Era arrivato in prima media con grande fatica. Non sapeva leggere. I genitori non avevano seguito i consigli delle maestre, che avevano indicato la possibilità di una visita in neuropsichiatria. Perché? Vuole dire che mio figlio è pazzo?
Non ci sono state parole più pesanti per quella madre, analfabeta, che pensava che la dislessia fosse una pazzia. E si era chiusa in una torre alta anni luce dalla realtà. Intanto Giovanni era stato individuato come Bes ed aveva avuto una facilitazione in più per il suo apprendimento perché i docenti avevano studiato delle strategie più efficaci al fine di curare il suo apprendimento, utilizzando le immagini e l'ascolto.
Benedetta lavagna interattiva! Con le lezioni visive e l'utilizzo dello stampato maiuscolo Giovanni fece dei passi da gigante. Il problema non era più a scuola, a casa non era seguito da nessuno. La famiglia modesta, a volte con qualche difficoltà lavorativa, non navigava di certo nell'oro. Quando l'insegnante chiese ai propri alunni quando avevano letto un giornale o un fumetto, Giovanni alzò la mano e rispose il primo di tutti: "Quando a papà regalarono un uccellino e servì la carta del giornale per metterla nella gabbietta e non farla sporcare. Io avevo tre anni!".
La difficoltà di Giovanni era più grave alle elementari perché non riusciva a capire niente dalla sua stessa lettura. Le lettere sembravano muoversi e spostarsi scappando dalle parole e creando una confusione pazzesca. Quando però qualcuno gli leggeva le parole corrette, allora lui capiva e riusciva a spiegare oralmente meglio di tutti gli altri la storia, che lo appassionata, e la geografia, che gli permetteva di volare con la fantasia.
Stimava il suo professore di italiano perché gli aveva fatto amare la poesia. E sapeva tutto di tutti i poeti. Pascoli era il suo preferito! Sapeva capire più degli altri i simboli della poesia simbolista e da allora aveva cominciato a dettare dei versi che sembravano chicche di una collana preziosa. Aveva una musicalità innata. Altro che metrica contata sulle dita. Riusciva a comporre senza alcuno sforzo in perfetta rima, endecasillabo, ottava, terzina. Ma i genitori non ammettevano che suo figlio non potesse leggere con consapevolezza.
"Mio figlio non deve diventare uno scienziato! Dopo la scuola dell'obbligo non proseguirà più e andrà a lavorare!" faceva la mamma alle riunioni.
Giovanni con il suo Pdp camminò nei tre anni di scuola secondaria inferiore e compensò da solo la sua difficoltà. Lo diceva al suo insegnante d'italiano, che lo aveva preso a cuore e gli faceva dei corsi di recupero personalizzati, dato che a casa nessuno poteva seguirlo. E appena raggiunse i sedici anni lasciò la scuola perché i suoi genitori avevano deciso che lui dovesse andare a lavorare.
Poi la sua mamma si ammalò e morì. Giovanni ricominciò a non sapere leggere più. Rileggeva come ai tempi delle elementari. "Ma tanto a fare il muratore devi solo impastare la calce e la rena e saperla stendere sui muri!" diceva suo padre. Giovanni era bravo a fare ciò.
Passarono due anni e Giovanni andò un giorno a trovare il suo ex professore d'italiano.
"Professò mi mancano le sue lezioni. Mi manca la poesia. A fare il muratore non c'è poesia ma tutto è narrativa ed esecuzione dei compiti! Voglio ritornare a scuola!".
E così fu. Si iscrisse ai corsi serali e grazie al suo professore, che intanto era stato alla scuola superiore, conseguì il diploma di liceo classico con un percorso interdisciplinare che aveva come protagonista la poesia latina, greca ed europea. Volle proseguire e, grazie anche al suo Pdp debitamente compilato dai docenti, si scrisse alla facoltà di lettere.
E in quattro anni, a ventinove anni, si laureò dottore in lettere classiche, grazie anche ad un tutor che aveva la stessa sensibilità del suo vecchio professore d'italiano e che l'università gli aveva assegnato per seguirlo nel suo percorso di studi. Dopo la laurea a pieni voti decise di rimanere fra i suoi libri, che un giorno erano stati suoi nemici, ma che ora erano i suoi compagni, come ricercatore all'università.
E l'antico muratore, che sembrava avere un destino segnato, pubblicò testi di poesia e di letteratura. Diventò uno scrittore utilizzando i mezzi tecnologici di video scrittura e di auto correzione ortografica. La sua dislessia con il tempo e la forza di volontà era migliorata ed era riuscito a compensare quasi tutte le sue difficoltà. Quando il suo vecchio professore morì, egli pianse tutto il giorno e al funerale volle che fosse inserito nella sua bara un testo di poesia che lui aveva pubblicato e che riportava nel frontespizio una sua dedica.
"Grazie professore di avere creduto in me!".
Lo avrebbe letto durante la sua eterna permanenza nell'Amore, che aveva fatto conoscere in terra ai suoi alunni e a lui, in particolare.