<<Clara!- Urlò il medico di turno serale quando vide la donna nuda aggirarsi nel corridoio - anche questa sera te ne vai in giro nuda eh! Perché non resti nella tua camera a riposare, è tardi e si deve dormire>>.
La ragazza si bloccò di colpo restando immobile e con gli occhi sbarrati dalla sorpresa, lo guardò con degli occhi stupiti, dilatati anche dalla massiccia dose di tranquillanti che gli avevano iniettato poco prima. Era come un cerbiatto ferito, guardava il dottore, ma la sua mente non era lì in quel momento, chissà dove si trovava. Era persa in un vuoto procurato dai medicinali che abitualmente le davano tutti i giorni.
Clara era una ragazza di ventidue anni ed era stata ricoverata in quella clinica dove si curavano pazienti affetti da disturbi mentali. La sua storia era nota ai dottori che l’avevano presa in cura, una storia non dissimile da tante altre, uguale a molte delle pazienti di quella clinica. Aveva subito fin da piccola, dopo la morte del padre un onesto commerciante di tessuti, abusi sessuali da parte dell’uomo che la madre aveva scelto come compagno. La donna con la morte del marito aveva perso ogni possibilità di guadagn, sotto la cattiva influenza dell’uomo che aveva al fianco si era messa a fare la prostituta. Impegnata con questo suo nuovo lavoro non si era mai interessata veramente del benessere della figlia.
Abbandonata a se stessa, la ragazza era cresciuta senza regole e punti di riferimento, nell’indifferenza della madre e nelle bramosie del patrigno. In diverse occasioni la madre aveva costretto anche lei a offrire il suo corpo a clienti facoltosi e lei, senza reagire o provare sentimenti di nessun tipo, aveva lasciato che facessero tutto quello che volevano. Fin da quelle occasioni la sua mente aveva cominciato a vacillare, sembrava un automa senza volontà, si muoveva come in trance, per cancellare l’orrore della sua vita si era creato un suo mondo personale, dove la realtà non sarebbe mai entrata. Anche quando la madre, stufa di dover accudire quella specie di manichino senz’anima, l’aveva affidata alla clinica dove adesso era ricoverata.
Da quando era entrata nella clinica e sottoposta a cure intensive stava cominciando a reagire a particolari stimoli, sempre diversi, che i medici le proponevano. La cura era ancora lontana dall’essere completata, ma qualche timido risultato si stava cominciando a vedere.
Quella sera Clara aveva deciso di provare ad entrare in un’ala dove le pazienti non potevano accedere. Era intenzionata a farlo perché cercava un angolo dove rintanarsi, restare da sola. La vicinanza delle altre pazienti, il via vai degli infermieri e le continue visite dei medici la disturbavano, era costretta a confrontarsi con la realtà e questo le procurava dolore, lei cercava il silenzio, voleva essere invisibile. Anelava a una solitudine difficile da realizzare in una clinica. Il dottore l’aveva chiamata proprio all’ingresso del corridoio che portava alla sua meta. Mancava davvero poco. Si era fermata per non incorrere in punizioni e aveva anche accennato a un passo indietro per nascondersi alla vista del medico, poi all’improvviso con un balzo aveva percorso il tratto scoperto e si era infilata in un altro corridoio dove erano in corso dei lavori di ampliamento della struttura.
Era nuda per sua scelta, pensava di rendersi invisibile senza vestiti addosso, erano quelli che la identificavano, senza indumenti lei poteva confondersi con l’ambiente in cui si trovava. Poi aveva capito perché il dottore l’aveva vista. Le pareti della clinica erano tutte bianche e immacolate ed era difficile essere invisibili su uno sfondo così chiaro. Il corridoio era in fase di ristrutturazione, ne approfittò per raccogliere da terra dei larghi fogli di carta da parati che gli operai avevano tolto dalle pareti e coprendosi con quelli pensava di mimetizzarsi con le pareti spoglie. La sua mente era vuota, non aveva ricordi precedenti alla clinica.
Quello che sapeva e che ricordava era legato alla sua permanenza in quel luogo. Doveva diventare invisibile, se ci riusciva sarebbe potuta scappare e rifarsi una nuova identità. Una nuova Clara senza passato, senza ricordi. Prima, però, non doveva farsi trovare da quei ragni che tessevano tele nella sua mente e da quegli scarafaggi che la circondavano a ogni suo passo. Li vedeva di continuo, li sentiva addosso, li vedeva strisciare davanti ai suoi piedi, le camminavano addosso, lasciando dietro di loro scie e frammenti di memoria che la facevano stare male. Erano loro i suoi carcerieri, non i medici.
Doveva trovare il modo di sfuggire alla loro compagnia se voleva arrivare nel nuovo mondo che si stava costruendo pezzo dopo pezzo. L’unico mezzo che conosceva era diventare invisibile, i suoi aguzzini non dovevano trovarla.
Ora era addossata alla parete, nuda, coperta soltanto da un pezzo di carta da parati polverosa, era ben mimetizzata, forse ce l'avrebbe fatta a liberarsi dei suoi piccoli carcerieri.