La figlia unica del sultano del Qatar, Ludmilla, era una donna ribelle, insofferente, non sopportava le rigide regole di comportamento alla corte di suo padre. In qualità di erede al trono, lei la principessa, era tenuta a osservare e a mantenere un contegno degno del suo rango.
Cresciuta dalla nascita all’interno del palazzo reale, non aveva avuto occasione di conoscere il mondo esterno se non tramite i vari ambasciatori e diplomatici in visita a suo padre. La sua anima era travagliata, ardente e desiderosa di avventura, voleva provare emozioni forti, desiderava fuggire da quella gabbia dorata in cerca di sensazioni capaci di farle battere il cuore. Voleva conoscere il mondo.
Approfittando di una visita diplomatica del sultano suo padre, in terra di Ungheria, riuscì a inserirsi nel corteo reale, nonostante il divieto del padre che non voleva esporre la figlia agli sguardi di uomini. Durante la visita lei, rimasta in albergo ma sempre seguita da due guardie del corpo, decise di andare a vedere lo spettacolo di un circo che era in quella città. Si vestì in maniera semplice per non farsi riconoscere come principessa e affiancata dalle due guardie, seduta in platea, si accinse ad assistere allo spettacolo. Non vide niente che la facesse emozionare, né il numero dei leoni né quello dei trapezisti o dei giocolieri. Solo quando entrò in scena una acrobata a cavallo, sentì dentro di sé una scossa. Lei amava i cavalli, erano il suo unico svago nella reggia e aveva imparato ad amarli. La ragazza faceva delle evoluzioni spericolate sul dorso di due cavalli che andavano all’unisono girando intorno nella pista.
Restò affascinata da quello spettacolo, non aveva mai pensato di poter fare quel genere di esercizio sui cavalli, così improvvisamente decise di voler provare anche lei.
Si alzò con piglio sicuro e seguita dalle sue guardie si avviò all’interno del tendone per parlare con il direttore. Dopo un lungo conciliabolo quello dovette cedere perché lei si era fatta riconoscere e inoltre gli aveva offerto una ingente somma di denaro per poter ripetere quel numero sui cavalli.
Lei sapeva di essere brava, fin da piccola aveva cavalcato e riteneva di essere una brava amazzone, ma andare a cavallo era una cosa, esibirsi in pubblico in un numero così difficile senza averlo mai provato era un’altra. Lei cercava proprio questo tipo di emozioni, il brivido dell’imprevisto, la sfida con se stessa, per mettersi alla prova. Si fece prestare un vestito, un peplo bianco con il quale riuscì a fasciare il suo corpo esile e perfetto.
Dopo l’annuncio al pubblico, fatto dal direttore in persona, lei uscì in pista in piedi su un cavallo e durante il giro che gli animali facevano, addestrati a farlo autonomamente, fece delle splendide capriole riuscendo a restare sempre in piedi. La sua avvenenza fisica, lo sguardo altero e sicuro, il peplo che si apriva ad ogni mossa lasciando intravedere il corpo statuario e la bravura della sconosciuta artista, fecero effetto sul pubblico che si spellò le mani per applaudire alla fine del numero. Le guardie del corpo, assistendo a quello spettacolo, spregiudicato per una principessa, temettero per la loro testa, il sultano non li avrebbe perdonati per aver permesso alla figlia di esibirsi in quel modo e in pubblico.
Terminato il numero e aver accolto gli applausi con uno splendido sorriso, Ludmilla si cambiò d’abito, si calmò, aveva placato in parte la sua voglia di emozioni, continuò a seguire il resto dello spettacolo.
Durante il rientro in albergo rassicurò le guardie sul suo silenzio in merito alla serata, ma dentro di sé, stava pensando di scappare e unirsi a quel circo, - quella era vita – si disse, altro che le cerimonie di corte.