Venezia, Palazzo Ducale.
Appartamenti riservati del Doge Francesco Dandolo.
Sono qui, chiusa in una stanza. Troppe cose preziose mi circondano e mi soffocano. Non sono le mie, niente di ciò mi appartiene.
Il vento tiepido dell'autunno sta muovendo leggermente le tende.
Voglio uscire.
Mi sembra di correre, ma in realtà sto solo passeggiando.
Eccomi. Il porticato esterno è il mio posto preferito. Il luogo dove posso respirare il mio passato.
Questo luogo è diverso dal paese dove sono cresciuta.
Mia madre ed io, strette sotto lo stesso scialle, dormivamo tra piccole pareti bianche e il canto dei salmi ci svegliava.
Mio padre non ci amava, per questo eravamo lontane.
Noi eravamo il ricordo della sua colpa.
Mio padre mi regalò un anello con incisi il mio nome e il suo casato, ma mi cacciò via lo stesso.
Arrivò il giorno che la morte portò via mia madre. E stava per portare via anche me.
Odiavo Dio, che mi aveva portato via l'unico amore che avevo.
E forse per questo arrivasti tu.
Era buio, me lo ricordo e il freddo stava incatenando il mio cuore.
I miei occhi si aprirono e ti vidi distintamente.
Pochi secondi. I più potenti di tutta la mia vita.
Ed ora sono qui a guardare la laguna.
Venezia, ricca e malinconica, la città di mio padre, il doge.