Rannicchiata sul letto, Gaia sfiorò con il dito la foto che aveva appena scattato e sorrise. La allargò per guardarla meglio e sorrise ancora, pensando ai commenti che avrebbero fatto le ragazze del gruppo, le sue amiche.
Sentì i passi di sua sorella nel corridoio, poi la porta si aprì, come per una folata di vento, e Greta entrò nella stanza proprio nel momento in cui Gaia premette il pulsante di invio.
"Cosa ci fai qui? Non hai mangiato nemmeno il dolce?"
Gaia scosse la testa, lasciando che un ciuffo di capelli le cadesse davanti al viso. Voleva tanto bene a Greta, il bene forte e incondizionato che si vuole ad una sorella maggiore di due anni, eppure ormai da tempo cercava di evitarla, di evitare le sue domande, il suo sguardo che la scrutava come se le volesse leggere dentro, capire qualcosa. Ripensò a quelle notti, dopo la separazione dei loro genitori, in cui percorreva di corsa, a piedi nudi, il breve spazio tra i loro letti, e si infilava sotto le coperte, stringendosi al corpo di sua sorella e aspettando che lei la abbracciasse. Allora si sentiva protetta e tranquilla e riusciva a dormire. Non erano passati tanti anni.
Dal suo telefono partì un breve suono e poi subito dopo un altro: le ragazze avevano visto la foto e stavano iniziando ad arrivare i messaggi con i loro commenti. Gaia sorrise felice, curiosa di leggere, poi incontrò lo sguardo di Greta.
"Non leggi?" chiese sua sorella.
"No," disse Gaia scuotendo ancora la testa. Non voleva leggerli con lei lì accanto. In qualche modo Greta voleva spingerla verso Mia, lo sentiva. Ecco, forse era Mia ad essersi messa tra loro due.
Si alzò dal letto, mentre sentiva il suono di un altro messaggio in arrivo, e afferrò i manici della borsa della palestra, appoggiata sul pavimento, già pronta.
"Vai ancora in palestra? Anche oggi??" chiese Greta. Era quasi un urlo la sua domanda, era quasi come se avesse voluto fare qualcosa per impedirle di uscire.
"Sì," disse Gaia, con il ciuffo di capelli ancora davanti agli occhi, poi sollevò la borsa e corse fuori dalla stanza.
Greta restò ferma qualche minuto a guardare la porta chiusa, dietro la quale era scomparsa. Avrebbe voluto fermarla, poter fare qualcosa per evitare che tornasse in palestra a perdere calorie che non aveva, sul suo corpo scheletrico.
Ne aveva parlato con sua madre, qualche giorno prima, ma aveva reagito con fastidio, perché aveva già abbastanza problemi e non ne voleva di nuovi. Le aveva detto che erano cose normali dell'adolescenza e che sarebbero passate. E poi lei non doveva preoccuparsi, perché Gaia non era mica sua figlia.
Greta ripensò a quelle notti, quando Gaia si infilava nel suo letto e lei la abbracciava. In quelle notti aveva creduto di poterla proteggere da qualsiasi cosa, adesso invece si rendeva conto di non riuscire a proteggerla da quella bestia che aveva dentro e che la divorava, ogni giorno di più.
Gaia non si fidava più di lei, sembrava sempre che volesse nascondersi e evitarla.
Greta sospirò, avrebbe voluto mettersi a piangere, invece corse fuori, scese velocemente le scale e si ritrovò sul marciapiede.
Gaia stava salendo sull'autobus, con la borsa della palestra a tracolla, che sembrava enorme accanto al suo corpo.
Greta la chiamò e Gaia si voltò sorpresa. Adesso il ciuffo di capelli si era spostato e il suo viso era scoperto, con le ossa sporgenti, sotto la pelle sottilissima. Gli occhi sembravano ancora più grandi, gli stessi occhi di quando era bambina.
Greta pensò a quella bambina, a loro due insieme. Avrebbe fatto di tutto per strapparla alla bestia, per evitare che la divorasse. Ce l'avrebbero fatta insieme, loro due, ancora, pensò mentre l'abbracciava forte.