C'era una volta... a Milano, sotto la metrò, fermata San Babila, una libreria; una libreria atipica, non come quelle odierne alle quali siamo abituati. I libri erano posizionati su grezze tavole a muro ma sopratutto accatastati in pile precariamente in bilico sul pavimento: sembravano in attesa di prendere la metrò per la loro ultima destinazione. Libri di ogni genere: collane di romanzi rosa, gialli, avventure, libri sacri, scientifici, esoterici, saggi antichi e moderni e molto più. Il proprietario, un tipo singolare con folti e lunghi capelli che si allungavano fino a coprire una barba acconciata in treccine, stava seduto a un banco dal quale controllava ogni cliente. Quale criterio usasse nel dislocare i libri non saprei, tanto che lui trovava facilmente ogni libro richiesto; si poteva altresì aggirarsi tra le pile di libri e scegliere personalmente.
Un giorno Silvana si trovò a passare dalla fermata di San Babila e rimase affascinata nel vedere un siffatto negozio.
Silvana era una ragazza di quattordici anni, non era felice, non si piaceva, aveva un modello di riferimento nel quale non si ritrovava, non le piaceva la famiglia dove la mamma la esortava continuamente, dove i fratelli la canzonavano, non le piaceva la scuola dove i ragazzi la facevano oggetto di bullismo, le compagne la evitavano definendola una sfigata, i professori non erano pazienti con lei perché poteva dare di più e lei dava il minimo. Del resto lei non faceva nulla per essere simpatica: vestiva abiti fuori moda ed ampi nei quali si nascondeva, non parlava se non quando indispensabile e aveva sempre il viso imbronciato; non aveva interessi se non per quei libri di avventura che comprava ogni settimana in quella tipica libreria che tanto l'affascinava.
Quando tornava da scuola buttava la borsa dei libri in un angolo, saltava sul letto col libro preferito e si immergeva nella lettura così profondamente da vivere la vita dei personaggi: viaggiava con loro, soffriva e gioiva con loro, dimenticava se stessa e la sua triste vita salvo ritornare imbronciata quando richiamata alla realtà.
Come ogni settimana si ritrovò in libreria. Le piaceva aggirarsi tra le pile di libri, sentirne l'odore e immaginare che tutte le parole scritte fossero lì per lei. Aggirandosi inciampò in una pila di libri di filosofia dove sporgeva un angolo di un piccolo libricino, si incuriosì e tenendo ferma la pila con la mano sinistra lo sfilò piano piano con due dita.
Un libricino di poche pagine dalla copertina giallo vivo come il sole e dal titolo in grassetto : "La scala delle emozioni". Pensò che fosse stato fatale inciampare e lo comprò.
Durante il tragitto per casa sentiva un'emozione mai provata prima.
Si buttò sul letto ed iniziò a sfogliare e a leggere; era sicuramente un argomento difficile ma Silvana era comunque intelligente e a ogni parola il suo viso si illuminava. Vi erano descritte tutte le emozioni del genere umano in una scala che andava da un punto superiore a un punto inferiore, dove il punto superiore era ENTUSIASMO e il punto inferiore era MORENTE. La scala era descritta in questo modo:
Entusiasmo
Allegria
Forte interesse
Conservatismo
Leggero interesse
Noia
Antagonismo
Ostilità
Collera
Dolore
Odio
Risentimento
Ansia
Paura
Disperazione
Terrore
Afflizione
Vittima
Apatia
Morente
Con tutte le dicotomie più e meno fra ogni gradino dove Antagonismo era la linea di demarcazione tra salute mentale e follia.
Apprese che queste emozioni erano comuni a tutti gli uomini e che secondo gli accadimenti della giornata ognuno si poteva trovare sui gradini inferiori salvo risalire velocemente al di sopra di antagonismo; era folle rimanere a lungo, forse per anni, preda delle emozioni negative, la vita ne avrebbe risentito.
Diventò spettatore di se stessa, il più delle volte su odio, risentimento, ansia, afflizione e vittima; si misurò ogni giorno ed adottò le misure necessarie per cambiare rotta. Anziché crogiolarsi nelle basse emozioni pensando ad esse continuamente e così alimentandole con la sua energia mentale, cambiò i pensieri e diresse l'energia su immagini ed avvenimenti piacevoli: musica, letture, passeggiate ed altri espedienti che cambiavano il suo umore su interesse e gioia.
Il viso si addolcì, il sorriso ritornò ma... ancora un cruccio la tormentava: essere vittima dei bulli della scuola. Non era cosa da poco, non bastava cambiare pensieri ma occorreva un punto di forza.
Si vestì come una vera teenager e si eresse in tutta la sua persona; decisa si avvicinò al capo dei bulli e gli assestò due manrovesci sul viso, poi se ne andò.
Fu tale la sorpresa che rimasero allibiti.
Finalmente si era sollevata dal gradino di eterna vittima.
Ritornò l'interesse per la scuola ed ebbe ammirazione ed amicizia.
Ora conosceva! Ogni volta che avvenimenti sgradevoli la facevano ruzzolare per la scala emozionale tornava spettatore delle sue emozioni e vi poneva rimedio.
Il brutto anatroccolo si era trasformato in cigno.
La vita le sorrideva perchè lei aveva sorriso alla vita.