Due settimane e sua sorella si sarebbe sposata. Lita avrebbe dovuto aprire le danze, ma non lo sapeva fare. Sebbene dotata di senso del ritmo, non aveva mai imparato.
Era in grado di replicare quel che vedeva. Quello sì. Come quando era andata a lezione di Zumba e aveva tenuto il passo con gli altri allievi, seppure fosse la prima volta e si trovasse di fronte a uno specchio.
I balli di coppia erano il problema. E l’idea di un valzer, suonato d’improvviso al matrimonio, aveva fatto maturare in lei la convinzione che fosse venuto il momento di provare.
Lita cercò suo padre: il degno maestro. Non un ballerino provetto, ma un uomo che nella vita se la era sempre cavata.
Ultimamente rintracciarlo era diventato difficile. Cosa avesse lui da fare di così importante, tutto il santo giorno, rimaneva un mistero.
Per fortuna non lo dovette inseguire a lungo. Era nel suo studio, intento a osservare una vecchia fotografia. In bianco e nero, ritraeva la madre di Lita con Lita in braccio. La bambina allargava un grosso sorriso in risposta alla smorfia di lei. La donna aveva alzato una mano nell'intento di negarsi all’obbiettivo, reputando il grembiule a fiori che indossava poca cosa. In realtà, non era mai stata così bella.
– Eccoti finalmente! Sei qui – disse Lita, comparendo nella stanza.
L’uomo trasalì e spostò lo sguardo, a focalizzare la figura esile della figlia.
– Voglio imparare a ballare, papà. Mi insegni? –
E glielo chiese come fosse stata la cosa più normale del mondo.
Lui non si scompose e sorrise tra sé. Che quella sua ragazza fosse un po’ pazza lo aveva sempre saputo.
Così, mentre la musica si diffondeva, padre e figlia si unirono nel loro primo vero ballo.
“E un due tre; un due tre. Ci si muove in un quadrato immaginario.”
– Non sei mica male, sai? – toccò ammettere a lui.
– Cos’è? Preferivi forse un latino? – lei non ce la faceva proprio a essere seria.
Il padre scosse la testa. Quei piedi, così somiglianti ai suoi, adesso vicini.
– Il valzer va benissimo, Lita. Mi sa che sono troppo vecchio per altro. –
Lita prese a volteggiare, mentre aveva l’impressione di perdere un pochino consistenza.
Da quanto tempo erano morti, loro due? Suo padre prima di lei. Otto, nove mesi? O era addirittura già trascorso un anno?
Passavano in fretta, i giorni. Anche se muoversi richiedeva una buona concentrazione.
– Faremo un figurone, papà – concluse Lita, costringendosi a sollevare lo sguardo e ad inarcare al massimo la schiena.
In fondo, il valzer è una questione di portamento.
– Immagino di sì – fu la risposta divertita del genitore, mentre guidava sua figlia nella dimensione che si erano costruiti.
Quella nuova che, almeno in apparenza e senza grossi sconquassi, li aveva accolti.
Nessuno li avrebbe visti, o forse sì. Lita e suo padre però erano pronti.
E, nel giorno del grande evento, avrebbero ballato insieme.