Il treno era partito il 12 gennaio di quest'anno 2018 con dieci minuti esatti di ritardo, tanto che il commissario De' Paoli aveva cominciato a spazientirsi già dai primi secondi del ritardo, lui, puntuale e perfezionista, meticoloso e sempre in anticipo negli appuntamenti. Il cielo era con un sole pallido, che illuminava la giornata come se non volesse mai cedere alle nuvole del maltempo e lottasse per far trionfare sempre la sua presenza.
L'appuntato gli aveva detto:
- Finalmente dottò, si potrà rilassare con questo viaggetto. Ogni tanto ci vuole staccare la spina altrimenti si fa cortocircuito, specialmente lei, che lavora con la testa, si deve riposare! -
- Ma quale riposo, Macaluso, ma quale riposo. Devo andare a Roma per vedere se mi posso trasferire lì perché mia moglie è stanca di stare in Sicilia, vuole vedere altre regioni e stare nella capitale. -
Macaluso era sbiancato e si era messo a sedere.
- Che c' hai? Dimmi, cosa ti succede? -
- Niente commissario, questo non lo deve fare, non mi deve fare venire un colpo polpettico... ma chi ffà ci vuole lasciare? Dopo tanti anni? Ci vuole abbandonare dopo tutto quello che abbiamo fatto? Indagini, arresti, blitz... ha fatto una guerra ed ora ci vuole abbandonare? -
- Ma no Macaluso, non ti faccio venire il colpo con le “polpette”... apoplettico si dice! ...sto andando a vedere a che vado incontro! E poi lo sai, mi piace scrivere ed un editore di Roma vorrebbe pubblicare un mio romanzo. Sto andando a conoscerlo per vedere se si può fare! Lo sai che sono siciliano e amo la mia terra. È normale però che mia moglie possa desiderare altri orizzonti. -
- Ah, i fimmini... sempre a stare dietro a questi fimmini. Ci portano alla rovina! Ecco perché vuole fare lo scrittore... per stare con sé stesso e non pensare a tutte le loro prepotenze! -
- Ah, ecco e tu... che sei sposato da trent'anni e hai cinque figli? Che fa non ti sei rovinato? -
- Lo può ben dire, commissario, lo può ben dire....lo diceva sempre mia madre: Sposati pure e poi mi lu cunti tra qualche anno. E aveva ragione, santa donna! Comunque, commissario, facissi come vuole. Diventassi scrittore ma da Palermo. Qua in commissariato c'è bisogno di lei. Ma se sceglie di migrare come di poveri cristi ca vennu di l'Africa, però non dica poi che Macaluso non l'aveva avvertito! -
Il treno aveva cominciato a prendere velocità. I vagoni ballavano sulle rotaie e dal finestrino arrivava il profumo della Sicilia. Il commissario pensò alle parole di Macaluso e sorrise ancora. Pensò che aveva ragione. Non si può lasciare la Sicilia quando si è siciliani. E tanti, pur avendo avuto la possibilità di andare via e vivere diversamente, hanno preferito rimanere sulle barricate a combattere la criminalità e a morire, pur di difendere la propria terra dalle grinfie di una piovra sempre più cattiva. Mentre il paesaggio volava dal finestrino, il commissario prese il suo taccuino e cominciò a scrivere alcuni appunti. Aveva pensato ad una trama per un nuovo romanzo. Uno che potrebbe partire ma che non parte più perché vuole contribuire a cambiare le cose nel proprio paese. E che muore lasciando in eredità agli altri un esempio di legalità per le nuove generazioni. Mentre pensava e scriveva la solitudine del suo scompartimento lo pose nelle braccia di Morfeo e si abbandonò ad un pisolino. Ad un tratto un rumore di colluttazione precedette un grido di donna proveniente da un altro vagone. Di soprassalto, De' Paoli si svegliò e come il solito rituale passò dalla tranquillità alla corsa frenetica per raggiungere il luogo da dove ero provenuto il grido. Mentre cercava nelle cuccette il treno frenò violentemente come se qualcuno avesse azionato il fermo d'emergenza. Nella frenata a malapena il commissario riuscì a tenersi per non cadere e, ripresa la corsa, proseguì fino ad uno scompartimento dove già s'era radunata una piccola folla di passeggere è un responsabile delle ferrovie. De Paoli mostrò il suo tesserino ed entrando vide il corpo di una donna in una pozza di sangue e un coltello poco vicino, l'arma del delitto. De' Paoli cominciò a chiedere se qualcuno avesse visto qualcosa o qualcuno, ma nessuno si offrì ad una dichiarazione proficua anzi, alcuni si allontanarono per rientrare nei loro scompartimenti.
De' Paoli intanto ordinò al ferroviere e agli agenti della Polfer sopravvenuti di bloccare ogni uscita e che nessuno doveva abbandonare il treno. In quel momento De' Paoli sentì le stesse emozioni di un detective d'altri tempi, di un Poirot o di uno Scherlok Holmes, per la scena del delitto e per le modalità della situazione. Non sembrava un delitto di mafia, almeno in apparenza. La donna era bellissima e ben curata e sopravvenuto il medico legale confermò la morte per emorragia dovuta alle numerose ferite riportate da arma affilata ed evidenziò che la donna riportava sul viso una ferita lacerocontusa profonda, come se l'assassino avesse infierito sul viso a sfigurarla. Il cadavere fu coperto ed iniziarono le procedure di rimozione dopo che il magistrato ordinò il provvedimento. De' Paoli si trovò a fare degli interrogatori fra le persone che erano rimaste. Solo una signora un po' anziana rivelò che dopo la frenata una figura velocemente era scesa e si era persa per la campagna.
Iniziarono le indagini ma non si trovò alcuna traccia del losco figuro. La signora però aveva ragione perché fu trovato uno sportello aperto nell'ultima carrozza come se qualcuno fosse sceso. L'omicida era veramente fuggito con una tale velocità che nessuno era riuscito a capirlo. Solo la signora, che si era affacciata, aveva visto la fuga, subito rivelata alle forze dell'ordine.
"Brutto caso... e proprio nel giorno in cui ero partito per discutere del mio libro con l'editore romano" pensò il commissario. Il magistrato aveva affidato il caso alla caserma di competenza e De' Paoli era stato il primo ad essere designato. Subito al lavoro.
Le indagini avevano identificato quella donna vittima nel treno per Roma. La signora era una vedova che non era stata rapinata perché i suoi gioielli erano stati trovati nella valigia e nella sua borsa c'era pure il borsellino pieno di euro. La donna era stata pugnalata più volte nel silenzio del suo scompartimento, dove aveva preso posto. Era una bella donna, dalle fattezze fini e signorili. Probabilmente sulla quarantina. In effetti i documenti confermarono l'ipotesi del commissario: Cesara Carmelina Bonamici di anni quarantadue, 1 metro e settanta, segni particolari: bellissima, vedova.