Di fronte a me, dopo le strisce pedonali, noto un locale con una bella insegna luminosa con su scritto “Rosticceria Siciliana.”
Nonostante mi trovo a Milano da pochissimo, oltre che per la mia città e per i miei affetti, sento una grande mancanza per il buon cibo siciliano e senza pensarci due volte, scelgo di entrare lì.
Mi accorgo fin da subito di come il pubblico esercizio, (abbastanza piccolo in termini di spazio) non presenta caratteristiche degne di nota.
Pareti e pavimento in legno, due tavoli ed alcune sedie spartane di colore verde, un bancone in vetro con un numero imprecisato di pezzi di tavola calda (arancini, cartocciate, pizza a taglio etc.) in esposizione e un registratore di cassa. A parte il sottoscritto non ci sono altri clienti.
Dietro il bancone un uomo, una donna di mezza età e un ragazzino, sicuramente i proprietari, praticamente un classico locale a conduzione famigliare.
«Buonasera!» esordisco educatamente «un arancino al ragù, un calzone fritto alle verdure, e una bottiglietta d’acqua frizzante per favore.» indicandoli con l’indice del dito.
«Buonasera a te, caro ragazzo! Che ci fa un siciliano a Milano? » mi chiede l’uomo bonariamente.
Anch’io faccio una domanda, precisamente a me stesso:
ce l'ho proprio scritto in fronte che provengo dalla Sicilia? Ad ogni modo intuisco che anche loro sono di origine siciliana.
«Provengo dalla provincia di Messina, dalle mie parti purtroppo lavoro non se ne trova, e sono venuto, come si suor dire, a cercare fortuna.» rispondo con umiltà e con un sorriso triste.
«Gioia, perché sei salito su a Milano? A parte che qui non è come tutti dicono, inoltre è una città cara, per viverci servono 1900 euro al mese.», mi spiega la signora con una voce dolcissima e dall’espressione materna.
1900 euro?
Perché mi ha specificato proprio questo importo? Poteva benissimo dirmi sulle 2000 euro o quasi 2000 euro.
Già, perché?
«Purtroppo è vero, nell’84 io e mia moglie quando aprimmo questo locale, ci rendemmo conto fin da subito di quanto è difficile vivere in questa grande metropoli» ammette il marito.
Non so che dire, avendo udito le loro brevi considerazioni, i miei propositi cominciano leggermente a scricchiolare.
«Salvatore ha solo 15 anni» seguita a dire l’uomo indicando il figlio «ma ha già le idee chiare, difatti spesso ci manifesta il desiderio di trasferirsi in Sicilia, una volta terminato il liceo, non gli piace stare qui. »
Il ragazzino mi guarda e mi sorride cordialmente.
Non so come spiegarmelo, queste persone a parte l’estrema gentilezza ed educazione, c’è da dire che i loro modi e le loro espressioni risultano così autentiche, così genuine e soprattutto sprigionano un indescrivibile calore umano.
«Buon appetito gioia, accomodati ad uno dei tavoli e mangia tranquillo» mi dice la donna sempre con dolcezza porgendomi l’ordinazione in un piccolo vassoio.
Mi siedo per divorare con gusto i due pezzi di tavola calda e posso davvero assicurare di non averne mai mangiati di così buoni dalle mie parti.
Se un giorno qualcuno mi dovesse raccontare di aver gustato ad Aosta il miglior cannolo siciliano alla ricotta della sua vita, giuro che gli crederò.
Mi sazio abbastanza, bevo d’un fiato tutta la restante acqua rimasta nella bottiglietta e mi alzo dal tavolo. È ora di andare.
Devo darmi una mossa, vorrei alloggiare al più presto da qualche parte, anche se in verità non mi sarebbe dispiaciuto rimanere a parlare ancora un po’ con queste persone particolarmente gentili.
«I vostri pezzi di tavola calda sono davvero eccellenti, i miei complimenti!» e pronto a congedarmi chiedo il conto.
Mi ringraziano all’unisono e i loro volti sono pieni di soddisfazione.
«Cinque euro!» mi risponde Salvatore, con il suo immancabile sorriso. Estraggo dal portafoglio una banconota da 5 e l’appoggio sopra un piattino vicino la cassa.
Li saluto cordialmente augurando una buona serata e vengo piacevolmente ricambiato.
«Non ascoltare mai gli altri, ascolta sempre e solo il tuo cuore, per il resto non ti preoccupare, si sistemerà tutto, non sei solo e mai lo sarai!» mi dice la donna prima di uscire dal locale.
Queste parole mi penetrano dentro, non hanno l’aria di essere solo di cortesia o comunque di circostanza, invece rappresentano molto di più, mi colpiscono.
«Grazie infinite, lei è molto buona, le sue sincere parole mi confortano e mi danno speranza» le rispondo e rivolgendomi al marito e al figlio «grazie anche a voi, siete proprio delle belle persone, tornerò sicuramente.» concludo e vengo salutano ancora più calorosamente di prima.
Uscito dal locale, il tempo appare completamente cambiato, c’è in atto una violenta grandinata. Comincio a correre a più non posso e raggiungo la mia macchina.
Una volta dentro, dopo essermi tolto il giubbotto ed acceso il climatizzatore in modalità aria calda con il chiaro intento di asciugarmi, mi rannicchio nel sedile. Decido di aspettare che si plachi, immettersi in strada adesso potrebbe essere pericoloso.
Mi arriva un messaggio su WhatsApp, è Ilaria.
Lo leggo subito. Mio dio, ma cosa…?
«Non ascoltare mai gli altri, ascolta sempre e solo il tuo cuore, per il resto non ti preoccupare, si sistemerà tutto, non sei solo e mai lo sarai!»
Le stesse e identiche parole della proprietaria della rosticceria.
Un brivido mi corre lungo la schiena e poggio una mano all’altezza del petto. Mi arriva un secondo messaggio.
«Svegliati amore, mio, svegliati mia unica ragione di vita!»
Svegliarmi… svegliarmi? Perché? La vista gradualmente si fa sempre più offuscata e infine i miei occhi si chiudono.