Non so se hai capito cosa mi stai facendo, se hai una vaga idea di quello che mi stai facendo...
Il primo amore, quindici anni, la conferma di quello che già sapevo, che avrei amato solo le donne, la scoperta, ma non il desiderio di cui sentivo tanto parlare, che potevo vedere negli altri. No, io non lo sentivo, ero solo innamorata a metà.
Poi arrivò lei, prese il mio cervello e lo nutrì della sua esperienza, della malizia, del gioco della seduzione ma il desiderio era il suo, non il mio.
Tra rapporti occasionali cercavo di sentirlo, imparavo cosa fare, sentivo quello dell'altra, mi sembrava che, credevo di... ma il gioco, lo scontro di due menti, le schermaglie, le parole, erano più desiderabili, erano affascinanti.
Poi arrivò l'altra, lei, la mia stabilità emotiva, il bene profondo, il legame, la relazione affettiva adulta ma trattenuta, sempre con la paura di perderla, senza abbandono.
Tra loro due, lui.
Eravamo stati compagni di scuola alle superiori, giochi tra adolescenti in gita; baci, lingua, mani ogni tanto, qualche volta, se io avevo un po' bevuto e un po' anche lui.
E poi la scuola finì.
Ci rivedemmo a una cena, una rimpatriata. Ci sedemmo accanto, bevemmo un po' più degli altri forse, le nostre ginocchia si toccarono e non si staccarono più.
Lo sentivo.
Dopo cena, tutti a bere in un altro posto, noi sempre seduti accanto con le gambe che si toccavano, senza guardarci mai. Lo sentivo ed ero eccitata come mai lo ero stata. Allungai una mano sulla sua coscia, era teso, spingeva contro la mia, la mia mano salì e sentii quanto fosse eccitato anche lui.
Iniziammo a vederci, mi passava a prendere a casa, gli feci conoscere i miei amici della birreria, divennero anche i suoi. Feste, birra, amici, per un po' non accadde nulla, stavamo solo vicini, lui non aveva molte parole con sé, gli bastava il contatto.
In mezzo alle persone, nella fila per un concerto, a una festa di capodanno sulla pista da ballo, mi si avvicinava da dietro, si appoggiava, voleva che lo sentissi e io mettevo la mia mano tra lui e me e lo soddisfavo o lui mi passava una mano sul ventre e poi scendeva... e quei baci infiniti, gli prendevo la lingua e gliela succhiavo, bastava così poco con lui...
E poi, quella volta che lo facemmo in tre...
Tra i miei amici c'era una coppia, il ragazzo era mio amico intimo; era bisessuale, nessuno se n'era accorto tranne me.
Uscimmo in quattro, andammo a bere e poi lui, il mio lui, prese la strada per il lago mentre la ragazza del mio amico preparava una canna; fumammo un po' mentre lui guidava senza sapere bene dove volessimo andare tutti quanti...
Il mio amico e la sua ragazza erano seduti dietro, lui dietro di me, credo stessimo cantando o solo ascoltando musica, forse cantavo solo io, quando lui si appoggiò al mio schienale e con una mano iniziò a toccarmi un seno. Mi piaceva, lo lasciai fare poi guardai il mio... ragazzo che si voltò verso di me e vide. Gli sorrisi, aprii la camicetta e guidai le mani del mio amico, mentre sorridevo, mentre dicevo con gli occhi a lui che mi piaceva, mi piaceva tutto: che l'altro mi stesse toccando e che lui vedesse, guardasse.
Poi sentii la bocca del mio amico dietro l'orecchio sinistro, la sua lingua che entrava, allora allungai la mano e iniziai ad accarezzare la coscia del mio ragazzo e salii su... gli accarezzai il sesso che era già duro sotto ai pantaloni. Mi sporsi e lo baciai, presi la mano del mio amico e la guidai verso il sesso del mio ragazzo. Lui accostò e spense il motore, col fiato corto. Iniziai a baciarlo, poi mi voltai e baciai il mio amico, abbassai la zip e presi in mano il sesso del mio ragazzo, lo feci prendere al mio amico, smisi di baciarli e guardai giù, mi sembrava di avere la febbre, sorridevo ed ero anche molto, molto seria, ricordo tutto così bene... avvicinai le loro teste alla mia e le nostre bocche si unirono, le nostre tre lingue si cercavano e danzavano insieme mentre due mani lavoravano sotto... e lui venne.
Venne piano, con un tremito e un sospiro senza smettere di baciarci e ci baciammo ancora per qualche istante.
Poi ci venne da ridere, a bocche unite iniziammo a ridere, lui prese i fazzolettini dalla tasca della portiera e ci pulimmo via il suo seme dalle mani, lui dai pantaloni, il suo membro ormai stanco e abbandonato sulla coscia.
E poi, insieme, ci voltammo verso la ragazza del mio amico! Dormiva... a bocca aperta, testa all'indietro sul sedile. Forse aveva fumato o bevuto più di noi, deve aver dormito per tutto il tempo.
Li accompagnammo a casa di lei e poi, nel tragitto fino a casa mia, gli dissi di accostare di nuovo... gli feci cambiare sedile e gli salii addosso, presi quello che volevo; solo lui poteva sapere, poteva guardare... beh, almeno fino ad allora.
Un anno, un anno insieme. Quando non uscivo con lui andavo a cercare una ragazza, nei locali, in giro, dove sapevo. Lui non chiedeva mai.
Un giorno mi disse il nome che aveva scelto per il nostro primo figlio... e gli cavai quelle poche sue parole: "tu sai come sono", "sì, non fa niente".
"Sai che una donna, altre donne, ci saranno sempre", "non fa niente, va bene lo stesso." No, non sarebbe mai andato bene. Figli, lui, le donne, legami, vincoli, le donne, le convenzioni, un matrimonio, la casa, le donne... Lo lasciai dopo quello scambio, poche parole che servirono a farmi capire cosa era accaduto mentre io ero occupata a cercare il cibo giusto per la mia fame.
Ci rivedemmo dopo due o tre anni, per caso entrambi nella vecchia birreria, entrambi accompagnati.
"Stai bene?", "sì".
"Sei innamorato?" Mi guardò a lungo negli occhi, stava dicendo no. Ma disse sì.
E non volli sapere altro.
Fu grazie a lui che mi svegliai; grazie a quei giochi, a quegli esperimenti, a quelle in fondo piccole trasgressioni, a quella sua dichiarazione non detta che capii cosa avrei voluto ma soprattutto cosa non avrei voluto e quale sesso, la traccia, avrei comunque cercato, per molti, moltissimi anni. Poco maturo, poco impegnato, egoista, un po' morboso, anche un po' cattivo. Mai più avrei voluto un uomo, mai più avrei giocato a oggi mi scopo chi o mi scopo cosa. Era tutto chiaro, lui era salvo e io ero sveglia. E libera.
...
Non so se tu sappia cosa mi fai, nessuno mi ha mai più preso il cervello da trent'anni, nessuno ha mai davvero avuto il mio desiderio solo per sé e poi arrivi tu e mi dici che non so nulla, leggi ciò che nascondo dietro alle parole, accidenti a te, usi parole che non voglio usare, non so se dicano la verità; le dici tu e sembrano tutte vere.
Guarda cosa mi fai, sono nuda, sono esposta e tu puoi fare quel che vuoi, nessuno ha mai potuto, nessuno si è mai davvero fatto desiderare da me, provo un desiderio per te che non ha precedenti, penso: "non è normale, non sono io" ma sono io...
Sono senza difese, potresti schiacciarmi con una sola parola...
Guardo la data sul computer, 14 luglio, Sì, 1789, la presa della Bastiglia.
E tu: "va aggiornata al 2018".
Mi arrendo.