Onurb lo disse chiaramente. Quel luogo esercitava su di lui un fascino perverso, una città grigia,di pietra, costruita così bene che si mimetizzava nella montagna,a cui si accedeva solo tramite i trecentotrentuno scalini di marmo nero. “Ma perché?” Sten aveva quasi messo il broncio,incosciente dei pericoli e determinato come un bambino a rubare i dolci dalla credenza. E Onurb lo squadrò
dalla testa ai piedi, quel ragazzetto con gli occhi troppo grandi per il suo viso imberbe, a metà strada tra il bambino e l’adulto, decidendo che,forse, quell’umano non era male. “Perché tutti coloro che ci sono entrati dopo volevano ucciderci.”
Sten lesse molta solitudine nello sguardo di quella creatura,apparentemente umana, ma che doveva essere qualcosa di diverso. E la sua curiosità aumentò,tanto che quella notte tentò di inoltrarsi a Roccavecchia,salendo gli scalini e stringendo il suo coltello da caccia. A metà strada qualcosa lo afferrò per le spalle,strattonandolo in alto. In un attimo si ritrovò di fronte il portone della città rocciosa,schiacciato con forza contro la pietra. Qualcuno
Qualcuno lo stringeva così forte da fargli mancare il respiro e quando sentì che la carne della schiena veniva lacerata da una lama, pensò che era spacciato. L’ultima cosa che sentì, fu la voce di quella creatura,che diceva :”Hai sbagliato preda stasera, quest’umano è con me.”
Si svegliò sotto una quercia,di soprassalto. Si guardò intorno e si accorse che era giorno inoltrato e che non aveva neanche un graffio. Vicino a lui c’era un pugnale bellissimo diverso, interamente grigio,sembrava d’argento e sull’impugnatura aveva un’incisione “Nessuno di loro mi appartiene,ma più forte di coloro che mi hanno generato sono diventato”.
E trent’anni dopo, Sten aveva mandato un messaggero a Roccavecchia,che aveva lasciato il pugnale sul primo gradino di marmo nero.
Il giorno dopo Onurb era da Sten.
Il re sapeva che si era creato un legame tra lui e quella creatura. Sapeva che il cuore spesso creava legami strani, che andavano al di là della ragione. Bastava uno sguardo,una parola detta in un certo modo e si iniziava con un pensiero lungo una vita. Era tardi e Leda fu svelta a prendere il posto del re, sollevandolo dai suoi pensieri. Sten gliene fu grato.