Sto pensando che mi devi qualcosa, che è colpa tua se ora sono qui, se me ne sono andata, se sto male.
Voglio punirti e ti scrivo cose orribili in un tremendo sms lungo quanto una lettera, forse in due, forse in tre sms.
Ho rimosso, non ricordo ciò che scrissi.
Decido di punire tutti, tutti voi mi dovete qualcosa, medito una grande punizione; dopo, vi pentirete di avermi costretta a questo, ve ne pentirete.
Al buio, davanti al pc, con uno dei miei coltelli gioco un po’ sulla mia pelle, il sangue esce e la pressione che ho nella testa si allenta, le lacrime scendono e si mischiano al sangue e sono sempre più scarica... ma ho deciso e ora ve la faccio pagare.
Tampono gambe e braccia, la maglietta e i pantaloncini sono irrimediabilmente macchiati, chi se ne frega, mi troverete così e starete ancora più male. Vado in camera da letto, nel comodino ci sono le confezioni di pillole, quelle che allontanano il dolore allontanando tutti voi, le pillole che acquietano ogni ansia dietro a un velo trasparente, vi vedo ma non potete più toccarmi... e ne prendo un bel po', di pillole, ne prendo tante.
Indosso un pigiama, i vestiti macchiati li lascio per terra e mi stendo sul letto, sono in ordine, il pigiama è pulito e anche le lenzuola lo sono, aspetto di addormentarmi. Poi penso che non saprò mai se la mattina dopo mi sarò svegliata e involontariamente sorrido. Certo che non lo saprò...
Io non credo che ci sia qualcosa, dopo, non credo, non ho mai creduto in nulla. Era un pensiero stupido.
Sento un telefono che squilla, lontano. Squilla e si fa più vicino, sto sognando? Il telefono continua, sono sveglia. E' quel coglione del mio capo, cosa diavolo vuole! è Ferragosto, sono in ferie!
"Puoi fare un salto in ufficio? Devo fare una cosa urgentissima, solo dieci minuti, devo farla per forza."
Sto male, non sono in grado di uscire di casa, falla fare a qualcun altro, non posso... Ma insiste. Non posso guidare, prendo la bici. Ferragosto, le dieci del mattino, si muore dal caldo che fa, morirò d'infarto, prendo la bici e vado.
Mi sento così stordita... in ufficio sto facendo quella dannata fattura con il coglione che mi sta dietro alle spalle, mi sto incazzando, mi viene da piangere, sto male cazzo, ma non lo vede? Finisco il lavoro che anche la stagista avrebbe potuto fare, lui vorrebbe che rimanessi qualche ora! Ma vaffan...! E me ne vado.
Dio... ci sono e non ci sono. Faccio il lungomare, penso, la strada è piatta e faticherò meno. Devo solo attraversare il marciapiedi... c'è un semaforo, perdo l'equilibrio sul bordo del marciapiedi e sbatto contro al semaforo, cado e picchio la testa per terra (sto così bene qui... il marciapiedi è fresco all'ombra dei pini marittimi, voglio fermarmi qui...).
Lui mi prende la testa, lo vedo aprendo gli occhi :
"Sono un infermiere, (che sfiga, penso) dimmi cos'hai preso!"
E una donna mi parla, mi dice di darle le chiavi, la chiave del lucchetto, così legherà la bici a un palo, potrò tornare a prenderla poi. Lui mi prende il telefono dalla borsa, devo indicargli un numero da chiamare,qualcuno che possa venire a prendermi.
Stesa per terra, con le dita cerco nella rubrica e gli lascio il telefono...
Che male, mi hanno messo su una barella rigida, mi fa male tutto, la mia vicina di casa mi tiene una mano, sorrido e le dico "Non la lasciare, quando mi ricapita che tu mi tenga per mano?"
Una battuta. Sono al pronto soccorso piena di benzodiazepine e faccio battute.
Buio, ricordo un medico che mi faceva domande, la vicina era accanto a me poi di nuovo buio.
Di quella mattina non so altro: chi mi sia venuto a prendere con l'auto, il momento in cui mi hanno messa aletto, se sia rimasto qualcuno accanto a me, quando poi mi sia svegliata, nulla.
Mi hanno detto che ho dormito fino al mattino dopo, ventiquattr'ore, io proprio non...
Ogni mattina di quell'estate la mia vicina suonava alla porta, con i suoi bambini mi portava in spiaggia, micostringeva ad andarci. Seduta su un lettino guardavo un orizzonte di ombrelloni, dicevo poche parole ogni tanto, altre amiche si davano il cambio all'ora di pranzo per non lasciarmi sola in spiaggia, io non mi sarei mossa da lì fino a sera, quando mi avrebbero riaccompagnata a casa.
Non ve l'ho detto, né a te né agli altri. Non voglio farvi del male. Avrei voluto ma non ne sono capace, questa cosa la tengo per me, come tutto il resto.
Ho capito che non voglio morire, neppure per voi.
Non vi avrei neppure visti piangere a quel funerale che mi avreste fatto sapendo che non lo voglio, mi avreste fregato comunque, tanto valeva...