L’uomo tenuto sotto tiro obbedì. Nel frattempo Thomas si avvicinò all’impianto stereo e lo accese.
«Se mi uccidi non rivedrai mai più tua figlia, Susan la venderà a quelli della "tratta delle bianche" e tu la perderai per sempre», disse il sequestratore preso da un attimo di coraggio con l’intenzione di impaurire l’uomo che aveva la sua pistola. Un chiaro bluff che non trovò terreno fertile, le mani di Tudesky tremavano come del resto tutto il corpo. Thomas sollevò il volume dello stereo in modo tale che alla Señora Alvarez desse l’impressione che ci fosse una festa. Poi, si mise davanti a lui, gli diedi uno scappellotto, l’arma davanti agli occhi e con estrema calma chiese ancora una volta sussurrandogli all’orecchio:
«Dove è mia figlia?»
«Non lo so, me lo sono scordato», rispose sornione il rapitore.
La mano di Thomas si mosse una tale rapidità che lo lasciò per pochi secondi stupito di se stesso. Puntò l’arma contro il ginocchio destro di Frank... e sparò, lui prese ad urlare dal dolore e Thomas insieme a lui, il sangue cominciò a scorrere lungo la gamba inzuppandogli i pantaloni fino a spargersi lentamente denso e scuro sul pavimento.
«Vediamo se ora ti è tornata la memoria? Per l’ultima volta: dove è mia figlia? Puoi anche non rispondere se vuoi, ma sappi che le tue pene diverranno insostenibili e il tuo corpo comincerà a cedere. Stai perdendo molto sangue, sai!? Hai idea di quanto possa essere pericoloso un padre a cui hanno portato via il suo bene più prezioso? Beh! Ti do un aiutino, non risponde delle sue facoltà mentali e può essere molto pericoloso», disse con estrema calma, anche se questo non lo rassicurò molto.
«Oddio che dolore! Tu sei completamente pazzo, uccidimi e non rivedrai mai più la piccola Jenny», proseguì Tudesky nella sua parte di sequestratore, così per fargli capire che non scherzava, Thomas puntò la pistola sul ginocchio sano.
«Frank, stai mettendo a dura prova la mia pazienza, ti avverto: Non mi provocare...».
Tudesky iniziò a sudare freddo, guardò inorridito la sua gamba e poi la pistola, infine guardò Thomas negli occhi con aria supplicante ma lui restò impassibile. Il sequestratore si ritrovò in gabbia, comprese che non aveva più via di scampo, il volto duro di Thomas non lasciava trasparire alcuna pietà. Tirò su il grilletto della pistola, spinse la canna sul ginocchio, poi, il grande uomo, svenne. La paura gli giocò un brutto tiro e il deficiente prima di perdere i sensi, se la fece addosso rovinando il divano preferito di Thomas, quello dove si sedeva ogni sabato pomeriggio a guardare le partite di baseball.
«L’ho sempre saputo che eri un pezzo di merda ma non fino a questo punto. Argh! Ma guarda tu che schifo!», storse il naso, il povero Frank non si era solo pisciato addosso, la puzza era insostenibile, infine lo trascinò in cucina e lo mise su una sedia, poi prese una corda dallo sgabuzzino e lo legò per bene.
Santiago Montrés