Sam si allontanava di corsa, scostandosi dalla folla che quel giorno pareva essere più frenetica del solito, voltandosi a scatti per controllare che lui non ci fosse, voleva accertarsi che lui non fosse lì a seguirla coi suoi capelli scompigliati e quel neo al labbro inferiore che le piaceva così tanto.
Scappava da qualcosa che desiderava, ma è così che aveva deciso...
Determinate cose le guardi a fondo, e cerchi di trovarci una risposta e scopri che invece non hanno perché, sono così e basta.
Quel pomeriggio tutti i perché di Sam esplosero, e lei, con loro, si ritrovò a fuggire. Scese di corsa le scale mobili, facendo attenzione a quella gente che si impala e che fissa il vuoto come fosse l’unica cosa da fissare, e chiedeva a se stessa perché le persone non scelgono di vivere di corsa, perché non scelgono di correre dai loro vuoti e dire: "Eccomi, ora sono qui, ora possiamo ".
Mentre qualcuno dall’altoparlante annunciava del ritardo di uno dei tanti treni della stazione, Sam girovagava trascinandosi appresso una piccola valigia di pelle marrone, oltre a tutti i pensieri che le correvano nei vari condotti del cervello e che si scontravano tra loro. Controllava i numeri dei binari dei treni ma senza motivo.
Non aveva nessuna meta da raggiungere, voleva solo destinarsi da qualche parte, lontano dal suo cuore. Per qualche ignota ragione, Sam, non riusciva a focalizzare bene i numeri, come se all’improvviso una strana nebbia fosse apparsa e le offuscasse la vista...
E poi i ricordi, quella volta che c’era la nebbia e nessun bisogno di parlare, solo di allungare la mano e trovarsi, trovare il suo braccio lì, fermo, che non aspettava altro...
Tutta l’ansia del mondo le entrò dentro, un vuoto enorme allo stomaco e lacrime.
Pensò a quanto è impossibile non ripensare a quello che si è amato.
Decise che quello non era il momento giusto per ricordare e pensò a quanto fossero decisivi quegli istanti, da quel momento in poi non avrebbe potuto più tornare indietro.
Scelse senza scegliere di percorrere a caso una delle tante uscite e di fermarsi a un binario qualunque. Mentre trasportava il suo fisico minuto in avanti, si preoccupava che lui non l’avesse scoperta e con la paura di ritrovarselo davanti all’improvviso, sbucando da uno di quei tanti angoli della stazione.
Il tabellone annunciava che il treno sarebbe arrivato tra cinque minuti e Sam pensò che quelli sarebbero stati forse i cinque minuti più lungi della sua vita.
E poi il panico, la paura di rivedere quel volto in ogni uomo che sarebbe passato di lì.
E poi il silenzio.
Quella folla, che tanto le stava mettendo paura, scomparve.
o sferragliare del treno che era lì per arrivare faceva da sottofondo al flebile pianto di un neonato che fu subito interrotto, come se qualcuno avesse premuto qualcosa per farlo smettere.
E poi un rumore di passi; il treno era arrivato ed era nell’atto di fermarsi per poi aprire le porte e il rumore dei passi aumentava man mano: ora quei piedi stavano correndo, come quando si decide di agire all’istante pensando che se anche lo si avesse fatto poco dopo sarebbe stato comunque tardi.
Sam entrò nel treno e si diresse verso la fine di esso e si sedette su un piccolo sedile nell’angolo a sinistra, a confine con una delle porte che dividono i vagoni. Alla destra di Sam c’era un piccolo vetro, per l’aria, reso nero dalla polvere, da tutte le persone che erano passate di lì e dallo scorrere del tempo.
Così il treno chiuse le porte per l’ultima volta, e Sam si ritrovò a guardare attraverso quel finestrino malridotto: le sembrò di vedere lo stesso giaccone grigio lungo con quei tagli rossi alle maniche che conosceva fin troppo bene. Pensò di sbagliarsi, ma non fu così.
Lui era lì, aveva capito tutto, e si fiondò in quel posto di merda.
Il treno iniziò a spostarsi in avanti, lentamente, mentre Sam guardava lui... non poteva farne a meno, lo guardava con nostalgia, con desiderio e i suoi occhi iniziarono a lacrimare. In un attimo pensò di aver sbagliato tutto, che non avrebbe dovuto. Lui si guardava attorno, ma non la vide e decise di lanciare un occhiata all’interno del treno... ma perché lei avrebbe dovuto essere in quel treno?
Quell’ammasso di ferro lungo, nero e con sverniciate di blu, partì. Sam incrociò i suoi occhi per l’ultima volta; i loro sguardi si fermarono lì, nella distanza tra i loro occhi si formarono inequivocabilmente tutte le parole, tutti gli attimi, tutti i colori e tutto l’amore che avrebbe ancora continuato a esistere... quell’istante non sarebbe mai più passato.