Quella mattina Enrica si svegliò con un certo malumore, non aveva voglia di andare a scuola, ma il suo amore, Giacomo, l’aspettava, come ogni giorno, e ogni giorno quel tragitto era una corsa nel vento tra rumori e amori metropolitani.
La notte seguente Enrica non riusciva a prendere sonno, si sentiva inquieta, turbata. E poi d'improvviso nel buio della stanza si sentì fioca una voce che così sembrava dire:
“Mammina, sono qui, mi senti? Stammi vicino, non mi lasciare”
Enrica rimase sconvolta e quella notte sembrò interminabile.
La notte successiva la voce si fece risentire, ancora più viva, ancora più suadente.
Quella voce diventò reale sul lettino della Dottoressa Palmieri, che le annunciò, dopo la visita, che aspettava un bambino.
Successe il finimondo: i genitori di Enrica inveirono contro di lei perché era troppo giovane, perché non era stata attenta, perché era un' incosciente, perché ... quanti perché. Semplicemente perché Enrica si era lasciata andare all’amore in una sera d’agosto, il più bel giorno della sua vita.
Ora tutti stavano prendendo decisioni per lei, se far crescere quel fiore o reciderlo e buttarlo per sempre via.
Ma lei voleva solo vivere l’amore e i giorni che seguirono furono un tormento.
Accadde di nuovo, quella vocina ritornò e donò ad Enrica un mondo di pace.
“Mammina, mammina mia com’è bello stare con te, non volevo stare solo, è per questo che sono venuto a trovarti, vorrei tanto abbracciarti, mi racconteresti una storia? Sai non riesco a prendere sonno.”
Enrica non credeva che potesse accadere, si fece forza e presa dal suo sentimento d’amore, accarezzando il suo grembo, incominciò il suo racconto.
“C’era un bambino a cui piaceva pedalare. Ogni giorno alla stessa ora prendeva la sua bicicletta e rincorreva la sua chimera tra stradine di campagna e viuzze di paese e con i suoi pantaloncini corti correva a più non posso. Quando incontrava un campo di fiori lasciava la bicicletta e si sdraiava al sole, diceva che i fiori lo rendevano allegro. Ne coglieva alcuni, ne faceva un bel mazzetto e lo metteva nel suo cestino. Ma soprattutto c’era un posto a cui non rinunciava mai, il passaggio a livello del suo paese: lì si fermava, aspettava il treno e quando sfilava pieno di gente, la sua mano accennava un saluto fin quando dal treno un’altra mano gli rispondeva. Il treno passava via e lui felice tornava a casa, contento di aver regalato un sorriso, quel sorriso di fiori che porgeva alla sua mamma.”
La notte seguente quel piccolo bocciolo, quell’essere amorevole si fece risentire e invocando la sua mamma gli chiese il racconto di un’altra storia.
Enrica non sapeva raccontare storie, ma si fece coraggio e incominciò così il nuovo racconto
“Un giorno d’inverno un uomo sincero di buon mattino si avviò verso la montagna, sapeva che il freddo gli avrebbe dato il tormento ma lui era determinato, e attraversò vallate, rocce scoscese, incauti precipizi. Tutto sembrava insormontabile ma raggiunta la cimadella montagna, tra ruderi di pietra, trovò la sua piccola gemma la strinse tra le mani e felice incominciò il viaggio di ritorno. Intorno gli alberi gli facevano compagnia e i fiori dei campi gli regalavano sorrisi. Camminò a lungo, camminò gioioso e quando giunse sull’uscio di casa senza timore donò quella piccola gemma alla sua amata, regalò il suo cuore in un giorno di festa mentre nel cielo le stelle facevano capolino e la luna scopriva il suo raggio più bello” Quell’uomo sincero aveva donato se stesso alla vita.”
Giacomo, non lasciava mai sola il suo amore ragazzina e sapeva che la nuova gioia che sarebbe arrivata si sarebbe presa la sua libertà, ma stare con Enrica era quello che voleva più di ogni altra cosa.
I giorni passavano, le notti passavano, il grembo cresceva e insieme quel bambino voglioso di storie. Enrica era instancabile ogni notte viveva il suo sogno fin quando un bel giorno il sole bussò alla porta della vita e la vita si fece trovare con le mani colme d’amore.
Enrica era sfinita dopo tanto soffrire, ma quando le diedero il suo bambino lo strinse forte al petto e con le lacrime agli occhi disse:
“Ciao mio piccolo amore, mio unico fiore, voglio raccontarti una storia, la storia più bella ... Voglio raccontarti la gioia della vita”