Khaled era arrivato sulla spiaggia nel febbraio di qualche anno fa, mentre in Sicilia si stava abbattendo una pioggia torrenziale.
La sabbia era diventata fango e la spiaggia un immenso acquitrino. Eppure Khaled era riuscito a solcare le onde, quasi fosse stato un dio del mare, ed era arrivato, stremato, su quella terra, affamato, sfinito, deluso, impaurito ma ancor più forte di prima dal momento che il suo viaggio avrebbe potuto concludersi come quello dei suoi compagni di viaggio, lì in quel barcone, che prendeva acqua già dall’inizio, sotto gli occhi terrorizzati di quelle donne, che non vedevano l’ora di salpare.
Ma dopo essere partiti nell’oscurità e nel freddo in mezzo al mare, ancora al buio si erano trovati in acqua senza speranza, perché non sapevano nuotare tra le grida di quella carneficina.
Caliddu lo aveva trovato sulla spiaggia, sporco, affamato, nero per la sua pelle ma in quegli occhi aveva visto gli occhi di suo fratello, la luce della vita ed aveva subito preso una coperta per coprirlo mentre impazzava la burrasca, quando lui era andato in spiaggia per mettere maggiormente al sicuro la sua barca di pescatore.
Quante chiacchere fanno i politici in televisione quando promettono la chiusura delle frontiere, l’invio a casa dei migranti arrivati nelle nostre coste! Quante farneticazioni! Parlano, blaterano, dispongono perché non hanno visto forse negli occhi un migrante. Ha in essi tutta la disperazione della violenza subita, la paura dell’incertezza, le immagini della fame nella sua terra, la brutalità della violenza in quei territori, che un giorno considerava la sua casa, luogo di rifugio e di preghiera e che aveva lasciato, da cui era fuggito per cercare di far trionfare un arcobaleno nel suo cuore, un arco di speranza che potesse gridare che l’umanità non è solo sofferenza ma speranza di risurrezione e trionfo di solidarietà, di pace, di dignità di uomini per tutti coloro che calcano la terra.
Caliddu pensava a tutto questo mentre accoglieva quel naufrago, gli dava un pasto caldo e lo copriva facendogli sentire il calore che è solo umano quando è sincero. La cosa che lo aveva colpito era la sofferenza che quell’uomo portava addosso, le piaghe sulla pelle ma principalmente le cicatrici, che avevano segnato la sua esistenza. Pensò a quanta disumanità c’è a questo mondo, a quanta disperazione esiste e pensò altresì che spesso noi ci lamentiamo nel benessere mentre c’è chi a pochi chilometri di distanza o dall’altra parte della terra muore anche per una semplice influenza o perché non ha racimolato il necessario per sfamarsi, oggi, domani, dopodomani. La tristezza lo aveva colto e gli aveva dato anche il coraggio di accogliere quel fratello che chiedeva aiuto. La sua zuppa di pesce, il calore di quella casa di pescatori erano sembrati il regno della felicità per Khaled, che non trovava parole per ringraziarlo. Dopo aver dormito per un giorno intero, Khaled raccontò la sua peripezia, la sua avventura per ricercare la dignità di uomo che nella sua terra non era più considerata. Pregava il suo Allah e lo ringraziava per essere scampato a questa disavventura. E ringraziava ogni giorno Caliddu per la sua generosità.
Caliddu era un pescatore e a poco a poco, con la pazienza e la fratellanza, le sue reti diventarono le reti di Khaled, che rimase lì ad imparare l’arte del pescatore. Dopo aver lavorato assieme tutta la giornata, alla sera, i due uomini andavano sulla spiaggia e pregavano ognuno il loro Dio e chiedevano di dare riposo a tutti quelli che non ce l’avevano fatta e misericordia per chi era rimasto in quella terra africana a subire le atrocità della guerra civile.
Gli amici rimasero tali per tutta la vita e, a volte, Khaled raccontava ai suoi figli che la fratellanza esisteva ed esisterà ancora in questo mondo, al di là delle farneticazioni di alcuni. Ribadiva che la pura generosità del suo amico Caliddu, il pescatore siciliano, che lo aveva salvato in silenzio senza richiedere nulla in cambio, gli aveva fatto riacquistare la gioia della vita, che un tempo aveva perduto quando era stato buttato in acqua da chi gli aveva promesso una vita migliore.