Una storia in 432 Hz
Comincio a scrivere questa storia senza sapere dove mi porterà la mano, forse scriverò una poesia o forse un nuovo racconto. Beh, l'intento è quello. "Seguire il flusso", così mi aveva detto Don Eduardo ed è proprio quello che ho intenzione di fare...
Una sera come tante ero seduto al mio solito tavolo con i miei taccuini e una macchina da scrivere del tipo Olivetti M20 gentilmente offerta da Don Eduardo, un vecchio modello che nonostante l'età funzionava ancora discretamente.
Il Buenos Aires Café cominciava ad essere frequentato da qualche sporadico avventore, un caffè di corsa e poi via.
Quella sera Don Eduardo non era in casa, in sua vece c'era sua figlia Blanca, una giovane di appena vent'anni con una personalità schietta e sincera.
Stavo iniziando a battere a macchina un mio scritto dopo le correzioni e le postille messe a bordo pagina dei miei appunti quando entrarono due uomini: uno era vestito elegantemente di bianco con scarpe nere, occhiali da sole e un cappello "Panama" anch'esso bianco; il suo compagno invece era un po' più casual: jeans blu, stivali a punta, una camicia blu aperta sul petto che lasciava intravedere un ciondolo e una giacca di lino leggera dato che il caldo in questi giorni non aveva accennato a diminuire, era alto e magro e portava dietro le spalle uno zaino di pelle.
Blanca salutò e accolse i due andandogli incontro; li baciò e abbracciò. Nel frattempo ripresi in mano i fogli dei miei appunti dandogli un ordine numerico così da non confondermi durante la battitura; avrei potuto fare tutto al mio computer portatile, ma da qualche giorno il Buenos Aires aveva dei problemi di elettricità e questo conferiva al locale una patina di mistero e anche, perché no, di calorosa accoglienza; all'imbrunire venivano fatte accendere delle candele.
Blanca accompagnò i due clienti al bar, durante il loro tragitto l'uomo vestito di bianco chiese alla giovane dove si trovasse il pianoforte. Già, dov'era? Frequento il locale da un po', ma non mi ero mai accorto di alcun pianoforte. In tutto il Café non se ne vedeva traccia... La giovane prese sottobraccio l'uomo e lo condusse nella sala di fianco al bar, sulla destra. Dalla mia posizione potevo vedere quello che accadeva, ma dello strumento ancora nessuna traccia, vidi Blanca togliere un grande telo impolverato da quello che sembrava essere un tavolo in disuso e invece apparve un bellissimo "STEINWAY & SONS", modello "O" (180 cm), mezza coda del 1925 in legno di palissandro lucido.
<<Che te ne pare Valerio?>> chiese Blanca all'uomo in bianco.
Valerio si avvicinò al pianoforte, diede qualche colpo con le nocche della mano destra valutandone la robustezza del legno...
<<Il corpo c'è! Vediamo se anche la sua anima è ancora qui...>> disse Valerio sollevando la sbarra che custodiva i tasti; sfiorò alcuni di essi, fece pressione su altri, fece un accordo di LA Maggior e poi si rivolse al suo amico.
<<Eh, si! Ha bisogno di un'accordatura e una rinfrescata, ci sono da controllare alcuni tasti e che le corde siano in buono stato... Ci pensi tu?>>
<<Non ti preoccupare, mi metto subito all'opera>> rispose l'amico scattando quasi sull'attenti.
<<Bene! Ah, Fernà! Mi raccomando, 432...>> aggiunse Valerio.
<<Come desideri...>> lo rassicurò l'uomo aprendo il suo zaino, dal quale estrasse una specie di accordatore elettronico. Lo regolò sulla frequenza del LA in 432 Herz: l'accordatura aurea.
Avevo letto qualcosa su questa frequenza, usata da Giuseppe Verdi e in seguito dai Pink Floyd che la utilizzarono nell'album "The Dark Side of the Moon", ma non solo loro, anche altri musicisti la utilizzano...
La musica suonata in tale accordatura porterebbe benefici alla salute di chi l'ascolta. Suoni e musica sono composti da vibrazioni, l'Universo ha una sua frequenza armoniosa e questa è la 432.
Nel mentre che Fernando si prendeva cura del pianoforte, Blanca prese la sua ordinazione, poi tornò da Valerio e insieme raggiunsero il bancone del bar dove il pianista si tolse il cappello e lo appoggiò sullo sgabello alla sua sinistra, tamburellò le dita sulla superficie del bar mentre attendeva che la giovane facesse il giro...
<<Allora! Che ti servo?>> chiese Blanca.
<<Mmh, ma si, mi voglio rovinare, un bel bicchierone di tè, freddo, con tanto ghiaccio... Oggi, fà davvero caldo...>> sentenziò l'uomo guardandosi attorno. I nostri sguardi si incontrarono, lo salutai con un cenno del capo.
<<Caspita! Ci vogliamo proprio fare male... Ci diamo alla pazza gioia oggi! Sicuro? Non è che vuoi qualcosa di più leggero...>> chiese provocatoriamente la ragazza.
<<Se non ci prendessimo le nostre piccole gioie da soli, i nostri vizi, chi lo farà? Se non ci penso io a me! Chi!? Allora... dico io: ubriachiamoci d'Amore e di Vita, ecco quello che dico... Ma con moderazione...>> concluse il pianista ammiccando.
<<Ecco qui il tuo tè ghiacciato, sacripante! Ti ho aggiunto anche qualche foglia di menta>> disse Blanca porgendogli la bevanda in mano mentre con la sinistra posizionò un sottotazza.
<<Ah! Ti ringrazio, sei un angelo>> disse grato l'uomo portandosi il bicchiere alle labbra.
CONTINUA...
Santiago Montrés