Luciano.
Notte, notte insonne. Notte infinita, notte troppo breve. Il ticchettio dell’orologio, a scandire lo scorrere implacabile delle ore. La luce artefatta dello schermo del pc..Ronzio.
Rumori notturni che filtrano dalle finestre serrate. Echeggiare di voci in lontananza, lo stridere di qualche auto, diretta chissà dove.
Scalpiccio di passi.
Andirivieni notturni di personaggi senza volto.
Luciano si siede stancamente di fronte al monitor.
Il fruscìo della ventola.
Volti di cartone in un mondo virtuale.. l’ultimo post, quanti “like" prenderò, quanti “like” metterò.
Postare frammenti di inquietudine in formato digitale.
I volti degli amici, quelli di sempre. I loro sorrisi artefatti, i commenti sempre uguali.
Ronzio.
Foto che scorrono lente nel bagliore dello schermo.
Irrequietezza. Si alza, si risiede. Si rialza.
Il pacchetto sgualcito delle sue Lucky Strike.
Il rumore dell’accendino , lo sfregolio della brace dell’ultima sigaretta (lo giura a se stesso, questa è l’ultima della giornata), fumata frettolosamente, sul balcone.
Il freddo della notte che penetra nelle ossa, andando a mescolarsi con il suo fratello che sta dentro. Le mani tremanti.
E poi, ancora.
Ronzio.
Bagliori digitali.
Pezzi di vite possibili, ma lontane.. O forse soltanto illusioni..
Illusioni in formato pdf.
La solitudine che scava dentro l’anima solchi profondi.
È tardi, sempre troppo tardi.
Ma Luciano sa che il sonno è ancora lontano.. come tutte le notti si attarda, trovando sempre una nuova scusa per non andare a letto. Perché sa che nel momento in cui entrerà nel letto la sua inquietudine lo afferrerà per stringerlo in una morsa. Gocce di sudore cominceranno a imperlare la sua fronte.. Impercettibili rumori domestici, il gocciolare di un rubinetto. Il respiro pesante di Vera, che dorme lì accanto, di un sonno greve e inaccessibile.
Il letto, un groviglio di rovi … girarsi e rigirarsi sotto il piumone. E quel sonno che proprio non ne vuole sapere di arrivare. Si fa beffa di lui, gli danza intorno, ma subito fugge via non appena gli sembra di averlo afferrato.
E poi, improvvisamente.. il sorgere del sole traditore.
Il frastuono della sveglia, a violentare il silenzio del timido albeggiare.
Tiepidi raggi di luce filtrano tra le fessure delle tapparelle; piccole particelle di pulviscolo a formare delicati arabeschi fluttuanti.
Risveglio mattutino accanto a una donna, o ciò che ne rimane, i suoi capelli arruffati, il suo volto corrucciato, la sua perenne espressione arcigna.
Apre gli occhi, lo guarda per un momento. Il suo sguardo è inespressivo. Si volta dall’altra parte e si rimette a dormire.
E dire che una volta il suo sorriso illuminava tutta la stanza..
Il saluto distratto di Laura, sua figlia, già cellulare alla mano (ma lo tiene con sé anche mentre dorme?), il volto illuminato dal bagliore del display.
Lo guarda senza vederlo, masticando un incomprensibile “Ciao pa’”.
Il sapore amaro del caffè.
Il traffico delle sette.. Ruggire di motori, auto impazzite, volti impenetrabili scolpiti dietro parabrezza appannati.. clamore di clacson che squarcia il silenzio.
Radio che gracchia, musica, discorsi inafferrabili di speaker che vantano nomi impronunciabili.
Semaforo rosso.
Pedoni che attraversano, accalcandosi frettolosi verso giornate frenetiche..
Una mamma trafelata con tre bambini chiassosi, che le sfuggono da ogni parte.
Uno scugnizzo modaiolo tutto tatuato, che indossa un enorme paio di cuffie, e mentre cammina dinoccolato, lo zaino in spalla, tiene il tempo battendosi ritmicamente una mano sulla gamba.
Una vecchina attraversa la strada lenta, traballante. Le sue mani ossute, la sua gonna a quadretti rossi. I suoi occhi dolci.
L’arrivo a lavoro. Parcheggiare sempre nello stesso posto.
Un’altra giornata.
Ronzio.
Un’altra giornata.
Ronzio
Un’altra giornata.
Ronzio.