Sono nove mesi che faccio lo stesso sogno.
Anzi di più, quasi un anno, quando ho cominciato c'era il circo in paese. Ma all'inizio il sogno era incompleto, con i pezzi che si sono aggiunti come tessere di un mosaico.
La prima volta che mi sono svegliato ricordavo solo la notte, il freddo e un brutto presentimento. La sensazione di disagio non se ne voleva andare e per reagire approfittai della bella giornata di festa e decisi di uscire per snebbiarmi la mente. C'era il circo, appunto. Avevano organizzato una fiera, oltre al tendone principale c'erano gazebo, giostre, spettacoli di giocolieri e di magia. E l'immancabile stregone a predire il futuro.
Niente palla di vetro e pagamento anticipato: ok pagai e lui tirò fuori uno strano mazzo di carte dall'aspetto consunto. Me le passò e mi disse di mischiarle, poi di distenderle sul tavolino. Ne misi otto a raggiera e una al centro, mentre mi accorgevo che erano strane, non si trattava né di tarocchi né di altre carte da gioco, c'erano varie figure di animali mitologici, piante, luoghi e personaggi che non sempre riconoscevo. Era curioso anche il fatto che le avesse fatte distendere a me, dato che in genere tutti sono gelosi delle proprie carte.
Mi guardò storto. Cominciò a borbottare poi alzò un po' la voce:
"Fuggire dal mare... con una lepre in corsa... sulla montagna (indica uno strano fiore bianco) Paura! La Fenice ti accompagna... sventura... (con un filo di voce) Tu scappi, ma il Leviatano ti riporta alla sua tana, alla Fine."
Ammucchiò le carte. "Basta! Non dico nulla di più!"
Ero sorpreso e indispettito, mi sentii preso in giro, una pantomima inutile, poche parole spese male e soldi spesi ancor peggio! Ma d'altronde cosa mi dovevo aspettare da un veggente del circo? Un oroscopo tibetano?
Tornai a casa contrariato, dove non aveva potuto il bel tempo e l'aria fresca avrebbe avuto buon gioco un sonnifero.
La mattina dopo andai al lavoro intorpidito e stanco, come non avessi dormito abbastanza, ma riuscii ad accantonare l'argomento e mettermi a lavorare.
Nei primi due mesi, il sogno si presentò di rado, costringendomi a restare a casa per il mal di testa e lo stordimento generale che mi impediva di concentrarmi.
Anche i dettagli erano rarefatti: oltre alla notte, di concreto si aggiunse soltanto il mare.
Ma non durò molto. Nel giro di un altro mese persi cinque giorni di lavoro per quanto mi sentivo male al risveglio: mi mancava il respiro dall'orrore scatenato nella mia testa.
Svegliarsi e non riuscire ad urlare per quanto avessi la gola strozzata. Annaspare intrappolato nelle coperte, attorcigliate sul mio corpo. Avere gli occhi aperti e vedere ancora il mare in tempesta, essere lì a lottare contro le onde, allo stremo delle forze e non voler morire. Poi mi calmo. Provo a respirare, ma è come se avessi una mano sulla bocca. Giro la testa verso al sveglia e ci riesco appena. L'ora di alzarsi. Scaccio le coperte più che alzarle. Sudore gelato sul collo, la testa che mi pulsa. Muovo le gambe, mi siedo. Ho la schiena a pezzi, come avessi passato la notte combattere su un ring di wrestling invece che a dormire. Chiudo gli occhi e sento il sapore freddo del salmastro in bocca: sono ancora lì.
Un altro dettaglio: qualcosa si muove tra le onde, illuminato dai fulmini, è quella la fonte del mio panico.
Chiesi ad un amico psicologo che potesse essermi successo. Il suo approccio fu pragmatico: il mostro lo stavo creando da solo, una sorta di proiezione delle mie angosce, la presa di coscienza che la mia vita era a un punto di stasi e il mio subconscio mi stava comunicando la tensione che stavo vivendo.
Presto, secondo lui, le tenebre si sarebbero aperte per far posto alla luna, poi alla luce del giorno, parallelamente al percorso di Dante nella Divina Commedia, che in uscita dall'Inferno arriva 'a riveder le stelle' come presagio di un cammino di luce dopo le tenebre precedenti.
Col supporto di farmaci adeguati e di tanta speranza ho ricominciato a lavorare, dormendo profondamente e svegliandomi senza ricordi. Per quasi tre mesi prima di aver bisogno di medicinali più efficaci.
Poi altri e altri ancora, mentre gli incubi sembravano voler resistere alla cura e io stavo perdendo la mia lucidità, ma non volevo ricominciare a patire quello stillicidio. Alla visita annuale, il medico del lavoro capì la mia situazione e mi disse di prendere un periodo di aspettativa. Non avrei mai passato il test per l'uso di sostanze psicotrope.
Non mi arrabbiai, non reagii, non andai a protestare con nessuno: uscii dallo studio e cominciai a guidare, convinto di aver preso la strada di casa. Ad una curva l'auto scivolò fuori dalla strada mentre io assistevo inebetito alla scena, come non fossi lì dentro. Accartocciai l'auto contro un albero e i vigili del fuoco impiegarono delle ore per tirarmi fuori; avevo la testa confusa, dalla preoccupazione per le mie condizioni e dagli effetti negativi dei farmaci che stavo assumendo, solo un dettaglio è rimasto nitido di tutta la scena: immediatamente dopo l'incidente, la radio è rimasta accesa e uno speaker ha annunciato un brano sconosciuto di una band che non avevo mai sentito: "Ascoltiamo ora i Mastodon, con 'Sea beast' dall'album 'Leviathan'".
Passai due settimane in ospedale. La terza notte di ricovero, l'effetto di ogni medicinale era svanito e mi ritrovai di nuovo nel mare in burrasca: il mio urlo svegliò gli altri malati prima di me. Potevo avere dei problemi di nervi, certo, ma la coincidenza di quel brano proprio un istante dopo il mio incidente, sfiorava l'assurdo!
In ospedale non sembravano intenzionati a lasciarmi prendere le medicine di cui avevo bisogno per dormire e avevano ragione. Ebbi solo dei problemi a farmi dimettere anziché trasferire nel reparto psicologia e psicosomatica.
Una volta a casa, capii che stavo perdendo il controllo sulla mia vita.