Un penny per i tuoi pensieri.

Pensi alla tua ragazza?  Pensi a cosa chiederci per cena?  Pensi all’alba che ti ghermirà?

Vedo il tuo braccio, tatuato e forte, i tendini che s’induriscono quel tanto da permetterti di afferrare la bottiglia attraverso le sbarre.  I tuoi occhi sono normali, non feroci, non ingenui, non buoni, né cattivi, solo di un comune azzurro infantile.

“Non prendere contatto”, mi hanno insegnato al corso preparatorio, “non personalizzare”, hanno detto gli psicologi.

Ti piscerai addosso, domani?  Dovrò sentire l’odore delle tue e delle mie ascelle mescolarsi nel corridoio? 

Ci sarà gente, ad assistere, di là dal vetro, gente motivata dall’odio, gente straziata dal dolore.  Io non ti odio, tu sei il mio lavoro.

Allora, domani, nel corridoio, penserò alla bambina che hai bruciato viva, penserò a quando ti ha teso le braccia – come hanno detto i testimoni – e ha invocato “aiutami”, mentre tu le gettavi addosso la benzina.  Mi chiederò, più e più volte, quanto avrà gridato, quanto avrà pianto e sofferto, me lo chiederò davanti alla tua faccia cianotica, mentre stringerò le cinghie sul lettino.

Ma quando lo stantuffo partirà, e le siringhe caleranno a una a una, io sarò uguale a te, sarò l’uomo che brucia la bambina.

Vorrei non avere pensieri stanotte, vorrei non sognare, vorrei che tu non mi rimanessi inciso per sempre nel cuore.  Soprattutto, vorrei non chiedermi se, domani all’alba, quando tu sarai morto, io sarò ancora vivo.

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