Finita la scuola, come consuetudine da diversi anni, sono stato invitato a trascorrere le vacanze a casa dei nonni in campagna. Non che non mi faccia piacere, loro sono sempre molto affettuosi nei miei confronti e mi trovo bene a mangiare cose diverse da quelle abituali di casa. Il problema principale che, in parte, attutiva la gioia di quelle vacanze era il fattore compagnia. Ogni anno trascorrevo le vacanze in pratica da solo. I nonni non potevano certo partecipare ai miei giochi e i ragazzi che incontravo là in campagna non erano compatibili con le mie necessità. Loro avevano sempre da fare, il lavoro dei campi richiamava la loro attenzione e non potevano perdere molto tempo con me che viceversa disponevo solo di quello, il tempo! Ne avevo molto di più di quello che in effetti mi serviva.
Io ero in vacanza ed ero un cittadino, poco avvezzo ai ritmi lavorativi dei miei coetanei locali. Eravamo tutti ragazzi, ma loro non si divertivano a giocare con me e, da parte mia, io non potevo partecipare ai loro, si divertivano con qualcosa che io non avrei definito giochi. Dopo un anno di scuola, volevo divertirmi, sfrenarmi, sfruttare il fatto di trovarmi in campagna e fare delle cose che in città non avrei mai potuto fare. Purtroppo stando solo con i nonni non avevo molta scelta.
Con mia grande sorpresa quell’anno quando arrivai a casa dei nonni , dopo le solite effusioni per esserci ritrovati mi accorsi che al fianco della nonna c’era una ragazzina. A prima vista sembrava che avesse la mia età. Era molto carina, aveva delle efelidi sulle gote e il suoi occhi sono azzurri, mi guardava in silenzio e quando i nostri sguardi s’incrociano sorrise.
<<nonna - chiesi incuriosito- chi è questa bambina?>>
<<è la figlia di una mia vicina, è venuta a trascorrere l’estate da noi per farti un po’ di compagnia. Spero proprio che vi divertiate insieme, così non avrai il muso lungo come negli altri anni. Credi che non mi sia accorta che sei triste con noi, cerchi di divertirti, ma da solo non si può fare molto. Per questo ho chiesto alla mia amica di far venire la bambina, si chiama Lucia e ha undici anni, vi farete compagnia a vicenda, anche lei è sempre sola, non ha fratelli ed è sempre sola>>.
Mi fece piacere apprendere che avrei avuto una compagna, peccato che fosse una femminuccia, non la trovavo adeguata, poi pensandoci meglio, conclusi che potevo anche accontentarmi.
Nei giorni successivi facemmo amicizia e dovetti ricredermi su di lei. Era simpatica, spigliata e curiosa, voleva sapere e conoscere ogni cosa. Lei abitava in campagna e si meravigliava delle cose che sapevo rispetto a lei, mi guardava stupita quando le davo spiegazioni sui diversi animali e piante che incontravamo, mi faceva piacere vantarmi di sapere molte cose.
Ammetto che mi stavo comportando come un vero stupido, dimenticavo che lei era del posto e ne sapeva più di me in quel campo, se mi dava spago era per compiacermi, visto che mi sentivo come un galletto che cammina impettito con la cresta alzata, la vanagloria, anche se effimera, era una piacevole sensazione.
Lucia era sempre allegra e sorridente e stare con lei era divertente, mi seguiva docile e per compiacermi faceva mille domande. Un giorno, seguendo le tracce di un vecchio sentiero andammo giù per una forra, un percorso accidentato e pieno di insidie, ma volevamo vedere dove portava quella che era stata una strada. Arrivammo dove c’era una riserva d’acqua destinata all’irrigazione. Una sorta di piccolo laghetto ben nascosto dalla vegetazione abbondante. Fu un po’ complicato arrivarci, eravamo tutti graffiati e sudati. Capimmo perché era sconosciuto ai più e, non ci andava mai nessuno. C’erano delle pompe immerse in modo che, quando serviva l’acqua, bastava accendere il motore che era posizionato in alto all’inizio del campo coltivato. I contadini così potevano disporre di una riserva d’acqua per le loro esigenze.
Quando vide quel laghetto d’acqua stagnante e un po’ maleodorante la ragazza andò in visibilio, era una novità anche per lei. Non aveva mai visto qualcosa del genere. Queste pozze erano nascoste proprio per sicurezza, per non farci andare nessuno specialmente i ragazzi, poteva essere molto pericoloso. Cadere in acqua voleva dire morte certa, non sarebbe venuto nessuno a salvarti.
Lucia trovò un posticino sgombro da vegetazione e si mise comoda per osservare la vita che si svolgeva tutto intorno. Seguendo il suo esempio anche io mi sistemai con lo stesso intento. Nel tempo che restammo a osservare quello specchio d’acqua dovetti riconoscere che aveva ragione. Quell’acqua putrida e verde conteneva più vita di quanto potevo immaginare. La ragazzina era felice come non mai e per dimostrarmi la sua gratitudine per averla portata in quel posto, venne vicino e mi diede un bacio sulla guancia. Diventai rosso dall’emozione, non mi era mai capitato di riceverne da una femminuccia. Rimase vicino a me e mise la sua mano nella mia, me la strinse e mi parlò con una vocina dolce, sussurrandomi nell’orecchio il suo piacere per trovarsi là. Tornò a baciarmi sulle guance, ma questa volta con più intensità, soffermandosi più a lungo. Eravamo soli in quel silenzio interrotto solo dal ronzio degli insetti. Per rispondere al suo invito le passai un braccio sulle spalle e la tenni stretta a me.
Restammo fermi lì per più di un’ora a guardare le libellule, le zanzare, le rane, i coleotteri e tutti gli insetti che ci circondavano. Il rumore lontano di un richiamo ci scosse dalla nostra osservazione e a malincuore, ci avviammo verso casa. Salimmo la china, mano nella mano. Mentre salivamo mi venne di pensare che quell’anno avrei trascorso delle bellissime vacanze.