Il guardiano controllò che tutte le porte e gli infissi del museo fossero chiusi per la nottata. Quel palazzo, che un tempo era stato adibito ad altre mansioni, ora era stato trasformato per accogliere una tradizione siciliana, che era conosciuta e frequentata da tutti ma che, in seguito alle nuove tecnologie e all'avvento dei tempi futuri, era diventata solo oggetto di conservazione nella memoria: "l' opra dei pupi", l'opera dei pupi.
Il guardiano, un tipo corpulento, attraverso i corridoi controllò che gli allarmi nelle stanze fossero stati innescati, quasi si avesse paura che un furto di quei reperti avrebbe potuto cancellarne anche l'effimero ricordo, e si affrettò perché in televisione la sera avrebbero dato un nuovo episodio del Commissario Montalbano, libretto che Camilleri aveva pubblicato l'anno precedente e che il guardiano aveva letto avidamente, ed era curioso di vedere come sarebbe stato sceneggiato nell'episodio televisivo.
I pupi erano rimasti al buio, sistemati come reperti del museo. Uno accanto all' altro, catalogati con criterio: paladini, mori, donne saracene, donne cristiane, animali straordinari, pupi della farsa. Sembrava più un catalogo che un teatro ricostruito. Ma si sa, che il teatro se non si anima non è teatro, è solo reperto archeologico, che i turisti vedono ed ammirano e non vivono nella sua interezza. Il teatro popolare siciliano deve essere vissuto, deve essere frequentato per capirne la magia. Il museo rimane museo e i pupi, vivi sulla scena, sembrano immersi in un grande dormitorio, che noi cristiani chiamiamo cimitero.
Nonappena si spense la luce e il guardiano girò i chiavistelli di chiusura alcuni pupi si animarono. Il paladino dal nobile portamento tirò un respiro di sollievo a vedere di essere ancora vivo e tra la ferraglia cercò di animare la nobile principessa perché potesse degnarlo di uno sguardo. Da troppo tempo non recitavano la loro storia in teatro e nessuna luce più s'era accesa fra l'applauso di un pubblico in sala. Tutti i pupi erano appesi e s'erano ridotti a pezzi da museo, mummie agghindate solo a ricordare il tempo che fu.
Angelica era addormentata come una Biancaneve. Aveva perso ogni speranza. L'amore, il suo amore, non interessava più a nessuno da tanto tempo. La gente guardava la scatola televisiva e si appassionava ai telefilm, ai cartoni animati. A chi mai avrebbe potuto più interessare uno spettacolo dell' opera dei pupi? Aveva visto bene il cavaliere, proprietario del teatrino al centro storico, che aveva chiuso i battenti nel dicembre e aveva dato spazio a una salumeria, che prometteva salumi nostrani e formaggi locali. I paladini avevano ormai fatto il loro corso. Orlando a vedere tanta disperazione negli occhi della sua amata Angelica, sguainò la spada e la batté contro il muro. Povera durlindana, ormai resa inservibile dalla ruggine!
La scintilla del colpo fece scattare l'allarme. Subito arrivarono i guardiani a perlustrare i corridoi. Con le loro torcia girarono in tutti i locali. Ma videro solo due paladini caduti e li rialzarono. Erano Orlando ed Angelica che sembravano essersi abbracciati. Il guardiano più anziano li prese e li riappese sulla barra.
- Niente paura! Erano caduti due pupi siciliani. -
- Vedo - fece l'altro - è stato un falso allarme! -
- Sì, sbrighiamoci che voglio andare a vedere come va a finire l'episodio di Montalbano! -
- Giá, in effetti chi potrebbe mai pensare di rubare questi pupi che ormai non valgono più niente. -
E uscirono in fretta e furia, richiudendo a chiave il museo che riprecipitò nel buio della notte.