Marta si svegliò, ma forse “svegliarsi” non era il termine giusto, dopo una notte insonne e agitata in preda ai suoi demoni… esausta e tremante si alzò dal groviglio di spine che era il suo letto e, come tutte le mattine, guardò il mondo, là fuori.
Il cielo sembrava metallo fuso: oltre la finestra il mondo aveva già ripreso la sua folle corsa… o forse non l’aveva mai interrotta.
La pioggia cadeva insistente permeando di sé ogni cosa. Pioveva da giorni, il telegiornale era ormai un bollettino di guerra che giorno dopo giorno riportava le immagini di un’ Italia allo stremo: era ormai consueto sentire notizie di inondazioni, strade che si sbriciolavano come fette biscottate, gente sfollata dalla propria casa, ponti che crollavano, il tutto contornato dalle solite sterili polemiche, oggetto di telegiornali, talk show, tribune, dibattiti costellati di accuse e contro accuse sotto lo sguardo frettoloso e scolorito di gente che si indignata sui “social”, postando foto e commenti struggenti e pieni di pathos per poi passare oltre, l’importante era correre, non fermarsi, stare “al passo”.
“La verità”, pensò Marta, “è che a nessuno importa degli altri”. Lo aveva capito col passare degli anni, delusione dopo delusione, mentre il suo mondo si sbriciolava progressivamente dentro di lei, ferita dopo ferita, cicatrice dopo cicatrice, disillusione dopo disillusione, mentre la gente intorno continuava a correre senza mai fermarsi e quando lei si fermava, semplicemente, la calpestavano.
C’era stato un tempo in cui Marta sognava: tempo di entusiasmo, di progetti, di grandi lotte per tutto quello che Marta reputava importante. E aveva costruito, Marta, lo aveva fatto davvero.
Ci aveva creduto, e credendoci aveva percorso quei sentieri insieme ad altre persone che le sembrava fossero come lei.
Poi però la vita le aveva presentato il conto… dapprima qualcosa aveva iniziato a scricchiolare, ma lei era troppo impegnata, troppo sicura, troppo distratta.
Solo un’incrinatura sulla superficie. Poi giorno dopo giorno, il progressivo crollare delle sue illusioni aveva iniziato a portar via con sé anche le persone… e la solitudine le si era insinuata dentro, cominciando a costruire muri.
E così alla fine Marta aveva preso le delusioni, le sue cicatrici e tutte le sue fragilità e le aveva usate per costruirsi uno scudo. E alla fine un giorno si era guardata intorno ed era come se vedesse il mondo esterno da una finestra chiusa… tutti erano ancora lì intorno a lei, ma lei era ormai distante.
E ora che aveva il suo scudo nessuno l’avrebbe più potuta ferire.
Avrebbe attaccato per prima.
E avrebbe colpito duro… sempre.
E così Marta aveva cominciato la sua solitaria lotta contro il mondo, indossando una corazza argentea e luccicante, e impugnava una spada e ogni volta che qualcuno provava ad avvicinarsi lei lo allontanava cercando in tutti i modi di ferirlo.
Ma si sa, il sangue chiama sangue, e non paga di questo (e poiché le riusciva assai bene) Marta aveva iniziato a distribuire fendenti anche a chi per caso incrociava la sua strada, con l’unica colpevolezza di avere incrociato per caso il suo cammino.
E più faceva questo, più la sua corazza si inspessiva, il solco che la separava dagli altri si approfondita e il suo demone personale, chiamato solitudine, si nutriva e cresceva rigoglioso e forte, pretendo tributi sempre più grandi.
Marta era, insomma, la “cattiva”. Quella che nessuno cerca mai… quella che alla mensa aziendale sedeva sempre al tavolo da sola e mai a nessuno sarebbe venuto in mente di sedersi accanto a lei.
Lei era quella che bersagliava i colleghi, soprattutto quelli che vedeva più fragili, provando continuamente a ferirli con battute sferzanti o commenti pungenti.
Lei era quella che spiava ogni movimento del collega a fianco per coglierne ogni indecisione, ogni più piccolo errore e sottolinearlo, ingigantirlo, renderlo visibile a tutti.
Lei era quella che, lo sapeva, i colleghi criticavano e sbeffeggiavano nel loro cicaleccio odioso e non le importava niente, dicessero pure tutto quello che volevano, tanto lei era più forte, e prima o poi le sarebbe capitata l’occasione per colpirli tutti.