Finché una mattina di Dicembre mi arrivò la cartolina-precetto in cui mi veniva annunciato che dovevo essere sottoposto obbligatoriamente a visita medica dalla durata di tre giorni al distretto militare di Palermo. Superai tutti i test, anche se per poco non mi riformavano dal momento che ero troppo magro e a causa dei piedi piatti.
Una volta risultato idoneo, con trepidazione restai in attesa che venissi chiamato, ma per mia sfortuna mi arrivò qualche mese dopo una busta dal Ministero della Difesa nel quale indicava che pur essendo classe 1984, pur rientrando nell’ultimo anno di leva obbligatoria, ero esonerato per soprannumero.
Mi disperai abbastanza. C’erano tantissimi ragazzi che il soldato non lo volevano fare neanche morto e io che avrei fatto persino carte false mi avevano dispensato. Presi la decisione di partire come militare Volontario, non volevo arrendermi.
Andai a Messina al Quinto Reggimento Fanteria Aosta assieme a mio padre, per concorrere in qualità di V.F.A. (Volontario in Ferma Annuale) e non fu necessaria nessuna visita medica, in quanto l’avevo già precedentemente sostenuta e quindi valida. Mi limitai soltanto a compilare dei moduli. Era il Maggio del 2004.
Non dissi nulla ai miei datori di lavoro, sapevano che non dovevo più fare il militare di leva e si erano progettati di farmi marcire in quel negozio di merda nei secoli dei secoli, e giustificai la mia assenza mattutina con una radiografia al ginocchio.
Li lascia gracchiare, dovevo assolutamente cambiare aria.
Mi fecero scegliere la destinazione e optai proprio per la caserma stessa in cui avevo compilato i moduli, in questo modo a parte prestare servizio vicino casa, avrei risparmiato molti soldi.
Altro vantaggio fu che a differenza della leva a livello di retributivo sarei stato pagato meglio, senza il rischio di chiedere aiuto a mio padre tramite versamenti in caso fossi rimasto al verde e avrei percepito persino anche di più di ciò che mi davano quei spilorci per cui lavoravo, ossia 500 euro contro i maledetti 200 euro.
Strinsi i denti, sapevo che prima o poi mi avrebbero chiamato e buonanotte ai suonatori. Nel frattempo con la salute mi ripresi abbastanza, ero ingrassato di dieci chili, ripresi colorito e ritrovai seppur gradualmente l’energia che mi mancava.
La chiamata tanto attesa arrivò quasi al termine dell’estate, una mattina del 4 settembre 2004, in cui il Quinto Reggimento Fanteria Aosta di Messina mi invitava a raggiungere la caserma in data 14 settembre 2004 per prestare servizio dalla durata di 12 mesi e con la possibilità al termine, di raffermare altri 6 mesi. Andai in sollucchero, anche i miei famigliari erano troppo felici per me, ringraziai Dio, altri dieci giorni e sarei stato un militare dell’Esercito Italiano.
Comunicai nel pomeriggio la notizia agli “ebrei” e aggiunsi che non avrei mai più lavorato per loro e che avevano circa dieci giorni per provvedere a cercarsi un altro.
Rimasero profondamente sconvolti, l’unico a parlare, anzi a bestemmiare fu il signor Gino.
Non se lo aspettavano, erano fortemente convinti che non sarei mai più partito militare.
Spiegai a loro che non stavo partendo di Leva, ma bensì Volontario, sprigionando contentezza da tutti i pori con espressioni molto compiaciute e soprattutto gloriose . Mi guardarono con odio. Ancora oggi al solo pensarci mi vien da ridere, si resero conto che non solo non avrebbero mai più trovato un “mulo albanese” come me, ma anche del fatto che avevo agito all’oscuro di tutti loro.
Nei dieci giorni a seguire, tentarono in tutti modi di stracaricarmi di lavoro, il tutto mirato a farmi sfiancare. Questa fu la loro vendetta.
Ma si rilevò tutto inutile, avevo la forza di un rinoceronte, la grinta di un leone e la pazienza di un ragno. Avevano perso e io avevo vinto.
Sabato, tre giorni prima della partenza, fu il mio ultimo giorno di lavoro, mi pagarono e mi diedero 220 Euro. Quei 20 euro in più mi furono regalati dalla proprietaria.
Ovviamente avendo lavorato in nero non mi toccò nessuna liquidazione, e quindi mi dovetti accontentare di quella merdosa e sudata banconota. Li salutai ad uno ad uno (la signora Ada inaspettatamente si commosse) e con la promessa da parte mia che sarei andato qualche volta a trovarli. Non ci andai mai più.
Passarono due mesi, nonostante la dura vita militare con il suo rigido Regolamento di Disciplina Militare, mi ritenni molto soddisfatto e fiero della scelta intrapresa.
Molti miei ex commilitoni decisero di mollare e si fecero congedare già dopo le prime due settimane di addestramento, mentre io sempre più motivato andavo avanti e mi avviavo a diventare giorno dopo giorno più forte e risoluto.
Io fante Giuseppe Scilipoti, Quinto Reggimento, primo Battaglione, Terza compagnia Veleno, ero riuscito a reagire e a cambiare le cose, contribuendo a farmi crescere moltissimo.
Durante una licenza breve tornai nella mia città, ero in uniforme drop, e prima di avviarmi verso casa, tolsi il basco dalla testa ed entrai in un bar per prendermi un caffè. Al bancone trovai Mario Palazzo alias Mario Simoni e fu molto sorpreso nel vedermi.
Mi fece un sacco di domande, se stavo bene, se mi piaceva, e del perché non ero passato a trovarli. Tagliai corto limitandomi a dire che raramente scendevo a Barcellona Pozzo di Gotto e che tutto mi girava bene. Non volle credermi, probabilmente interpretò il mio sguardo duro e serioso a modo suo. Bevemmo due caffè, volli offrire io.
Ad un certo punto Mario ebbe l’imprudenza di deridermi:
«Ma chi te l’ha fatto fare? Li in caserma ti fanno fare la botta e il culo quanto una capanna! Ammettilo: ne stai passando di tutti i colori!» mi disse in tono canzonatorio e battendomi odiosamente le dita a stecca.
Lo guardai intensamente per un attimo e gli risposi secco:
«La botta l’ho fatta da voi, in confronto la vita militare è una vacanza, finalmente posso dire di avere dei soldi in tasca, e ho pure quasi tre giorni liberi nel fine settimana. Una pacchia!»
Mi guardò stupito, gli tremava il labbro, gli succedeva ogni qualvolta qualcuno gli parlava schietto.
«E ora scusami, sono in licenza e ho un sacco di tempo da recuperare, tutto il tempo perso da voi» conclusi, per poi voltargli le spalle senza salutarlo.
Uscii dal bar, sotto un piacevole sole del primo pomeriggio di fine Novembre. Rimisi il copricapo militare in testa. Sorrisi soddisfatto.