A volte mi chiedo cosa voglia dire amare? Forse non sempre basta l'idea romantica che porta con sé tutta l' esternazione del nostro sentimento verso qualcuno, che nel corso della vita, inaspettatamente, si è incontrati e ha scatenato dentro il nostro corpo ormoni tali da ricercare la realizzazione della nostra riproduzione come frutto dell'unione procreativa. C'è di più, perché l'amore implica affetto, rispetto, donazione incondizionata, fiducia, tutti atteggiamenti e realtà che ci proiettano verso l'appagamento dei nostri desideri e la realizzazione del nostro progetto di felicità. Eppure, quando tutto questo è realizzato, ci si accorgi che quello, che un giorno ci convinceva, a poco a poco, si affievolisce, si degrada in quanto la routine ha preso il sopravvento e la depressione, che avanza perché il tutto non lo soddisfa come lo appagava un tempo, logora le certezze e genera malessere e la distorsione della nostra visione. Nelle fasi della vita, adolescenza, giovinezza, maturità, senescenza, il nostro modo di rapportarci agli altri cambia. E capita anche che quello di cui si era convinti in un tempo passato, lo scambiarsi promesse di eterno amore, sì, ....eterno amore...,svanisce fra la polvere delle mille preoccupazioni, delle mille esperienze. Il malessere prende il sopravvento e se prima non cominciava a non riuscire più a dare amore, diventa una voragine d'anima, che fa chiuderci in noi stessi, delusi e sconfitti. E' che ci eravamo fatti un'idea del nostro coniuge distorta e personale, era come noi avevamo pensato fosse, perché accecati dalla passione e non avevamo preso in considerazione che chi ci eravamo messi accanto fosse così come avremmo voluto che fosse. A poco a poco tutta la realtà esce fuori. E scopre che noi avevamo sposato non chi ci amava davvero ma chi ci sembrava fosse la realizzazione del nostro sogno, la completezza della nostra carnalità, la compagna delle nostre emozioni. Allora cominciamo a sentirci in trappola nella trappola pirandelliana perché quello di cui abbiamo bisogno ci viene vietato, in nome del nostro egoismo che porta a chiudersi all'amore e a non donarsi come era un tempo. Ci si guarda attorno.E l'odio prende il posto dell'amore, che ritroviamo negli altri come appagamento della felicità ma non più nella nostra relazione. Come belve inferocite ci si comincia a graffiarsi, si vivono condizioni di sofferenza quotidiana, di chiusura al dialogo e si piange, ci si dispera nel monologo, nella solitudine esistenziale, pur essendo attorniati da chi credevamo di amare. E cos'è allora quell'amore? Non avevamo capito niente! Ma eravamo tanto convinti di aver trovato l'amore eterno, che assieme avevamo costruito il nostro,progetto, affidandoci l'uno all'altra, dichiarando davanti a tutti e a Dio di sostenerci a vicenda nei momenti bui della vita, di aiutarci e di confortaci per gioire nel tempo della gioia e piangere sempre assieme nel tempo del pianto. Non avevamo tenuto conto, che, essendo creature fragili, avremmo potuto dimenticare la preziosità di chi ci stava accanto, di chi aveva un tempo deciso di condividere il cammino di vita, il pezzo di pane e di cercare di realizzare il nostro comune legame. Ci si può perdere nella vita, si può smarrire il senso della nostra condizione e si convive con un estraneo/ a, che è lì, ma è come se non ci fosse. Poveri noi. Poveri noi. E cos'è allora l'amore se non davvero un' illusione foscoliana? Tutto finisce nella polvere e quel bacio che ci eravamo promessi di darci si tramuta in flop esistenziale. Naufraghi dell'amore affondiamo, inesorabilmente e solo se recuperiamo il suo vero significato potremmo ritrovarci a cercar di cogliere quel raggio che si allarga fra le nubi della nostra tempesta.