Terrorizzati all’idea di finire nel nulla, non avete mai pensato che è dal nulla che siete spuntati. Ad esempio, io, Giuseppe Rossi, sono questo nulla.
Mi spiego.
Io, Giuseppe Rossi, appunto, non sono ancora nato, non sono stato concepito, né progettato. La mia entità, l’entità di Giuseppe Rossi, s’identifica con il nulla. Non ci sono, o meglio, ci sono solo nel senso che non ci sono, c’è il mio non esserci. Non ho un corpo, né lati, né un sotto né un sopra.
Lo spazio in cui, per così dire, esisto-sono-sto, è oscuro e tranquillo, anche se non lo definirei buio, dato che non ho occhi per vederlo. Il tempo dove staziono è un concentrato d’attimi uguali.
Io non sono che il mio futuro. Proprio in ragione del fatto che in quest’attimo concentrato m’è dato conoscere il futuro, posso parlarvi di me. Nel mio brodo ristretto, mi ripasso la vita futura come un libercolo dalle pagine arricciate.
Mi chiamo Giuseppe, vabbè questo l’ho già detto.
Farò il benzinaio.
Sì, ma solo dopo che il girino affamato di papà si sarà ficcato nell’uovo di mamma. Zacchete!
Vibrerò, mi strozzerò, grumo informe che già sarà Giuseppe Rossi, fagiolino con occhi neri come capocchie di spillo, annidato fra le pieghe di un utero e tutto preso dal problema di moltiplicarsi. A quel punto avrò già un dentro e un fuori, avvertirò ciò che succede all’esterno, sentirò lo stantuffo che pompa, e caldo e bagnato e viscoso.
Poi uscirò dal buco.
La mamma si arrabbierà tantissimo quando, dopo aver preso cinquantotto alla maturità, mi metterò a fare il benzinaio con mio cugino Francesco, ma io avrò già in testa Annamaria e la vorrò sposare. Ci si vedrà tutte le sere, io l’andrò a prendere col motorino, lei avrà gli occhi da coniglio delle rosse, le cosce sode, batterà il tempo con i piedini di fata. Si ballerà stretti stretti.
Ma io sposerò Giovanna. Al matrimonio pioverà e il prete si scorderà dell’anello, ci sarà il pollo in galantina e la trota salmonata, lei sarà incinta. Giovanna l’avrò conosciuta al distributore - dopo che Annamaria se ne sarà già andata a Milano con l’ingegnere - mi s’incollerà anche se puzzerò di benzina.
Quando nascerà Pinuccia, Mariolino avrà già tre anni e la sorellina gli farà schifo. Pinuccia verrà fuori rossa, proprio come Annamaria, che sarà diventata pazza e l’ingegnere l’avrà rinchiusa in Casa di Cura a Milano.
Al funerale di mia madre arriverò in ritardo e sarà lì che mi accorgerò che Giovanna, dopo le gravidanze, si sarà un po’ sfatta e ingrassata. Brava donna, Giovanna, brava anche a letto, quando la sera, dopo i pieni e le gonfiate alle gomme, mi vorrò sfogare un po’ anch’io.
Ma poi dimagrirà per il malaccio, diventerà secca secca. Quando morirà, mi fisserà come per dirmi ma guarda che fine che ho fatto, e io penserò che è, sì, una gran brava donna, ma non è Annamaria.
Dopo verrà Pinuccia a lavarmi le camicie, la mia rossina che si sarà sistemata col figliolo di Francesco. Al distributore ci staranno loro due, Pinuccia verrà a lavarmi le camicie di sabato, e suo marito si scoperà un’altra.
Morirò di un colpo, se Dio vuole.
Non sentirò male, mi farà solo pena Pinuccia mia.
Ci sarà tanta bella luce e silenzio e un grande distributore, tutto profumato di benzina. Io, sul motorino, bacerò Annamaria.
Qui, nel mio non essere che precede l’esistenza, ho risfogliato con voi il libretto del futuro.
Non so… È che…
Ma?
Quasi mi vien voglia di non farne di niente…
Voi che ne dite?