Quanto ho amato il mio sceccu! E quanti giorni abbiamo trascorso assieme. Albe, mattinate, intere giornate, per ritornare sfiniti dal lavoro ma sempre più complici nella vita. Era tutto per me, il mio mezzo di trasporto, la mia compagnia, il mio confidente. Lui sapeva tutto di me ed io tutto di lui. Trainava i miei arnesi di lavoro e si caricava ogni genere di pesi. E li trasportava senza bizze o ritrosie come se espletasse questa funzione in modo consapevole e con dedizione al dovere. Il mio mulo.
Quante soddisfazioni abbiamo avuto assieme! Come quella volta quando raggiungemmo il mercato carichi di ortaggi che riuscimmo a vendere in poco tempo. Oppure quando riuscimmo a salvare un uomo che era stato derubato dai malandrini. Caricai il ferito in groppa al mio mulo e riuscimmo a raggiungere il medico condotto, che curò il ferito.
Ma il mio mulo ora non c'è più. Era tanto "sapuritu". "Ma a mmia mi l'ammazzaru, povero sceccu miu." Mi rimase solo il ricordo del suo ragliare. Pareva che piangesse. E "quannu chiancia facia ia, ia,ia".
Piansi tutta la notte ed il giorno seguente, poi quando vennero per portarselo via rimasi senza forze perché il mio sceccu non c'era più. Sono sicuro (me lo ha detto il parrino') che corre ora nei pascoli del cielo. E io canto la sua mancanza, povero "sceccu miu".
Ricordo una volta che il mio scecco fu colto dalla febbre. C'era maltempo, l'acqua scendeva "pisuli, pisuli", i lampi parevano saette scagliate da Dio per punire i peccati degli uomini e gli uomini peccatori.
Io avevo il pensiero che l'animale potesse peggiorare e allora con mio padre e il nonno decidemmo che lo scecco doveva entrare a casa. E così fu. Tanto c'erano le galline sotto il letto a fargli compagnia. Solo dopo che l'animale fu dentro casa mi addormentai e l'indomani mattina lo scecco era sfebbrato e mangiò dopo due giorni. Intanto il tempo s'era rimesso perché aveva scaricato la sua acqua tutta la notte. Partimmo per la campagna non troppo presto e lo scecco sembrava più forte di prima.
Arrivati al terreno che stavo sistemando per la semina, lo scecco fu tanto contento che ragliò sonoramente, ia, ia, ia. E io zappai con più contentezza sapendo che lo scecco era ancora con me.
Che dramma ora! E vorrei sapere il perché.
Avia nu sciccareddu beddu e malandrinu
ora mi l'ammazzaru poviru sceccu miu.
Chi bedda vuci avia paria nu gran tinuri,
sciccareddu di lu me cori
comu a tia nun ci nnè,
sciccareddu di lu me cori
comu a tia nun ci nnè.