Avevo voglia di correre. Di andarmene.
Eppure restavo lì, inchiodata a fissarla.
Colonne tortili, guglie, archetti pensili. E quel rosone.
Un occhio oscuro che mi fissa.
Tufo chiaro, come quello di San Nicola di Bari.
Eppure i contorni, i dettagli sono di ardesia e incorniciano i confini di questo incubo a cielo aperto.
Devo entrare anche se non voglio.
L'incubo deve colpire in faccia per essere sconfitto.
Apro il portone di ebano, liscio e freddo, come la morte che ho incontrato un giorno di aprile.
Mi aveva detto di aspettare il Natale.
Mi aveva detto di camminare verso di lei.
Quando il freddo ti accarezza gli occhi facendoli lacrimare.
Entra e cerca.
Tu sai cosa.
Non posso dirtelo io.
Ma se vuoi sciogliere il mistero: cercami!
Sono notti che non dormo.
Sono giorni che le mie occhiaie sono del colore dell'ardesia.
Questa chiesa l'ho sognata per mesi.
E ogni volta tu sei in un posto diverso.
Ogni volta non mi rispondi come vorrei.
Dentro il terrore ti avvolge come una cappa.
Cammino sulle lapidi dei miei predecessori.
Cacciatori di vita.
Grigio, statue argentee, candele spente.
E decido di accenderne una.
E ti vedo.
Ti sfioro lievemente.
Prenderti e leggerti è un'emozione unica.
Mi siedo su una panca.
Mi chiedi di continuare. Di esserci. Dici che ti troverò e sarà il momento in cui tutto avrà un senso.
La verità è che i miei incubi mi hanno colpito più volte in viso.
Ora è il momento di agire.
Mi tolgo il bracciale di perle, quello che mi hai regalato. Perle grige.
Ogni perla va in un punto cardinale.
Ci sono i fori in ogni colonna.
E dopo prego.
Tutto si imbianca di neve.
Tutto ridiventa candido.
Devo essere sincera, non lo so dove mi porteranno le mie forze.
Ma so che a Natale posso fermarmi a piangere.
Sono lontana. Da te e dalle mie certezze.
Ma la chiesa è tornata candida.
Almeno qualcosa di buono l'ho fatta.
Le luci di Natale mi toccano appena.
Eppure sono bellissime.