<<Perdona il mio ardire, protetto dagli Dei, come ho appena detto io sono un marinaio in viaggio verso casa, ci siamo fermati in questa terra per rifornirci di viveri e di acqua. Non sapevamo di questo divieto sulle bestie, se solo fossimo stati informati della cosa ti pare che non avremmo obbedito come si conviene? Siamo sbarcati ieri mattina, questa terra è sconosciuta per noi, non sappiamo niente delle leggi che la governano.>>
<< Illuso, pensi che io ci creda?! Questa è l’isola di Delo, di proprietà del Dio Apollo, tutto il mondo conosciuto conosce il divieto di cacciare e uccidere. Da dove venite voi per non conoscere questo posto?>>
<<Ti sembrerà strano figlio degli Dei, ma nella nostra terra nessuno conosce quest’isola, mai sentito nulla in merito. La nostra divinità, la fulgida Artemide, ha anche lei delle leggi alle quali noi volentieri ci assoggettiamo.>
<<Buona quella>> rispose ancora più imbronciato l’albero <<è buona solo a lanciare quelle sue dannate frecce dappertutto. Ogni tanto viene qui a esercitarsi e io sono il suo bersaglio preferito. Allora ti decidi a versare quell’acqua, stolto di un umano? stai lì come un sasso a parlare senza far niente, muoviti!>>
<<Certo immenso, ma non mi hai risposto sui miei compagni, dove sono, o meglio, quali sono fra quelli che vedo tutto intorno? So che li hai tramutati in alberi e perciò ti chiedo puoi farli tornare indietro?>>
<<Ah! Vedi che ti sei tradito, come fai a spere della trasformazione se non hai mai sentito parlare di questo posto? Tu lo sai e anche bene, allora te li puoi scordare i tuoi amici, sono là in mezzo ai campi e serviranno con i loro rami al Dio per fare le corone di foglie da donare alle fanciulle, ai vincitori dei giochi, insomma capisci che ne serviranno parecchie, peccato che ogni volta che strapperanno i rami e le foglie soffriranno, servirà per ricordare loro il misfatto compiuto. E ora non perdere altro tempo versa l’acqua che a furia di parlare con te mi è venuta sete.>>
Eurialo si fermò, se avesse versato l’acqua era sicuro che subito dopo l’albero avrebbe trasformato anche lui, se non gliela dava perdeva per sempre i suoi compagni. Cosa fare? Era indeciso se sguainare la spada e tagliare a fette quanti più rami poteva di quel borioso e crudele albero, ma era cosciente con la sua misera lama non avrebbe ottenuto nessuno beneficio, pensò anche di dargli fuoco, ma anche questa idea non era valida, se era protetto dalle divinità non avrebbe ottenuto nulla. Stava per avvicinarsi a lui per dargli l’acqua quando dal nulla apparve luminosa l’eburnea Artemide.
<<Allora vecchio brontolone hai finito di terrorizzare questo povero umano? Ti diverti sempre a fare il burbero eh?! Ti ho sentito sai, quando hai detto che sono capace solo di tirare le frecce, dimmi è così?>>
L’albero contrito abbasso i suoi rami quasi fino a farli toccare terra, la sua espressione imbronciata di trasformò in una sorta di sorriso, ma il risultato fu peggiore dell'intenzione.
<<Quando mai si è visto>> riprese la Dea <<che un albero possa trasformare gli uomini in alberi, confessa che ti piace spaventare i poveri viaggiatori che hanno la sfortuna di capitarti a tiro. Allora sai dove sono andati gli uomini, i compagni del capitano qui presente?>>
<<Accidenti a te donna, perché devi sempre rompere il divertimento? Sai è noioso restare anni e anni da solo in questa terra bruciata e deserta, quando capita un po’ di gente per fare quattro chiacchiere arrivi tu a disturbare, cosa credi che non glielo avrei detto dopo? si stava conversando così bene, e stava anche per darmi un po’ d’acqua che ne ho bisogno, ho le radici secche e mi brucia la linfa nelle pieghe, poi ti lamenti che ho la faccia seria e truce, per forza, ho sempre sete. Qui non piove mai!>>
Eurialo esterrefatto ascoltava i due che parlavano come se la sua presenza fosse cosa di nessuna importanza, lo ignoravano come si può fare con una mosca su un escremento di cavallo. A lui premeva sapere dov’erano finiti gli uomini e di partire al più presto, non voleva perdere altro tempo su quell’isola che, ormai aveva capito, era solo una trappola.
<<Sia lode a te incantevole Artemide! Sono grato del tuo intervento divino, questo vetusto pezzo di legno forse ha pensato di poter giocare con le paure di noi uomini, per suo sollazzo ha creato nell’animo dei miei uomini lo sgomento e il terrore, posso capire le sue ragioni, ma non giustificarle. Se tu e lui siete esseri sovrannaturali, abbiate la benevolenza di non infierire sulle nostre pecche, sui nostri difetti di umani, sappiamo bene che temiamo per la nostra vita, per la vita di chi aspetta il nostro ritorno a casa. Del resto se non ci fossimo noi umani a venerarvi e tessere le vostre lodi, cosa ve ne fareste di un mondo vuoto e dove voi eterni non morite mai. La convivenza fra umani e Dei è complementare, noi abbiamo bisogno di voi per la necessità di affidare le nostre ansie, i nostri pensieri negativi, le nostre aspettative di vita migliore alla vostra magnificenza e indulgenza, e voi avete bisogno di noi per soddisfare il desiderio di far emergere i vostri poteri, dimostrare la vostra potenza assoluta sulle cose del mondo. Ora il nostro amico gigante arboreo ha voluto divertirsi un po’ per rompere la monotonia di un’esistenza solitaria. A vederlo immagino che sia lì dov’è da migliaia di anni, ha anche la facoltà di potersi esprimere e di dialogare con voi Divinità. Anche il divino Apollo, immagino, è un frequentatore di questi lidi, davvero una bella compagnia, dove noi uomini non siamo a nostro agio, cosa potremmo dire o fare in un contesto di Dei immortali. Allora se il nostro amico legnoso vuole degnarsi di dire dove sono i miei uomini, io con loro me andrei subito da quest’isola, abbiamo una patria da raggiungere e ognuno di noi ha una donna in attesa, chi una madre, chi una moglie e anche figli che aspettano il loro ritorno. Non credo che vogliate fare del male a chi vi venera e offre sacrifici in vostro nome, siete Dei e non persone cattive che godono nelle sofferenze altrui.>>
Il gigante fronzuto aveva ascoltato il lungo discorso dell’uomo che era ai suoi piedi e ne rimase colpito. Come poteva quel piccolo insignificante essere, avere tale dialettica? Aveva esposto le sue ragioni in modo chiaro e sia lui che la dea Diana non avevano fatto una bella figura nelle sue parole. Era il momento di smetterla con il gioco che ormai non lo divertiva più, decise di essere accomodante e si rivolse a lui cambiando tono di voce, usando termini più gentili e comprensibili per quell’umano che tanto lo aveva impressionato.