Marte City, ultima frontiera… la vista del pianeta dall’alto mi ricorda un vecchio telefilm… no, riordiniamo il cervello, prima devo scrivere qualcosa di me, nome data e luogo, come le persone serie.
Mi chiamo Myriam, ho 33 anni, single, sono su un astronave in arrivo su Marte con mia figlia sedicenne Jessica.
Siamo partite un mese fa da Fiumicino, astroporto di Roma… va bene, ho già rotto con le descrizioni, è la mia vita, mi conosci e sbadigli.
Siamo partite cinque mesi fa, abbiamo dovuto aspettare un momento medio di distanza dall’altro pianeta, arriveremo tra tre ore, così ci ha appena detto una voce metallica, in effetti nell’oblò panoramico già si vede il posto d’arrivo, dentro una bolla di polipropilene.
Riguardo per l’ennesima volta il biglietto speditomi da mia sorella Lisa che mi ha convinta a partire: “Dovete venire qui, ci sono tantissime opportunità, scappate dalla Terra, è sempre più piena di merda, per venire qui sarete selezionate, però un visto è abbastanza facile averlo. Le cuoche di prima scelta come te sono molto ricercate e Jessica per ora, mentre prende un diploma, può fare la lavapiatti o le pulizie in camera. Vi aspetto!!!”
Ed eccoci qui, pulite e disinfettate.
«Guarda mamma, entreremo in quel buco di plastica trasparente»
«Non sarà pericoloso?»
«Lo fanno da tanti anni ormai, sono abituati» l’ultima voce proviene da un ragazzetto brufoloso che ronza attorno a mia figlia dalla partenza, gli ormoni a mille si attraggono, devo sempre stare attenta, lo so bene, alla sua età mi ero già fatta mettere incinta da uno che sparì subito dopo, comunque per sicurezza temporaneamente l’ho sterilizzata senza dirglielo, a diciott’anni farà ciò che vorrà, per adesso non voglio diventare nonna!
«Ecco, quella è la piazzola d’arrivo» continua lui indicando un punto in basso.
Guardo lì, in pochi minuti ci siamo, non avevo mai visto nulla del genere, hanno ricreato un paesaggio terrestre, sembra veramente di essere sulla Terra, se non fosse per il Sole, innaturalmente lontano e freddo.
Camminiamo verso l’uscita, vedo Lisa che si sbraccia per salutarci: «Finalmente ci siete, la cucciola era alta la metà l’ultima volta che l’ho vista».
È un fiume in piena, nel percorso verso casa non riprende mai fiato avvantaggiata dall’essere su un tapis roulant a sette corsie che ci porta in giro per la città. È davvero comodo così, Jessica svolazza sull’ultima, la più veloce, ad ogni incrocio ci aspetta, arriviamo in una zona che mi sembra conosciuta.
«Questa è casa tua?»
«Ti piace? L’hanno fatta in simil rione Trastevere, sembra una foto dei bisnonni, ti aspetti di vedere uscire qualche parente, io abito al quattordicesimo piano».
«Inizia a piacermi questo posto» Jessica si è finalmente fatta sentire, era dall’aeroporto che faceva il muso lungo e si teneva alla larga, da quando il ragazzetto era sparito, non prima di essersi scambiati il numero di video cellulare.
Un ascensore velocissimo ci porta al quattordicesimo piano, Lisa apre la porta con una tessera digitale, entriamo, un arredamento modernissimo ci accoglie.
«Se volete riposare la vostra stanza è quella»
«Bella! Per cenare usciamo?»
«Stasera sì, vorrei farvi ambientare, appena volete, andiamo»
La stanchezza sparisce, in due minuti siamo pronte ad uscire, senza dircelo tutt’e due abbiamo optato con minigonna da combattimento e maglietta, Jessica senza reggiseno.
«Siete venute per rimorchiare o lavorare voi due?»
«Domani è un altro giorno, oggi riposo!»
Arriviamo al portone e vedo arrivare... «Ma l’hai già detto al brufoloso!»
«Ha un nome, se non ti dispiace! Vieni, lo presento ufficialmente alla zia. Mirko, mia madre che già conosci e mia zia Lisa»
Seguono le presentazioni ufficiali.
«Ti dispiace se facciamo una passeggiata per scoprire la città?»
Interviene Lisa stringendomi un braccio, «Ma sì, andate, noi chiacchieriamo di cose vecchie».
Si allontanano subito.
«Perché?»
«Non mi va di farli andare in giro con le mummie, falli scorrazzare per conto loro»
«Già cominci a fare la zia buona»
All’improvviso mi abbraccia
«Mi sei mancata, stronzetta bacchettona!»
«Ho una figlia e non sono sposata, non sono così antiquata!»
«Già, ma quante volte hai scopato dopo che sei rimasta incinta? Tre volte? Cinque? Una ogni lustro? Dovevi farti perdonare dal tuo cervello?»
Le voglio bene, è il mio grillo parlante, scatto in avanti
«Smettila, mi sono scopata l’universo, la smetti adesso? Stavolta vado io sulla settima corsia»
«Ma sei matta? Non sei abituata a scartare le corsie, non mi va di portarti all’ospedale il primo giorno».
Mi supera facilmente, lei è abituata ed allenata.
«Gira la prossima a sinistra, riportati lentamente sulla prima corsia»
Rallentiamo e ci dirigiamo verso un parco.
«La smetti di ansimare? Sei proprio terrestre, buttati in terra, riposati, è erba che non macchia, non sintetica, ma simil naturale»
Le do retta, mentre recupero il respiro guardo in alto: «Che brutto il sole così lontano e triste»
«Ti abituerai, quando sarà notte ti farò vedere la Terra, ho un piccolo telescopio, evita la nostalgia, beh, io ormai lo uso pochissimo»
«Forse la prima sera ne avrò bisogno, Jessica no, penserà al ragazzino»
«Se già non se lo è portato a letto»
«Smettila. Ho già mille paure!!»
«Lo farà, tranquilla, non passeranno tre lune terrestri»
«Ne sono cosciente cazzo, ma non ricordarmelo»
«Dai, forse lo farai prima tu, le tue mutandine hanno raccolto una piccola schiera di fan»
Mi guardo intorno, è vero, ci sono dei passeggiatori con cane fermi cinque metri davanti a me! Mi rialzo di corsa.
«Sei una gran figa, perché non ne approfitti invece di farci le ragnatele, non so che farmene di una sorella frigida, non voglio uscire da sola»
«Non ho detto che non voglio uomini, ma con calma, devo sentirmi pronta e dev’essere giusto»
«Per il cazzo si è sempre pronte, un maschietto devi scoparlo, non sposarlo!»
«Ma sei proprio trucida, non dire mai queste cose davanti a Jessica!»
«Già conosce il mondo, tranquilla, sicuramente più di te»
Rido nervosamente.
«Tu allora? Se non sbaglio mi sembra che sei sola!»
«Se trovo uno scopabile bene, quando mi stanco un calcio in culo e fuori dalle ovaie!»
«Signora contessa, mi è tutto chiaro, dove mi porti a cena?»
«Dove lavorerete, un hotel a due isolati da casa, conosco bene il proprietario, vi assume un mese in prova»
«Capisco, troppo facile, lo conosci in senso biblico, giusto?»
«Mi piace, ci divertiamo, che male facciamo?»
«Non ti sto giudicando!»
«Basta, adesso voglio farti divertire, abbiamo camminato troppo, prendiamo un aerotaxi»
Prima che possa rispondere, lei lancia un segnale col videocellulare, in pochi secondi un aereo atterra in verticale e ci carica a bordo
«Lei può stare avanti? È la prima volta»
Il pilota appena vede la mia minigonna acconsente immediatamente, mi studia mentre salgo, poi chiede dove andiamo, ricevuta la risposta, sale verso il cielo.