L’amicizia con Don Eduardo era ormai consolidata, da lungo tempo ero diventato un assiduo frequentatore del Buenos Aires Café.
Mi fermavo per un caffè o un bicchiere di rum, leggevo le mie poesie e insieme a lui le commentavamo. Don Eduardo aveva sempre un occhio e un orecchio di riguardo per i miei scritti: quando mi chiedeva di leggergli qualcosa chiudeva gli occhi e apriva il cuore, così diceva, perché le parole di un poeta, specie se è uno che si guarda dentro prima di guardare fuori, meritano tutta l’attenzione che poteva darmi. Non so come ci riuscisse, ma aveva la capacità di leggermi dentro.
Del resto gli leggevo degli scorci della mia vita quindi non penso che fosse poi così difficile.
Una sera Don Eduardo mi disse che mi avrebbe insegnato alcune pratiche per gestire le emozioni e per acquisire la calma e l’incontro con se stessi.
«Se lo desideri, posso farti incontrare con una parte di te che hai perduto o che forse non hai ancora ascoltato. Se ti va possiamo provare…» si propose Don Eduardo un pomeriggio dei tanti passati al Buenos Aires.
«Certo, perché no?» risposi entusiasta.
«Frena lo spirito ragazzo, prima bisogna prepararsi e anche quello è un lungo percorso, non lo sai quello che potresti vedere o sentire, perciò dovremmo temprare il tuo io se vorrai incontrare il tuo te superiore…» concluse enigmatico l’uomo.
«Non credo di averti capito bene…» dissi interdetto.
«Lo farai presto, stanne certo» disse dandomi una pacca sulla spalla.
Per un certo periodo Don Eduardo mi fece fare vari esercizi, che come mi aveva spiegato erano volti a riallineare i miei centri energetici, poi mi fece fare un po’ di meditazione e anche tante altre cose… ma di queste non mi è permesso parlare.
Finito questo lungo periodo di preparazione mi fece una pulizia del mio campo energetico. Dopodiché mi disse di tornare a casa e di proseguire da solo gli esercizi che mi aveva insegnato; sarei dovuto ritornare da luidopo un mese.
«Se per quel tempo sarai stato bravo nei tuoi esercizi e ligio nell’osservare i miei insegnamenti, sperimenterai una cosa nuova. Ora va’ ragazzo e non dimenticare: tu non sei quello che ieri hai deciso di essere, ma quello che oggi scegli di essere e diventare…» detto questo mi salutò con il suo solito sorriso bonario.
Ritornai a casa e feci come mi era stato detto; fu difficile mantenere la concentrazione, la mia mente mi rimandava alla criptiche parole del mio amico. Mi chiedevo se non fosse tutta una fantasia e che forse sarei dovuto stare maggiormente con i piedi per terra. Per un attimo pensai di non fare niente e ritornare da Don Eduardo senza aver fatto i miei esercizi, tanto chi glielo avrebbe mai detto che non li avevo fatti! Ma così facendo avrei perso un’opportunità e chissà forse anche il mio migliore amico.
Puntai i piedi e rimasi fermo sul mio intento di seguire alla lettera gli insegnamenti del mio caro amico.
Un mese passò piuttosto velocemente, così come da accordo uscii da casa per andare al Buenos Aires Café.
Una volta entrato vidi che c’erano due amici che parlavano seduti ad un tavolo che si gustavano il loro caffè, mentre vicino alla piccola biblioteca della sala c’era un ragazzo con una ragazza che parlavano a bassa voce.
Trovai il mio amico come al solito dietro il bancone del bar, ci salutammo con un abbraccio, mi preparò una tazza di maté.
«Te lo sei meritato amico mio. Sei stato tentato di abbandonare l’impresa ma hai tenuto duro e questo va premiato!» disse Don Eduardo mentre inseriva la bombilla nella bevanda per poi porgermela.
Bevemmo la nostra bevanda dopodiché Don Eduardo mi chiese: «Allora! Sei pronto?»
«Prontissimo!» esclamai eccitato.
«Bene. Andiamo…» disse il mio amico alzandosi dal tavolo pregandomi di seguirlo.
Salimmo le scale che si trovavano al lato del bancone del bar, arrivammo davanti ad una porta, bussò, aprì e parlo con una persona e poi richiuse la porta facendomi cenno di seguirlo.
Don Eduardo mi disse che aveva parlato con sua figlia pregandola di controllare lei il bar mentre lui era assente.
Attraversammo una porta, percorremmo un corridoio che condusse all’esterno del locale. Una volta oltrepassata, sembrava di essere entrati in una foresta, lo feci notare al mio amico che con un’alzata di spalle rispose con un semplice: «Chi può dirlo!»
Cominciavo a sentirmi un po’ a disagio, avevamo fatto qualche passo su quello che sembrava un giardino per poi finire davanti all’entrata di un bosco. Don Eduardo mi incitava a tenere il passo, io lo seguivo come meglio potevo ma il terreno non era molto pulito, c’erano sterpi e rovi ovunque. Alla fine arrivammo davanti ad una grotta.
«Qui il mio viaggio si conclude… il tuo comincia, li dentro…» disse il gestore del Café davanti all’entrata della grotta.
«Cosa!? Starai scherzando spero? E se mi perdessi e non riuscissi a trovare la via d’uscita?» chiesi preoccupato.
«C’è questo pericolo… e se dovesse accadere, faresti meglio a ritrovarti in fretta» disse sornione l’uomo.
«Entra dentro: c’è una piccola sala di pietra con un masso al centro, siediti su di esso e medita, quando hai finito concentrati e chiedi il permesso alla Pachamama di entrare in contatto con i tuoi spiriti guida, loro veglieranno su di te durante il tuo viaggio» concluse il mio buon amico mostrandomi l’entrata.
Ero spaventato, non ero più tanto sicuro di quello che volevo e questo il mio amico lo aveva percepito, e alla fine aggiunse: «Se non te la senti, non aver paura a dire di no. Le cose, belle e brutte, accadono quando si è pronti per riceverle. L’universo ti indicherà un’altra via con i tempi e modi necessari perché tu possa apprendere da ciò che sentirai…»
«No! Va bene così, se sono giunto a fare questa cammino, vuol dire che sono pronto adesso…» risposi determinato.
«Bene! Allora a dopo, io resterò qui fuori ad aspettarti, non avere fretta… gli Apu proteggono questo luogo» disse Don Eduardo con voce gentile e dolce.
Entrai nella grotta, percorsi per un buon tratto un corridoio di pietra con disegnati sopra dei simboli che non avevo mai visto prima e alla fine trovai la stanza di cui mi aveva parlato il mio amico.
Feci come mi era stato chiesto: mi sedetti sul masso al centro di quell’aula di pietra e iniziai a meditare. Sentii il respiro farsi sempre più profondo, dopodiché chiesi il permesso alla Pachamama di incontrare i miei spiriti guida; poco dopo vidi un corridoio davanti a me, una piccola luce si muoveva danzando nell’aria invitandomi a seguirla fino ad un’altra stanza, poi questa scomparve.
FINE I PARTE
Santiago Montrés