“Si che si può recuperare, dopo lo faccio!” mi rispose mio padre, mentre era impegnato ad accendere il fuoco del cammino per cucinare. Poi aggiunse: “Smetti di piangere e vai a fare i compiti di scuola per domani. Quando sarà pronta la cena troverai Palombito aggiustato, ma la prossima volta che un piccione ti fa arrabbiare limitati a sgridarlo”.
All’ora di cena chiesi subito dov’era il mio piccione e se fosse riuscito ad aggiustarlo. Papà mi rispose che ce l’aveva fatta, ma Palombito, arrabbiato e impaurito era scappato per evitare che io potessi fargli nuovamente del male.
Poi mi rassicurò dicendo: “ Vedrai che quando gli passerà lo spavento tornerà, intanto addestrane un altro in attesa del suo ritorno”.
Casualmente diedi un’occhiata al cammino, c’erano tre piccioni che cuocevano, allora non ci feci caso ma, se avessi guardato bene, probabilmente, avrei notato che ad uno dei tre mancava la testa.
La storia che papà avesse aggiustato il piccione riattaccandogli la testa non mi convinceva completamente, ma decisi di crederci per evitare di scoprire verità ancor più dolorose.
Da quel giorno diventai più tollerante con i miei piccioni, quando mi lasciavano “regalini” continuavo ad arrabbiarmi molto, ma mi limitavo a sgridarli.
Un giorno Palombita, il piccione femmina, ormai anziana, non riuscì a completare il viaggio di ritorno a casa e mia mamma quando mi vide arrivare, senza averla avvisata, mi chiese spiegazioni. Ipotizzammo che la causa fosse un falco che aveva approfittato della lentezza della mia “postina”, riconoscendola una facile preda, oppure che avesse avuto un problema ad un’ala che l’aveva fatta precipitare.
Decidemmo con papà di non lasciarli in volo durante la “vecchiaia”, ma di sostituirli prima.
Palombita II prese il posto della prima. Continuai cosi finché un giorno, parecchi anni dopo, tornato a casa non vidi i piccioni volarmi incontro come al solito, ma ebbi la terribile sorpresa di trovarli sullo spiedo nel camino. Arrabbiatissimo cercai mio padre e subito gli chiesi spiegazioni. Lui rispose tranquillamente: “ Non hanno superato la revisione e poiché devono volare sopra il paese, non hanno più le garanzie di sicurezza necessarie; sarebbero potuti cadere addosso a qualcuno, creando danni.” E mentre diceva questo sembrava più interessato alla cottura dei miei fedeli collaboratori, che alla mia preoccupazione.
Allora gridai con tutto il fiato che avevo: ”No papà Fermati! Non mettere tutto quel sale, altrimenti, dopo, riesci a mangiarli solo tu!”.
………..
Molti anni dopo mi trovavo a Milano, e mentre aspettavo alla fermata del tram, sentii un leggero urto sulla spalla sinistra, guardai e vidi la “patacca” di un piccione. Questo mi riportò alla mente la mia infanzia e gli scherzacci che Palombito mi faceva.
Presi seriamente in considerazione l’ipotesi che fosse lui, che per caso si trovava li e, vedendomi da lontano, mi avesse mandato un segnale inequivocabile della sua presenza. Da quando l’avevo visto l’ultima volta erano passati ormai dieci anni, Palombito poteva essere ancora vivo, oppure poteva essere stato il figlio a cui aveva raccontato di me e degli scherzi che mi faceva in gioventù. Se quel piccione fosse stato veramente lui, sarebbe stato un incontro meraviglioso. Lo cercai in cielo ma non lo vidi, allora corsi a comprare del mais, dato che era il suo cibo preferito e lo tenni in mano con la speranza di vederlo arrivare.
Purtroppo però si avvicinarono solo alcuni passerotti che, dopo qualche iniziale diffidenza, ne approfittarono per mangiare, ma del mio vecchio amico neanche l’ombra. Aspettai ancora, non volendomi rassegnare, parecchie ore e a notte inoltrata sconsolato mi resi conto che la mia era solo fantasia e, deluso, mi incamminai verso casa.