Senza musica, la vita sarebbe un errore.
F. Nietzsche
Marcel K., 34 anni, operatore di borsa di Montgomery, Alabama, segno zodiacale Gemelli, gruppo sanguigno B positivo, è nato con una peculiare condizione fisica: la cosiddetta Miringite esplosiva di Akita-Johnson. La malformazione della sua membrana timpanica, irreversibile, è tale da impedirgli l’ascolto di più di una canzone al giorno, pena un edema cerebrale massivo (il cervello del malcapitato esplode come un palloncino pieno di ragù bollente) e di conseguenza la morte istantanea.
“La precisione di questo meccanismo” scrisse il suo scopritore, Masamune Akita, nel 1947, “È tale a farmi sospettare – per non dire temere – l’esistenza di un dio capriccioso e crudele.”
La vita di Marcel non è, comunque, tanto più complicata di quella degli altri. Evita le balere e i festival musicali giovanili come può. Piuttosto che salire su uno di quei tristi ascensori con la musica da camera in sottofondo preferisce scalare i sedici piani del palazzo di casa sua a piedi. Per ogni evenienza ha sempre sottomano dei pratici tappi per le orecchie di gomma morbida, in caso rimanesse bloccato nel mezzo di qualche manifestazione o festival o carnevale improvvisato. È depresso tutto il giorno se l’autista del taxi su cui sale per andare a lavoro mette alla radio qualcosa che non gli piace.
La sua è anche, come le nostre, una vita fatta di piccole, insignificanti soddisfazioni. Quando riesce ad arrivare a fine giornata senza aver ascoltato nulla si chiude nel suo appartamento sulla 34ª, si leva le scarpe con un grugnito di piacere, si prepara uno scotch & soda e mette su il “White album” dei Beatles. Dopo dodici anni è arrivato a “Savoy truffle” (la traccia numero 8 del secondo disco) e ha già deciso che una volta finito lo ascolterà ancora, e ancora, e ancora, e poi ancora.
Questa storia ha tre finali alternativi:
FINALE 1.
Marcel, grazie alla sua olimpica forza di volontà, vive fino a centosessantadue anni, riuscendo in questo modo ad ascoltare tutta la discografia dei Beatles.
FINALE 2.
Il broker è in realtà un truffatore. Alla fine di un lungo processo per estorsione, falso ideologico e appropriazione indebita, il giorno prima della sentenza Marcel si suicida infiltrandosi al Loveparade di Berlino.
FINALE 3.
È autunno a New York, le foglie ingialliscono tristemente sui rami degli alberi e Marcel K. si sente solo. Una sera, dopo il lavoro, va a bersi un drink in un piccolo pub quasi sempre vuoto sulla Avenue of Americas. Il barista lo conosce, e quando c’è lui evita di metter musica. A una cert’ora nel locale entra una ragazza bellissima, con una cascata di capelli scuri che sboccia da un cappellaccio da cowboy e due gambe che sembrano destinate a non finire mai. I due cominciano a chiacchierare del più e del meno. Gli occhi di lei, castani di una sfumatura color miele che ingannerebbe anche l’ape più esperta, scintillano alla luce riflessa delle spine di ottone e dei quattro juke-box psichedelici spenti. È felice perché ha appena finito di registrare I bisonti del mio cuore, il suo secondo LP country.
« Io sono Zoraide Glock » dice lei, con un sorrisone che insegue le sue gambe, ovunque siano dirette.
« Piacere di conoscerti » dice Marcel, che non l’ha mai sentita nominare. « Il primo come si chiama? »
« Sulle piste dell’anima. Il singolo è stato in radio per tre settimane. »
« Mi spiace, non lo conosco » ammette lui, desolato.
« Oh » dice la ragazza, lievemente delusa.
« Il mio pezzo preferito è Se Bufalo Bill fosse stato un bufalo » dice il barista, che ovviamente è un suo grande fan.
La conversazione langue per un po’, e si conclude con Zoraide che prende il soprabito ed esce dal locale in silenzio, vagamente annoiata. Il broker resta a bere da solo fino all’alba, quando alla fine, tra i fumi etilici, ha un’illuminazione: sono le sei del mattino, la giornata è appena cominciata. Convince il barista a prestargli l’LP della ragazza e scappa a casa deciso ad ascoltare almeno una traccia, un pezzo, una canzone.
« Una basterà » si dice, tergendosi il sudore dalla fronte. « Dovrà bastare. »
Dalla copertina, la cantautrice che gli ha rapito il cuore gli sorride in modo misterioso, tenendosi con due dita il cappellaccio da cowboy mentre tenta di domare uno spaventoso stallone nero. Fa partire il disco e si stende sul letto, con le mani dietro la nuca. Purtroppo, la musica è noiosissima: Zoraide canta con voce atona e assolutamente insignificante, gli arrangiamenti stridono e il chitarrista ritmico andrebbe sottoposto ad un doloroso trapianto di mani. Insomma una delusione. Mentre Marcel scivola fatalmente in un breve sonno agitato, dimenticando lo stereo acceso, non può fare a meno di pensare agli occhi luminosi della ragazza, alle sue gambe interminabili, ai suoi occhi color miele.
È il suo ultimo pensiero.