La duchessina Guendalina era nata sotto una cattiva stella.
Era una notte di luna piena e quando sorse dall’orizzonte, prima di alzarsi nel cielo, per una strana combinazione di tempo, polveri e umidità, diventò un enorme disco rosso fuoco. Sembrava volesse colare sangue, tanto era grande e colorata in quel colore assurdo. Un disco luminoso color sangue.
I sapienti di corte profetizzarono giorni tristi lungo la vita della nascitura. La gioia per la nascita di quella bambina era talmente grande per i genitori, ormai avanti negli anni, che non ascoltarono le parole dei saggi. Ritenevano, invece, quel parto un vero miracolo. All’età che aveva la duchessa nessuno mai aveva partorito un figlio. Il duca per festeggiare il lieto evento invitò tutti i nobili della contea, tutti quelli con i quali aveva buoni rapporti. Evitò di proposito quelli con i quali era in disaccordo. Nessuno se ne curò più di tanto, se erano ostili fra loro era normale che ciò avvenisse.
Purtroppo fra gli esclusi alla cerimonia c’era la signora del castello nero, tutti mormoravano che fosse un maga, una fattucchiera e che aveva dei poteri paranormali, godeva di una pessima fama. Doveva essere un giorno di festa e lui non voleva facce tristi a casa sua.
La donna offesa giurò di far pagare quella che lei riteneva un grave offesa. Rimase a casa, ma nel laboratorio segreto nei sotterranei della sua dimora, preparò una pozione velenosa. Una volta ultimata, ne fece tante bottiglie. Chiamò il gufo suo alleato e fedele servitore. Una alla volta gli ordinò di spargere il contenuto delle provette, per tutto il territorio che apparteneva al duca. Dopo questa operazione tutta la vegetazione inaridì, gli alberi si seccarono, l’erba e i cespugli, il grano, i fiori, ogni forma vegetale su quella terra fu bruciata; dei possedimenti del duca rimase soltanto una immensa distesa di deserto.
Quando la maga nera vide il risultato del suo incantesimo, soddisfatta scrisse una lettera da recapitare al duca. I termini descritti in quella missiva erano forti e minacciosi. Una sorta di maledizione!
<< Caro duca, come ti sarai accorto la tua terra ormai è solo un deserto, da questo momento e per i prossimi anni a venire, questa terra resterà sempre così, un deserto, come quello che hai nel cuore. Non produrrà nessun frutto, né fiore, né alimento. Dovrai andare fuori dal tuo dominio e pagare il tuo sostentamento. Capirai così cosa vuol dire condividere la gioia, la felicità di un evento a te caro. Non ci sono persone che puoi escludere dalla tua vita. Il mondo è di tutti, buoni e cattivi, belli e brutti, sani e malati. Essere duca non ti esonera dal comportarti come si deve. Tua figlia, è innocente, ma soffrirà ugualmente per la tua colpa. Sarà lei che ti potrà salvare, se al compimento del sedicesimo anno di età verrà da me in una notte di luna piena e si metterà al mio servizio per un anno senza vederti. Forse così, il tuo debito sarà pagato. >>
Appena finito di scrivere chiamò ancora una volta il fidato gufo e gli ordinò di lasciare quel messaggio nel castello, facendo in modo che l’interessato si accorgesse di lui. L’uccello partì veloce nel buio della notte, la sua vista lo aiutava nel dirigersi verso il castello, arrivò alle prime luci dell’alba e appena vide una finestra che si apriva, atterrò sul davanzale. Emise il suo grido caratteristico per farsi notare, la cameriera che lo vide urlò dalla paura.
Il conte avvertito arrivò di corsa e appena vide il gufo con il rotolo di carta fra le zampe capì, si avvicinò all’animale che restò immobile e prese il messaggio. Lesse d’un fiato mentre i gufo prese il largo volando nella notte. L’uomo corrucciato si disperò e pianse, ma ormai il danno era fatto, non sapeva come reagire a quella minaccia, inutile mandare i suoi armigeri per punire la donna, sapeva che era una sorta di strega, avrebbe peggiorato la situazione.
Si rassegnò, aveva sedici anni di tempo e di carestia da affrontare. Cercò di crescere la figlia al meglio che poteva, insegnandole tutti i valori del vivere insieme.
Ogni anno, il giorno del suo compleanno la ragazza si recava nel punto indicato dalla strega, l’unico albero sopravvissuto alla maledizione. Guardava la desolazione che la circondava e sospirava desolata, doveva aspettare ancora degli anni prima di risolvere quel guaio. La popolazione era allo stremo, i rifornimenti che il duca doveva comprare fuori città scarseggiavano, le risorse economiche erano agli sgoccioli, non producendo nulla, non c’erano entrate. Anche il duca pativa questa situazione. Mancavano due anni alla data fatidica, il giorno del compleanno come sempre la ragazza ormai una signorina di bell’aspetto, con i suoi quattordici anni, si recò all’albero per compiere il rito annuale. Quell’appuntamento era diventato, nel tempo, un rito propiziatorio, come a voler esorcizzare il male insito in quell’albero rinsecchito.
Come ogni volta passò la notte sotto l’albero. Alle prime luci dell’alba si stava preparando per tornare a casa, quando nel cielo vide arrivare in volo un gufo. Volava a stento, ondeggiava paurosamente, sembrava ferito, atterrò a pochi passi dalla ragazza, lei non si mosse per timore, ma con suo immenso stupore il gufo parlò. Con voce stridula tipica degli uccelli le disse:
<< Ascolta ragazza, torna a casa, sei libera da ogni incantesimo, fra non molto questo posto ritornerà com’era prima, pieno di rigogliosa vegetazione. I miei piccoli hanno bisogno di avere alberi per poter vivere bene, lo meritano così come lo meriti tu, la maga è morta durante l’anno, non potevo avvisarti prima. Povera illusa, pensava di poter gestire anche la morte. Contro di lei non c’è magia che tenga, quando arriva devi andare con lei e per sempre. Adesso torna a casa, racconta a tuo padre come sono andate le cose e insegnagli a comportarsi bene, a condividere il bene e il male, ci vuole compassione per i più deboli, risolutezza con i forti e condivisione. Sei destinata a un futuro splendido se seguirai queste regole, agisci e vivi nella consapevolezza che il mondo non appartiene a voi umani, ci siamo anche noi animali. Insegna ai tuoi futuri figli a comportarsi in modo corretto verso tutti così, come farò io con i miei. Mai più ci faremo assoggettare da maghi o presunti tali, siamo esseri liberi e tali vogliamo restare. Addio mia piccola principessa un giorno forse ci rivedremo. >>