Antonietta e Pasquale erano su di giri per l’imminente matrimonio.
Erano giorni ormai che giravano per la città per gli ultimi preparativi, come ritirare i confetti per la cerimonia. La consueta distribuzione dei confetti a fine pranzo era d’obbligo e ci volevano confetti adeguati, diversi da quelli delle bomboniere. Si dovevano prendere le bomboniere ordinate tempo prima e in più c’erano da sistemare quella miriade di piccole incombenze che sembravano sciocchezze, ma che alla fine incidevano in termini di tempo e complicavano la vita ai novelli sposi.
Quando ormai sembrava che tutto era stato fatto, c’era sempre qualcosa che sfuggiva e che procurava ansia, specie nelle due suocere. Le madri dei futuri sposi si affannavano a mantenere tutto entro i limiti di una normale follia, controllavano minuziosamente la lista degli invitati e la loro disposizione ai tavoli del ristorante, dovevano tener conto delle diatribe in corso, chi non parlava con quello e chi odiava quella. Era il compito più gravoso, le persone erano tante e i problemi ancora di più.
A casa degli sposi mettevano in mostra tutti i regali arrivati e si faceva la conta dei pervenuti e di quelli che mancavano all’appello. Le rispettive sale adibite allo scopo erano già colme di pacchi di ogni misura, tutti i regali, sotto l’occhio vigile delle mamme, erano catalogati e segnalati, non mancavano i commenti non sempre benevoli verso il donatore. Il servizio di piatti con il filo dorato che si portava almeno dieci anni prima era arrivato dalla signora Benedetta, la zitella del quarto piano amica della nonna, quell’orrendo portaombrelli di ferro battuto era il dono dello zio Alcide, conosciuto in famiglia come spilorcio patentato. Tutti i regali avevano il bigliettino per l’identificazione e in seguito, a cose fatte, ne avrebbero tenuto conto nei rapporti familiari.
Mentre la madre di Antonietta era intenta ad aprire le scatole con i regali e a commentarne il contenuto, arrivò correndo Nico, uno dei ragazzini di casa. Nella confusione che regnava, loro sembravano divertirsi tanto. Nico recava in mano una scatola non troppo grande, sembrava una scatola di scarpe, era avvolta in una carta da imballaggio e legata con uno spago. Quando la vide la madre restò di sasso, chi si permetteva di regalare quello schifo, un dono in quelle condizioni? Orribile! Come osavano! Pensò dovesse trattarsi di uno scherzo dei compagni di università della figlia e stava per strappare di mano la scatola al ragazzo per buttarla senza nemmeno aprirla, quando arrivò in tempo Antonietta, la sposa, che visto il gesto della madre la fermò in tempo.
<<mamma perché vuoi gettare quel pacco, è un regalo vero?>>
<<Antoniè, ma lo hai visto? per chi ci hanno presi, per dei morti di fame? E poi che figura, non posso certo mettere un obbrobrio simile insieme agli altri regali. Come si fa a mandare un pacchetto legato con lo spago e senza nemmeno un biglietto? Come facciamo a sapere chi lo manda? Forse ha vergogna di farsi conoscere>>
<<dai mamma calmati adesso, ci penso io>>
Così dicendo prese il pacchetto e lo aprì. Dentro ci trovò una vecchia macchinetta moka usata, aveva anche il manico sbeccato. Un oggetto da rigattiere, buono solo per essere smaltito nei rifiuti. Dopo averla osservata la madre gettò un grido di stizza, di rabbia, mentre la ragazza dopo averci pensato su un momento, sorrise e accarezzò con affetto quel pezzo di ferro. Poi si rivolse alla madre.
<<hai visto mamma che valeva la pena aprire? Questo è il regalo più bello e veramente sentito che ho ricevuto, in questa vecchia caffettiera c’è amore, dovresti anche capire il perché. Sai chi la manda?>>
<<no, come faccio a saperlo? E poi come puoi vedere amore in una cosa vecchia e scassata!>>
<<Io lo so, - rispose la ragazza sorridendo ancora - è il regalo di nonna Caterina, lei si è privata di questo oggetto obsoleto per donarlo a me. Questo è un grande gesto d’amore. La sua fidata caffettiera che l’ha accompagnata da tutta una vita. Con questa lei ha vissuto e mantenuto vivo il suo matrimonio, nell’amore e nella comprensione così come il primo giorno. Se l’ha donata a me e perché vuole augurarmi una lunga vita matrimoniale, confida che come ha portato fortuna a lei la porti pure a me. Per farmi capire ancora di più l’importanza delle cose che veramente contano nella vita ha evitato di ricorrere a carte colorate e nastri luccicanti. Quello che conta è il dono e vale molto, se è donato con il cuore. A volte con una tazza di caffè al momento opportuno si appianano molte divergenze. Tu sei troppo presa dall’euforia di questo giorno per farci caso. Dovrò ricordarmi di ringraziare la nonna appena possibile per la sua grande generosità, si è privata lei del suo talismano per donarlo a me>>.