L'arrivo dell'ora solare mi mette la depressione, è così da sempre, fin da quando ero bambina e mia madre mi faceva smettere di giocare in cortile per rientrare a casa prima. Sì, devono stare proprio lì le radici di questo mio odio per l'ora solare, nella voce di mia madre che, nel buio, gridava: "Mariannaaa!!!" E forse anche nell'umidità che saliva dal giardino e penetrava nelle ossa, insieme ai primi freddi.
Eppure anche l'ora solare ha un suo lato positivo e cioé che almeno, quando arriva, si dorme un'ora in più e per me le ore di sonno sono un bene rarissimo, un valore inestimabile.
Da venerdì, quindi, pregustavo la lunga dormita ma, mentre dormivo tranquilla e beata, è suonato il telefono. Era mia madre, Mino ha risposto e poi mi ha passato la cornetta.
"Non sai quanto ho tentato di chiamarti sul cellulare, ma era sempre spento!" ha strillato mia madre con voce agitatissima.
Certo che il cellulare era spento, l'avevo spento io in previsione di una lunga e piacevole dormita, ma, a quanto pareva, le cose erano andate diversamente.
"Meno male che c'era Sofia, ci ha accompagnato lei al pronto soccorso!"
"Al pronto soccorso? E cos'è successo?"
"E' successo che tuo padre è andato a correre ed è stato morso da un cane!"
Ho soffocato un gemito.
"Da un cane? E quando? E com'è successo?"
Mio padre è uscito di casa verso le sette e trenta di mattina, c'era nebbia e faceva parecchio freddo, nonostante questo sia un ottobre particolarmente mite, ma lui indossava lo stesso i calzoncini corti e la maglietta a maniche corte. Aveva iniziato a correre già da qualche minuto, quando ha sentito un dolore lancinante al polpaccio e ha lanciato un urlo disperato, mentre si accorgeva di un bassottino che, con un balzo, gli aveva addentato il polpaccio e non accennava a staccarsi. Appena è riuscito a riaversi, mio padre ha afferrato il bassottino e l'ha staccato dal proprio polpaccio in malo modo, gettandolo a terra.
La proprietaria del cane si è arrabbiata come una furia, ha urlato che mio padre faceva tante storie per niente e ha giurato che l'avrebbe denunciato per aver scaraventato a terra in quel modo il suo piccolo cagnolino. Mio padre è rovinato a terra agonizzante e, con il cellulare, ha chiamato mia madre, che ha tentato di chiamare me e Isabella inutilmente, prima di riuscire a trovare Sofia. Insieme si sono precipitate al parco e hanno accompagnato mio padre al pronto soccorso.
"E ora?" ho chiesto.
Mia madre ha sospirato, nel solito modo da Gesù Cristo che porta la croce.
"Ora è sdraiato a letto, con la gamba appoggiata ad un cuscino e si lamenta," si capiva che la cosa la infastidiva molto.
"I tuoi ne combinano sempre una!" ha detto Mino quando ho riattaccato e gli ho raccontato l'accaduto.
Questa frase mi ha fatto imbestialire e lui dovrebbe saperlo: detesto che qualcuno critichi la mia famiglia, anche se a farlo è Mino e anche (anzi soprattutto) se ne ha tutte le ragioni.
Ho cucinato e pulito la casa di fretta e furia per andare dai miei genitori.
Quando sono arrivata, Isabella e Sofia erano già lì e mia madre mi ha aperto la porta con l'espressione da "Sei arrivata per ultima". Beh, una delle tre doveva pur arrivare per ultima, ho pensato entrando.
"Che faccia stanca hai!" mi ha detto lei.
"Non sono riuscita a dormire," ho risposto sgarbatamente.
"Sei anche ingrassata," ha aggiunto.
E' vero, me ne sono accorta anch'io, sono ingrassata almeno un chilo, me ne accorgo ogni volta che indosso una gonna e mi stringe sui fianchi, e anche oggi quando ho messo i pantaloni neri e li ho sentiti troppo aderenti sulle anche. E' una cosa che mi dà sui nervi ogni volta che me ne rendo conto e sarebbe già abbastanza fastidioso senza che mia madre me lo ricordasse. Invece lei me lo ricorda, sembra che i suoi occhi siano sensibilissimi al mio peso.
"Eh sì, sei ingrassata un chilo buono e tutto nel sedere!" ha rincarato la dose. "Che peccato!"
"Colpa tua," ho detto, "quando ero tornata dalle vacanze avevi detto che ero troppo magra e io mi sono messa a mangiare come una disperata."
Le ho voltato le spalle e sono andata in camera da letto, dove mio padre era sdraiato, con la gamba appoggiata sul cuscino e un piccolo, minuscolo livido della stessa misura della bocca del bassottino. Le mie sorelle erano sedute ai lati del letto e, con espressioni tristi, ascoltavano i suoi lamenti.
"Ciao papà, come va?" ho detto.
"Malissimo Isabella," ha detto lui e ho pensato che almeno non si era accorto che ero stata io l'ultima ad arrivare.
Mio padre si è lamentato a lungo, perché il livido gli faceva male e perché ha dovuto prendere l'antibiotico per scongiurare il rischio di tetano. Le mie sorelle ascoltavano con aria mesta.
Ho guardato fuori dalla finestra, in cerca di uno spiraglio di luce ma fuori era già buio pesto.
Quando mia madre è entrata nella stanza ha detto:
"Speriamo che la proprietaria del cane non lo denunci per il maltrattamento!"
"Addirittura?" ha chiesto Isabella.
Una buona notizia dietro l'altra, ho pensato io.
"E se la denunciassimo noi per il danno di papà?" ha chiesto Sofia illuminandosi. "Ha un grosso livido, ha dovuto prendere l'antibiotico che gli ha devastato lo stomaco..."
Ho guardato il livido sulla gamba di mio padre, senza capire come si potesse ritenerlo una cosa seria.
"Ottima idea!" ha detto Isabella e anche lei si è illuminata.
"Non diciamo sciocchezze!" ha detto mia madre e, mio malgrado, sono stata costretta a darle ragione.
Mio padre ha scosso la testa, con gli occhi chiusi, lamentandosi in una sorta di litania.
Ho pensato che era domenica, che l'avevo aspettata tanto, per sette lunghi giorni, che avrei dovuto dormire e invece ora non vedevo l'ora che fosse lunedì. Domani dovrò svegliarmi presto e rimpiangerò anche questi momenti, trascorsi al capezzale di mio padre, con mia madre e le mie sorelle. In quel momento però desideravo soltanto andare via.
"Devo andare," ho detto.
"Di già?" ha detto mia madre.
"Vengo con te," ha detto Sofia.
"Vengo anch'io," ha detto Isabella.
"Ve ne andate tutt'e tre?" ha detto mia madre. So cosa stava pensando: se avesse avuto un figlio maschio, non l'avrebbe certo mollata lì in quel modo, ma è stata molto sfortunata nella vita e non ha avuto nessun figlio maschio, solo tre femmine subito pronte ad andar via.
"Dobbiamo andare," ho detto, chinandomi a dare un bacio sulla guancia di mio padre.
Lui ha ricevuto i nostri baci senza aprire gli occhi, continuando la sua litania di lamenti.
"Che ore sono?" ha chiesto ad un tratto, sempre con voce moribonda.
"Le sette," ha risposto Sofia.
Lui ha aperto gli occhi e ha guardato mia madre.
"Forse è ora che vai a cucinare. A proposito, cosa mangiamo stasera?"