Solo un’ altra ancora. Una soltanto. Giura a se stessa che è l’ultima fetta di torta.
Sapore dolciastro che invade il palato. Lo zucchero che entra in circolo.. Sensazione di pienezza.. Voglia di vomitare.
Ancora ed ancora.. In fondo ne ha mangiate solo tre.. Solo tre.
Sapore dolciastro che invade il palato.
Voglia di vomitare.
Ma Maria non vomita mai. Mai.
È tardi, Maria deve andare a lavorare.
Si alza pesantemente dalla sedia sfondata, che cigola rumorosamente. È meglio avviarsi, altrimenti farà tardi.
Incrocia sul pianerottolo la sua vicina di casa.. Il suo sguardo triste. La sua aria distratta. Si salutano con un cenno. Le pare di ricordare che si chiami Giulia, e che sia un’infermiera del 118.. Ma non è sicura. E poi che le importa?
Scende faticosamente le scale, e si dirige alla sua macchina. Grigio il cielo sopra di lei.. grigio l’asfalto.. grigia la sua auto. Con gesti meccanici entra in macchina. Allaccia la cintura ed è pronta.. quasi pronta. Forse per farsi coraggio e affrontare bene la giornata serve ancora un piccolo spuntino. Fruga nella sua borsa.. Ma dove l’ha messa? Ah eccola.
E mentre fa retromarcia azzanna la sua tavoletta di cioccolato preferita, quella con le nocciole.
Sapore dolciastro che invade il palato.
Voglia di vomitare.
Ma Maria non vomita mai. Mai.
Un’altra giornata. Interminabile. Stressante.. Vuota.
Maria è insegnante di matematica in un professionale. Maria fa questo lavoro da vent’anni.. tanto. Troppo. Maria odia il suo lavoro.. Odia i suoi allievi.
Le fanno paura.
Ogni mattina entra in classe e con gesti lenti, sempre uguali, si prepara alla sua agonia giornaliera. Si siede pesantemente alla cattedra. Tira fuori i suoi occhiali dalla borsa.
Apre il registro. E li guarda con malcelato odio.
C’è Riccardo, lo scugnizzo modaiolo tutto tatuato. Arriva tutte le mattine in ritardo, con le sue cuffie enormi che sputano fuori un’ orribile musica (rap, le sembra che si chiami rap). Entra in classe, il volume al massimo, e con la sua andatura dinoccolata si dirige al banco. Lancia lo zaino per terra, saluta rumorosamente i suoi compagni, e la guarda, con aria di sfida, e senza degnarla di un saluto si accascia sulla sedia, sdraiandosi letteralmente sul banco.
Voglia di vomitare.
Ma Maria non vomita mai. Mai.
C’è Rebecca.. Rebecca, la diva della scuola.. Rebecca, quella che tutti ammirano, e che quando passa si girano tutti a guardarla.
Persino i colleghi.
Fisico da modella, sempre firmata da testa a piedi. Entra in classe e con passo sinuoso si dirige al banco, sculettando, e suscitando immancabilmente i commenti sboccati dei compagni.
Voglia di vomitare.
Ma Maria non vomita mai. Mai.
C’è Laura, sempre vestita di nero.. Entra veloce, il cellulare un prolungamento della sua mano. Lo tiene perennemente con sé, muovendo le dita velocemente per digitare Dio solo sa che cosa sullo schermo touch screen dell’ultimo modello di I phone, probabilmente comprato a rate dai genitori. Alza leggermente la testa, il volto illuminato dal display. La guarda con aria di scherno, e ovviamente non la saluta.
Voglia di vomitare.
Ma Maria non vomita mai. Mai.
C’è Shady.. ragazzo marocchino un po’ timido e sempre silenzioso. Il volto scolpito, la carnagione dorata.. Occhi scuri, profondi, e (deve ammetterlo), molto belli. Ecco, lui forse è l’unico che Maria non teme.. Sarà perché non dice mai niente.. Si siede al suo banco, saluta i compagni con un cenno. Solo i compagni, però. Lei, la prof., non la vede proprio.
Voglia di vomitare.
Ma Maria non vomita mai. Mai.
C’è Alessia, alta e atletica.. Indossa sempre una tuta da ginnastica dai colori improbabili. Entra con passo deciso, saluta allegramente i compagni, (ma cosa avrà sempre da ridere..).. si siede al banco con aria divertita, ed anche lei, inutile dirlo, non si degna minimamente di salutarla.
Sono in tanti, nella classe terza B.. Rumorosi e incomprensibili. Sfacciati e maleducati.. E distratti. Le sue lezioni scivolano loro addosso come acqua che scorre sotto una doccia. E lei non se ne cura.
Inizia a spiegare con voce monotona e priva di inflessioni. Scrive alla lavagna con gesti precisi e sempre uguali, e mentre lo fa sa che dietro di lei succede il finimondo. Ma non se ne cura.. Che facciano quello che vogliono, tanto per lei sono tutti dei falliti.
C’è stato un tempo, ormai lontano, in cui amava il suo lavoro e lo faceva con passione. Poi , la vita, le vicissitudini, la solitudine, hanno scavato dentro di lei irrimediabili solchi di apatia.
Gli anni sono passati lenti e inesorabili. I volti dei suoi allievi passati sono evaporati come la nebbia del mattino, e lei si è ritrovata lì, sola e stanca, a combattere quotidianamente battaglie che sa bene essere già perse in partenza.. Battaglie che non ha più la voglia, né le forze per affrontare.