Ore interminabili. Sorrisi assonnati di colleghi che indossano facce imperscrutabili, come maschere mal disegnate per un carnevale sbagliato.
Le loro battute sconce, sempre se le stesse da anni.
Echeggiare del suono della bollatrice.. Il fragore della sirena che annuncia l’inizio del turno.
Trapestio di passi, piedi trascinati.. e il brusio. Voci sovrapposte..
Ronzio.
E muoversi, camminare.. respirare l’odore acre degli emulsionanti nel grigiore soffocante di un capannone..
Macchinari che lavorano. Sferragliare di carrelli elevatori-clangore di meccanismi metallici -sibilare di saldatrici-stridere di cassoni sul pavimento- ronzio, ronzio, ronzio, tintinnio di metallo - tonfi sordi..
Ronzio.
Desiderio di fuga. Sempre lo stesso.. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
E consapevolezza che quel desiderio rimarrà celato dietro insormontabili promontori di “non ce la faccio” e “non posso”.
Luciano si muove meccanicamente. Nel ripetersi dei gesti quotidiani il suo animo si svuota. Appesa ad una gruccia, nell’anonimo armadietto di uno spogliatoio, (accanto alla sua giacca consunta) ha stipato la sua inquietudine .
La indosserà di nuovo alle cinque, quando stanco uscirà da lavoro per ritornare alla sua personale versione di quella che è una casa, e una famiglia.
Il saluto distratto di Laura, sempre aggrappata al suo cellulare. L’indifferenza di Vera. I capricci di Mattia.. No, i compiti non li faccio.
La cena consumata in silenzio, la televisione che gracchia, il rumore della ventola dell’onnipresente portatile (e Laura sempre china sul suo cellulare). Anime intrappolate in una scatola troppo stretta.. Tutti vicini, ma in fondo lontani.
Questa è la sua vita.
E quando la sirena annuncia a fine giornata il terminare del turno, Luciano sospira lentamente. Raccatta la sua giacca, si dirige alla bollatrice, poi, stancamente, attraversa il parcheggio per arrivare alla sua auto. Ecco un’altra giornata che volge al termine. Identica all’altro ieri, a ieri e a domani.
Luciano sale in macchina. Con gesti consueti e distratti mette in moto.. alla radio trasmettono”Hotelcalifornia”..
E in un istante tutto gli ritorna alla mente.
Sorride.
Cascate di ricordi gli piombano addosso.. Quel lungo viaggio con i suoi amici Carlo e Stefano (mio Dio, quanto tempo è passato).. La spensieratezza di quei giorni.. Le risate.. Le serate a tirar tardi, ebbri di vino e di gioia di vivere..E quella ragazza bellissima, il corpo sinuoso, gli occhi nocciola, nel riverbero di una sera d’estate.
I loro discorsi intensi.. stretti stretti in un abbraccio senza fine.
Piccole grandi promesse di felicità future..
.. La sua proposta di sposarlo.. la gioia nei loro sguardi. Le mani tremanti.
Luciano si perde nella dolcezza dei ricordi.
E pensa che forse non è ancora tutto perduto. È vero, forse lui e Vera col passare degli anni si sono un po’ allontanati. Ma non è tutto perduto.
Forse non è ancora troppo tardi per aggrapparsi alla propria vita e darle una bella scrollata.
Forse tutto questo grigiore lo si può ancora spazzare via, con un colpo di spugna.. .. Forse è possibile scrollarsi di dosso questa apatia..
Forse..
..Mentre il sole tramonta un sottile raggio di luce gli offusca lo sguardo. Un istante. Stridio di pneumatici. Rumore sordo..
..Ronzio.
E poi..Silenzio.