Quando si vuole raccontare una storia, una favola, una di quelle fiabe per bambini, s’inizia spesso con questa locuzione. Cosa nascondono queste parole, a quali mondi fantastici si riferiscono?
Molti di questi racconti non sono nati come li conosciamo noi, ma con ben altri scopi e diverse motivazioni.
Erano piuttosto truci, capaci di procurare sgomento e paure, certamente non adatte per il pubblico infantile.
I fratelli Grimm, i maggiori autori del genere, erano davvero bravi, le loro storie nella stesura originale avevano abbondanza di scene violente, di sangue, terrore e episodi di crudeltà, la semplice lettura faceva accapponare la pelle. Per fortuna il tempo, e il mutamento dei costumi hanno fatto in modo che queste storie fossero parzialmente trasformate per destinarle alla lettura dei bambini.
Cappuccetto rosso che viene mangiata intera dal lupo e con lei la nonna, per essere poi estratte dal cacciatore ancora vive squarciando la pancia dell’animale: ecco una sequenza di una crudeltà e ripugnanza terribile, che gli animalisti di oggi, e non solo loro, avrebbero condannato con manifestazioni di piazza.
Hansel e Gretel, due bambini abbandonati che rischiano di essere divorati da una strega cannibale.
Tre porcellini, con una vita semplice e serena costretti a vivere in uno stato di perenne ansia, inseguiti da un lupo famelico: uno stress indicibile.
Si ha l’impressione che queste fiabe siano state scritte per esorcizzare la paura atavica della gente che viveva quel momento storico. Erano tempi bui, i tempi del medioevo, quando le paure e le incognite del futuro pesavano in maniera determinante, quando nemmeno la religione era in grado di sopperire all’esigenze della popolazione, anzi ne aumentava le paure, profetizzando immani catastrofi celesti.
Anche le principesse, protagoniste della maggior parte di queste favole, non avevano molta fortuna, erano i bersagli preferiti dei cattivi di turno. La loro sorte era legata quasi sempre alla disponibilità dell’introvabile principe azzurro.
Ogni fiaba che si rispetti segue un percorso in cui si parla sempre di un regno con un re, più o meno buono, regine decisamente cattive e principesse come capro espiatorio.
La dolce Biancaneve in fuga per sottrarsi al suo assassino, Cenerentola costretta ai lavori pesanti dal mobbing della matrigna, Aurora messa in coma da una strega vendicativa, Belle mandata a prostituirsi dalla Bestia per pure ragioni di convenienza. Si può immaginare lo stress emotivo e violento cui erano sottoposte queste povere fanciulle in balia di persone poco raccomandabili, sole, nell’attesa di questo fantomatico principe che doveva salvarle. Avrà avuto il suo bel da fare questo principe, sempre pronto a salvare fanciulle, per un finale di storia utopistico.
Un'altra chiave di lettura delle favole potrebbe essere la necessità degli autori di rifugiarsi in storie fantastiche che celavano scomode verità, non potendo scrivere apertamente contro il regime vigente, vista l’assoluta indisponibilità dei regnanti a sopportare critiche al loro operato.
“C’era una volta in un regno lontano": questa locuzione contiene due affermazioni che inducono ad una riflessione e a porsi due domande, le cui risposte sono da ricercarsi nel luogo e nel tempo in cui queste storie erano state scritte.
Nello specifico, “una volta” serviva per ribadire l'assenza di alcun legame con il presente, la storia raccontata accadeva un tempo passato, con personaggi di fantasia. Lo stesso criterio era applicato a “un regno lontano”. Doveva essere ovvio a chi leggeva che non c’era nessun riferimento con i luoghi in cui viveva l’autore delle storie raccontate.
La metafora principale era centrata sulla principessa che, nelle intenzioni, rappresentava il popolo. Anche se governato da un re poteva vivere lo stesso una vita sufficientemente felice nella propria terra, ma c’era sempre una mano nell’ombra che tramava per renderlo ancora più schiava di quanto non fosse già.
Le varie regine cattive, le streghe, manco a dirlo, impersonavano i governanti che approfittavano del popolo per soddisfare le proprie ambizioni di potere assoluto.
Il principe azzurro era lo spirito di rivalsa, la voce della coscienza del popolo, che veniva invocato a gran voce per liberare la principessa-popolo, dalla sottomissione al potente e cacciare i cattivi sovrani. Il principe non poteva che essere azzurro, come il cielo, sinonimo di spazio e di libertà.
“... e vissero a lungo felici e contenti” non è altro che la forma scritta della speranza, l’augurio, l’utopia che ogni popolo coltiva nel proprio immaginario.
Oggi non ci sono più scrittori di favole contro il potere dove la democrazia permette di dire e scrivere quello che si vuole, senza metafore o intendimenti celati.
“Je suis libre!" Io sono un uomo libero, è un’affermazione che non ha nazionalità.
Ogni persona, in ogni tempo e in ogni luogo dovrebbe poter esprimere il proprio pensiero.
Purtroppo non è proprio così, sono ancora molto pochi gli uomini che possono dire davvero di essere liberi.
I lupi sono sempre in agguato e anche la loro crudeltà, come la parola, è libera di potersi esprimere con violenza inaudita.
La realtà dei tempi attuali, costringe molti popoli a vivere alla stregua dei tre porcellini. La loro vita può anche essere in apparenza agiata e spensierata, ma con una paura nell’animo che pian piano corrode l' esistenza e distrugge tutti i punti di riferimento con i quali sono cresciute intere generazioni.
Non sono tempi che possano essere ricordati in futuro con favole e racconti che iniziano con “ C’era una volta.“